The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Chakra I: Muladhara - la Radice

 

CHAKRA I: MULADHARA - LA RADICE


 

GLI ASPETTI DI MULADHARA

Situato alla base del coccige, Muladhara è il primo tra i sette chakra maggiori ed è responsabile di varie funzioni: la prima fra tutte è il nostro istinto di sopravvivenza, è il primo a manifestarsi insieme allo sviluppo del chakra stesso, tra il quarto mese di gravidanza fino all’anno di età, avendo come picco i quattro o cinque mesi di vita.

Da un punto di vista evolutivo, sia su scala vitale che si scala universale, Muladhara rappresenta e rafforza il concetto di autoconservazione attraverso gli istinti vitali: sopravvivere, pertanto mangiare, bere, respirare, dormire e lottare per sé stessi e per la propria vita. Connesso, quindi, con l’elemento Terra, è il chakra legato al sostegno, alle fondamenta della propria sicurezza e all’identità fisica, nonché al nutrimento.

La parola Muladhara in sanscrito significa letteralmente “Radice” e il concetto stesso di questo chakra è quello del radicamento, delle fondamenta che ci tengono legati al suolo. È pertanto il chakra legato al corpo fisico, al contatto con il nostro istinto e ai nostri bisogni primari. Possiamo definire il primo chakra come la nostra casa, il nostro rifugio e pertanto anche quella che è la nostra origine. Muladhara è pertanto lo zoccolo duro di quella che è la nostra stessa esistenza e il nostro sentire. Se non è abbastanza sviluppato corriamo il rischio di essere decentrati, di non sapere quale sia il nostro ruolo nella vita, di non avere una casa, un luogo da sentire nostro. Per casa, si intende qualcosa di più animistico di un focolare: Muladhara sono proprio le mura, il riparo, la necessità di esistere.

Quando ho lavorato con il sistema dei chakra legato al percorso della Progressive Witchcraft, il primo scoglio che ho dovuto incontrare è stato proprio quello legato alla sua posizione. Muladhara, infatti, insieme con Sahasrara – la Corona – è uno due centri non bipolari, ossia che non hanno un ingresso e un’uscita, essendo il punto di partenza delle tre nadi principali. Posizionato alla base del coccige, è direzionato con un’inclinazione di circa trenta gradi verso il lato frontale del corpo. Lavorando, però, con il percorso portato da Janet Farrar e Gavin Bone, mi sono trovato di fronte al loro posizionarlo sotto la pianta dei piedi, dove, tecnicamente, si situano due chakra minori. Questo è dovuto, principalmente, al fatto che tutte le rappresentazioni che noi possiamo trovare nei libri vedici che parlano del sistema dei chakra sono caratterizzate dalla silhouette di un uomo seduto nella posizione del loto, così che Muladhara sia perfettamente a contatto con il terreno e così che la spina dorsale, nella sua totale estensione, possa rappresentare l’ascesa evolutiva della Kundalini attraverso la corrente liberatoria e quella manifestante dei sette centri energetici.

Quando ho chiesto, ovviamente, spiegazioni di questa scelta, mi è stato semplicemente risposto da Gavin che lui stesso aveva posto la medesima domanda a chi glielo aveva insegnato: aveva chiesto se il primo chakra si trovasse in prossimità del coccige, e gli era stato risposto di sì. Al che aveva chiesto se fosse posizionato alla base dei piedi, e gli era stato risposto ancora di sì. Questo perché secondo quello che aveva imparato, ai fini di ciò che competeva il lavoro di guaritore, Muladhara si trovava in entrambi i punti.

Personalmente, mi sono sempre trovato male con questa visione e l’ho accettata praticamente in modo esclusivo al percorso che stavo svolgendo in quel momento. Ciò non toglie che, in un certo qual modo, questa possa avere un senso, dal momento che il primo chakra è legato anche ad un concetto di collegamento con il centro della Terra come fulcro estremo del nostro equilibrio. Esso è infatti il punto sommo della forza di gravità che noi esperiamo in ogni istante della nostra vita e noi, fino a prova contraria, siamo creature bipedi.

