The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Editoriale Mabon 2007

Mabon 2007

Talvolta mi chiedo dove vanno a finire le cose.
Ve lo chiedete mai?
Non solo la fisica... parentesi dell'animo seppur animata, ma dico anche i sentimenti, le passioni. Dove vanno a finire quando smettono di esistere? Nascono senza esistere magari, e sono solo succhi e cristalli... che smontate non portano a niente di niente. E quando muoiono ci rendiamo infine conto di quanto poco credavamo nella loro stessa esistenza.
Forse semplicemente dovremmo smettere di sorprenderci di quanto poco conosciamo le persone con cui viviamo. Perché, in fin dei conti, ci aspettiamo qualcosa dalle persone che amiamo? Perché crediamo che sia giusto così? Perché, infine, credere che sia giusto così ci fa sentire la sofferenza se questo patto implicito di giustizia viene infranto?
Forse la nostra vita è veramente solo nostra e di nessun altro, per quanto crediamo invece che sia diverso... e in fondo lo sappiamo... sappiamo che non conosciamo mai veramente le persone, e che non importa quanto ami o credi di amare una donna, un uomo, ma peggio... un amico.. e quanto credi di conoscerlo perché hai vissuto con lui palchi, donne, birre, locali, spinelli, esperienze, pianti, risate, bottigliate in faccia, spaghetti alle cinque del mattino, inversioni a U in autostrada... e non smetti di amarlo comunque, perché non ne sei in grado, perché non sai nemmeno come provarci. Ma quando lo guardi, ti rendi conto che l'amore finisce davvero, e che si fa presto a diventare estranei l'uno all'altro. Solo coetanei, a volte nemmeno quello... e ci si ritrova a parlare del tempo, del lavoro, della situazione poco agevole in cui siamo costretti a vivere, dell'affitto... ma che cazzo, mi dico... perché è sempre così difficile comunicare? Perché non possiamo essere noi, senza maschere, senza fronzoli... perché ci deve essere per forza quella veste sopra il cielo, quel sudario sul volto... quando entrambi sappiamo che ci siamo voluti bene come fratelli, che abbiamo partorito cose che ancora sopravvivono e talvolta meglio di come farebbe chiunque altro con ognuno di noi? Perché l'apparenza è davvero così importante? Perché l'orgoglio e la rincorsa ad essere per forza come un libro di Aldo Busi, in cui le frasi tra parentesi dicono più di quelle fuori e alla fine diventa un discorso commentato e non vissuto, deve fare sempre da sfondo e renderci trasparenti e distruttivi? Veramente ha tutto così poca importanza? Siamo cosa per chi?
Rileggo le history delle chat di cinque o sei anni fa... persone che non conoscevo per niente... mi ricordo che credevo di starle ad ascoltare, mi ricordo che mi pareva davvero di ascoltarle. Le rileggo ora... e mi rendo conto che non ascoltavo... nonostante parlassero. Leggevo... sì... ma il significato delle loro parole mi sfuggiva spesso. E me ne accorgo dalle mie risposte... Mi sembra di capirlo ora, rileggendole dopo anni. Cosa è cambiato in noi tutti? cosa sta succedendo al nostro paese, al mondo? Forse allora non è stato veramente grande ciò che abbiamo fatto... nonostante lo ricordo così. Forse erano solo episodi, vicissitudini, brani tracciati come lune nel cielo. E quando le circostanze ci portano lontani spariscono anche loro, affondando assieme senza brama di tornare, rivoltate e arrotolate come un kebab. Porti via o mangi qui?
Ognuno conserva la propria vita in uno scrigno e cambia la serratura quando queste circostanze mutano e si dividono e le strade si allontanano... e si diventa veramente come estranei. Senza odio... ma peggio... Perché se ci fosse quello sarebbe per lo meno qualcosa... e invece è questo Silenzio assordante che uccide, che strazia, che affetta. Lo sento proprio qui, alla bocca dello stomaco. L'odio sarebbe amaro, ma avrebbe gusto, avrebbe senso... sarebbe come colorare l'etere di nero tra le stelle, ma dargli un senso. E invece è più terribile ancora. Diventa una sensazione non colorata, come un colpo di spugna, come dare colpi netti di polso con una gomma sullo schizzo a matita di un volto. Quello che rimane che cos'è? Ricostruiscilo ora... ricordati quali erano i lineamenti, le curve, i nei, i tratti forti e spigolosi, le imperfezioni di quel volto.
E così guardi una persona, sai che è stata importante per te... ma ora ti rendi conto che non riesci nemmeno a parlargli della tua vita, di ciò che sei, nonostante siano mesi che non vi vediate, sentiate... nonostante tu sappia che ci sono cambiamenti grossi nella sua vita... movimenti importanti. Qualcuno ve lo ha detto. Eppure questa persona vi guarda... e nonostante sorrida non vi dice niente; non vi ritiene più degno nemmeno dell'informazione nei riguardi della sua vita, delle sue vicissitudini, delle sue decisioni importanti, che lo dovrebbero rendere felice. Non ve ne rende partecipe perché siete come volti tra i volti, e non ha senso informarvi. Non c'è più l'abbraccio, la stretta di mano, il calore, il sorriso. C'è solo quello che Hesse chiama "il discorso di circostanza privo di senso".
Giorno.
Giorno.
Posso?
Si figuri.
Grazie.
Prego.
Parole senza senso... ma di ordinaria amministrazione, e che circoscrivono il territorio oltre il quale non è necessario andare per non sbilanciarsi verso qualcosa di più della cortesia.
È in questo modo che va affanculo la speranza, l'amicizia, l'amore? Annega in questo orripilante Silenzio di telefoni muti che se solo si mettessero ad urlare... distruggerebbero l'intero significato della parola stessa? Una metafora ella stessa di qualcosa che non esiste, infine, qualcosa di figurativo, come il soggetto nella frase "Oggi piove".
Che tristezza. Infinita, angosciante tristezza. Sono in questi momenti in cui ti rendi conto che se provi queste cose significa che, indipendentemente dal modo, sei stato capace di amare e ne sei ancora capace.

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