Se da una parte, quindi, per crescere ed evolverci, soprattutto nei primi mesi della nostra vita, abbiamo un bisogno di radicamento legato alla prosperità e alla consapevolezza di quelli che sono i nostri punti fermi, fiducia, famiglia e nutrimento, dall’altra la tendenza evolutiva è sempre portata verso i chakra superiori, con una certa funzione a relegare agli istinti un ruolo del tutto improprio, come se non facessero parte di noi, come se fossero un cugino scomodo che teniamo nascosto in soffitta e a cui diamo da mangiare teste di pesce. Pertanto tendiamo, nella maggioranza dei casi, ad associare il concetto di civiltà con l’evoluzione, tendendo, nel corso del tempo, a dimenticare quelle che sono le nostre radici e guardare agli istinti, ai bisogni primari, con lo stesso sguardo con cui ci poniamo di fronte ad una gabbia di primati ad uno zoo, osservandone i comportamenti e riconoscendo in loro tutto ciò che di umano possiamo renderci capaci di vedere, ma nello stesso tempo reputandoli degli esseri evolutivamente molto lontani da noi.

Questo bisogno di demonizzare i bisogni primari, relegandoli ad una sfera di istinto che desidereremmo disconoscere con tutti noi stessi, reputandoli qualcosa di oscuro, è quello che ha dato forma a molti dei concetti di pudore e di estremo criticismo e giudizio nei confronti dell’aspetto fisico che “ammala” la nostra cultura moderna in modo sempre più preoccupante. Questo avviene perché riconosciamo che qualsiasi cosa è sopravvivenza. Il sesso è sopravvivenza esattamente come il cibo, come il sonno, come il desiderio di non rimanere soli che può trasformare un uomo in un assassino, così come in un buffone.

 

IL DIRITTO DI MULADHARA

Muladhara esprime in sé il diritto di esistere, in moltissime forme. Un diritto che dovrebbe essere imprescindibile, ma che si trasforma, se conturbato o distrutto o messo in dubbio, in un vortice autodistruttivo in cui noi stessi tendiamo a non essere più noi stessi, a non aver fiducia di quelle che sono le nostre capacità, a non poterci, di contro, fidare di nessuno. Erik Homburger Erikson, psicologo e psicanalista tedesco del secolo scorso e allievo di Anna Freud, definì dei passi di crescita attraverso otto tappe lunghe una vita. Nonostante queste tappe, il ciclo inteso da Erikson è più riconducibile ad un concetto di continuum, dove la crisi rappresenta un punto di svolta che, se superato, scatena la risoluzione di una problematica evolutiva. Secondo questo punto di vista, il periodo di sviluppo del primo chakra, fino al primo anno di età, è determinato dalla lotta nota come fiducia vs sfiducia. Se lungo questo stadio siamo accompagnati per mano, avremo le armi per affermare un senso di speranza che non minerà il nostro stesso diritto di esistere. Questo passaggio è determinante per sviluppare, in futuro, un’autoconsapevolezza e una propria identità personale che staranno alla base stessa della formazione del nostro carattere.

Il Diritto di Esistere ci viene negato quando, ancora nell’utero, proviamo il terribile trauma di avere una madre che ci rifiuta, che ci reputa un peso o che smette di desiderare di essere gravida. Per quanto sia difficile da credere per molte persone decisamente scettiche, i traumi infantili più gravi avvengono proprio all’interno della sacca amniotica, quando siamo ancora in piena formazione del nostro stesso corpo. Una madre, pertanto, che non si prende cura di sé stessa mentre è incinta, che beve o fa uso di sostanze stupefacenti o anche solo che medita di abortire, causa ferite al corpo astrale ed eterico del nascituro proprio in correlazione del primo chakra.

Ulteriormente, quando il bambino sarà venuto al mondo, sentirà negato il suo diritto di esistere quando non verranno soddisfatti i suoi bisogni primari, quali il nutrimento, un riparo e se la sicurezza di essere protetto dalle situazioni della vita gli verrà negata. Fino a quando avrà almeno un anno, il bambino sarà completamente indifeso; se abbandonato, lasciato a sé stesso, o se dovesse essere messo di fronte al rifiuto, alla povertà che mina la soddisfazione dei suoi bisogni, svilupperà delle ferite che, nel tempo, metteranno in dubbio il suo diritto all’esistenza. Alzando gli occhi alla madre e al padre, se non dovesse vedere in loro l’appoggio di cui ha bisogno per crescere amato e rispettato, semplicemente riterrà di non averne diritto, in quanto chi lo ha messo al mondo, in questo modo, glielo sta negando.

Queste ferite, in un modo o nell’altro, influenzeranno per sempre la sua vita. Anche quando sarà adulto faticherà a riuscire a pensare di trovare il tempo e la soddisfazione di comprare qualcosa per sé stesso, di spendere dei soldi o di guadagnare di più. Si sentirà sempre non in grado o non in diritto di chiedere che i suoi bisogni vengano soddisfatti.

 

L’IDENTITÀ DI MULADHARA

Muladhara è legato alla terra, al radicamento e alle basi. La sua identità è pertanto quella fisica, ossia l’autoconservazione. A questo livello ci identifichiamo con il nostro corpo, come “io Sono”. Una carenza nel primo chakra conduce la persona a non sapersi identificare, a non essere in grado di stare da sola perché priva di un’identità e pertanto costretta a cercarla in amici o amiche, compagni/e o anche nei genitori stessi, impedendosi quindi di trovare una via per essere sé stessi, ma costruendosi solo sulla base di altre persone. Il sapere chi siamo determina quindi cosa siamo in grado di fare, cosa siamo in grado di tollerare, sia fisicamente che emotivamente. Quando, quindi, viene negato il diritto di esistere, la nostra stessa identità, ad essa correlata, viene messa in dubbio e noi sentiamo di non aver diritto a chiedere che qualcuno ci ami per ciò che siamo, ma ci vediamo costretti a mutare noi stessi affinché le persone ci apprezzino; nello stesso tempo siamo sempre alla ricerca di qualcuno che ci faccia sentire al sicuro, che ci rassicuri su noi stessi, su ciò che possiamo fare, che ci dica in ogni istante cosa è giusto e cosa è sbagliato.

D’altro canto, invece, un eccesso al primo chakra conduce alla strettoia determinata dalla continua affermazione di sé e alla difficoltà ad accettare i cambiamenti. Il radicamento estremo comporta un’incapacità di vedere le cose da prospettive differenti. Una persona che abbia un eccesso al primo chakra sarà quindi dominata dalla noia e dall’indolenza, dall’incapacità di sollevarsi, pertanto legata a concetti terreni, cinica e incredula nella spiritualità.

 

IL DEMONE DI MULADHARA 

Il demone del primo chakra è la paura. Strettamente legata, per ovvie ragioni, al diritto di esistere, è soprattutto determinata dalla minaccia a quella che è la nostra sopravvivenza. Come dicevo poco sopra, qualsiasi cosa riguarda la sopravvivenza: la paura ne è appunto il demone.

Ora, chiariamo un punto: molti aspetti delle nuove spiritualità vedono nella paura qualcosa di negativo. Il detto: “non ha senso avere paura” è qualcosa che si sente molto spesso. Io ritengo che sia sbagliato. La paura è l’unica cosa che ci ha preservato come specie per tutti questi milioni di anni su questo pianeta. E come per noi, la paura è il reagente di ogni specie, sia predatoria che non, all’istinto di sopravvivenza. Vedere, quindi, la paura come un demone malvagio è formalmente sbagliato, in quanto è solo attraverso la nostra capacità di comprendere ciò che temiamo che riusciamo a superare le nostre paure e diventare più forti, e pertanto ad evolverci. Solo comprendendo la paura possiamo vincerla e capire così l’insegnamento che desidera portarci. Anodea Judith, a tal proposito, scrive: “Benché la paura sia il demone del primo chakra, è anche un avversario sacro, una presenza che ha molto da insegnarci. La paura esiste in quanto alleata dell’autoconservazione e ci insegna l’importanza che abbiamo e la necessità di prenderci cura di noi stessi. Solo quando riconosciamo questo demone come alleato possiamo veramente controllarlo”.

 

PRIMO CHAKRA BLOCCATO

La prima cosa da fare quando si riconosce che il primo chakra è bloccato o disarmonico, sia in eccesso che in carenza, è cercare di capire quale sia stato il motivo, a livello eterico o psicologico, che ha portato a questo problema. Spesso un primo chakra bloccato comporta anche problemi fisici di varia natura o problemi psicologici.

Una delle identificazioni che possiamo trovare sono i traumi o le violenze che possiamo aver subito, sia a livello psicologico che a livello fisico, soprattutto quando eravamo nell’età dello sviluppo di questo centro, come ad esempio la trascuratezza da parte dei genitori, l’abbandono (anche non volontario, come ad esempio l’incubatrice o la separazione forzata dai genitori) che comporta anche mancanza di un legame fisico con la madre, somma fonte di nutrimento, la malnutrizione, la violenza fisica o anche ad esempio i lutti; crescere con genitori che temono di non sopravvivere o che muoiono lasciandoci soli, quindi anche vittime di guerra.

La conseguenza di questi traumi si può rivedere anche in disfunzioni fisiche come disordini intestinali, solidità del corpo, come problemi alle gambe, alle ginocchia, ai piedi, alla colonna vertebrale e anche alle ossa, legate al concetto di sostenimento, e ai denti, legati al concetto di nutrizione.

Da un punto di vista biologico, Muladhara è collegato al ganglio spinale e al plesso coccigeo, quindi alle ghiandole surrenali. Da notare è proprio il nervo sciatico, che corre lungo tutta la gamba e che appare come una vera e propria radice, partendo dal bacino, fino ad arrivare al tallone. Anche qui, pertanto, troviamo una similarità e una connessione con la necessità di vedere il primo chakra associato anche alle gambe e ai piedi. Per quanto, quindi, la sua posizione esatta sia da situare a metà strada tra l’ano e i genitali, è collegato anche alle ultime vertebre lombari da cui fuoriesce, appunto, il ganglio spinale. La sua correlazione con la parte solida di quello che è il nostro corpo ha portato i filosofi vedici ad intuire la sua connessione con la terra.

Quando abbiamo quindi il primo chakra bloccato, a livello energetico l’effetto che proviamo è quello di pesantezza, di incapacità di reagire, di sbloccarci da situazioni di stallo, di non riuscire a spiccare il volo. Le radici ci sostengono, ma di contro ci danno delle limitazioni. Tendiamo a trovarci a provare paure incondizionate che ci vedono a non poter riuscire a vedere oltre la nostra situazione. Fatichiamo a mantenere un benessere sia fisico che economico, quindi non ci prendiamo cura di noi stessi, siamo indisciplinati e disorganizzati. Da un punto di vista fisico, una persona che ha il primo chakra bloccato ha incapacità a nutrirsi, è inappetente, ha l’energia totalmente lanciata verso i chakra superiori, pertanto soffre di ansia, di insofferenza e di incapacità di adattamento.

Se invece abbiamo un primo chakra troppo attivo, siamo talmente centrati da non riuscire ad essere immaginosi, pertanto siamo concentrati sulla materialità, su tutto ciò che è terreno: soldi, lavoro, mantenimento. Tendiamo a non riuscire a preoccuparci di altro che dell’accumulo di risorse dimenticandoci di godere dei frutti del nostro lavoro, ma provando senso di avidità e possesso. A livello fisico una persona con il chakra in eccesso ha un accumulo di energia che non riesce a scaricare, pertanto tende ad ingrassare nelle zone sacrali, sulle cosce e sui glutei. Sintomi di un primo chakra in eccesso sono obesità, fissazioni mentali, pigrizia, noia, stanchezza e confini rigidi tra quello che è dovere e godere.

 

MULADHARA A LIVELLO ESOTERICO 

Il colore del primo chakra è il Rosso. Nei veda è rappresentato come un loto di colore cremisi, con quattro petali iscritti dell’alfabeto sanscrito. Al centro del loto c’è un quadrato giallo (simbolo della terra), al cui interno si trova un mezzo triangolo dalla punta rivolta verso il basso (la vagina). All’interno del triangolo c’è disegnato un linga e intorno ad esso si attorciglia un serpente, rappresentante la Kundalini, la cui bocca blocca la sommità del linga.

In quanto chakra legato ai primi stadi evolutivi di crescita, Muladhara influenza sia la capacità motoria e quella fisica, sia quella spirituale. È pertanto l’inizio del viaggio. E il viaggio parte dalla materia, dalla base, dalla solidità grezza. Ponendo l’accento su una scala alchemica della Magnum Opus, ad esempio, il primo chakra sarebbe legato alla nigredo, ossia la decomposizione, il ritorno e il principio dalla terra, rappresentati dal corvo che si nutre del cadavere, e questo perché è la nostra prima e ultima connessione con ciò che siamo, con i nostri antenati e con il nostro stesso vivere.

Nello stesso tempo, Muladhara è anche l’anello di congiunzione con la fine stessa. Come siamo nati dalla terra alla terra torneremo. Esaminando quindi l’aspetto di questo chakra come parte di un ciclo evolutivo costituito da tappe, possiamo vedere come non esista una fine senza un inizio. Il concime da cui nascono fiori che saranno piante è costituito in larga misura delle stesse piante morte.

L’insegnamento che ci giunge da Muladhara è il viaggio dalla struttura fissa verso l’assenza di dogmi, per poi tornare nuovamente con nuove regole più salde. Il minimalismo che sta alla base stessa della solidità: il quadrato; il singolo mattone con cui costruire una cattedrale, il singolo passo con cui cominciare un cammino, la singola parola con cui cominciare un discorso, la singola idea con cui inventare un mondo.

Ogni tipo di meditazione che si basi sul sistema dei chakra o che ne utilizzi gli aspetti anche solo archetipici parte sempre con la necessità di imparare a radicare e scaricare le energie, quindi di prenderle, centrale e riportarle là dove si sono prese. Il principio stesso del “grounding” o “radicamento” è quello di imparare, attraverso la visualizzazione, a raccogliere le energie dalla terra attraverso una radice che parte dal nostro primo chakra e che affonda nel suolo scavando e assorbendo, per poi portare questa energia verso il chakra stesso, attivarlo e così passarla ai chakra superiori.

Quando svolgiamo qualsiasi tipo di esercizio, che sia di tipo yogico, meditativo, fisico o anche solo attraverso la recitazione di un mantra inerente, il concetto del radicamento è qualcosa di fondamentale. Nella pratica magica ho trovato spesso che, per molti versi, questo aspetto o è trattato con troppa dovizia oppure quasi completamente ignorato. Da una parte si denota il bisogno di considerare la crescita evolutiva come una scala che sale verso l’alto, con il risultato di veder abbandonato o svilito il ruolo dei primi gradini, dall’altra invece si denota al contrario un bisogno estremo di materialità con il totale abbandono di equilibri più alti.

Come ben ci insegnano quasi tutte le vie spirituali, l’equilibrio degli opposti, o la “via di mezzo”, è in genere il punto migliore su cui far leva. Muladhara è un chakra di inizio e di fine, pertanto di passaggio. Là dove esiste la corrente di manifestazione che dal settimo chakra, Sahasrara, discende verso Muladhara, ne esiste una che si chiama corrente di liberazione che da Muladhara sale o risale verso Sahasrara. Su queste due vie, l’intera vita umana, a tappe, cresce e si evolve.

Quando esaminiamo queste due correnti, il più delle volte tendiamo a definirle come creazione e distruzione: creazione nella funzione e distruzione nella forma. Da un punto di vista mitologico abbiamo a che fare con Atena e con Efesto. Atena è la liberazione, Efesto la manifestazione. Come dicevano i greci: Atena è il fuoco della testa, Efesto il fuoco del braccio; i più grandi gioielli che il dio della fucina poteva forgiare, per esistere, dovevano nascere nell’immaginario della dea della strategia. Di conseguenza, affinché ciò che viene ideato possa esistere, è necessario manifestarlo. L’evoluzione reale, sia fisica che spirituale, si attua soltanto quando esiste armonia in queste due correnti: ossia quando possiamo manifestare il pensiero e liberare l’azione.

Per questo motivo, quindi, possiamo notare come Muladhara sia uno dei due unici chakra che hanno un’unica uscita/ingresso invece di averne due. Là dove Sahasrara accoglie dall’alto, Muladhara manifesta dal basso. Là dove Muladhara raccoglie dal basso, Sahasrara libera dall’alto.

Giuseppe Alaimo e Mario Pincherle, nel loro Diavoli, Diavolesse & Company affermano a tal proposito: “Vita è contemporaneamente forma e funzione, forma nella distruzione, funzione nella costruzione. Fermarsi solo alla forma, come abbiamo fatto in questi ultimi millenni, significa sommergersi in un diabolico inferno pullulante di figure diaboliche vive e reali. L’onda concentrativa fa nascere forme sempre più armoniche, sempre più funzionanti perché è la funzione che crea l’organo, non viceversa. Per questo nella vita, primariamente, avvengono i fenomeni di concentrazione e secondariamente quelli di dispersione. La vita è prima evoluzione e poi involuzione. Per migliaia di anni abbiamo creduto al solve et coagula. Solo oggi, finalmente, prende senso la frase: coagula et solve. “