The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Editoriale Mabon 2013

Mabon 2013

Feel. Don't believe. Don't think. Just feel.

Lora O'Brien

Da soli o a coppie, coloro che davvero ti amano, camminano su e giù dal muro. Alcuni mano nella mano, altri riuniti in gruppi. I cuori teneri e gli artisti resistono, e quando ti hanno dato tutto di se stessi, qualcuno barcolla e cadrà.

Dieci anni.
Mi servono due mani per contare fino a dieci. Qualcosa del tipo due blocchi da cinque. Se fossi come Hannibal Lecter nel libro di Harris potrei contare fino ad undici, ma per quanto possa essere considerato psicopatico, non mi sono mai laureato in psichiatria e, attualmente, sono vegetariano, per cui non andrei d'accordo con le attitudini culinarie del Dottore. E oltre a questo comunque sia, non sono affetto da polidattilia.
Ciò non toglie che dieci anni siano tanti, cazzo.
Vedete, dieci anni fa, press'a poco tra Lughnasadh e Mabon, mi trovavo in vacanza al mare, in campeggio. Ero giovane, prestante innamorato di quella che due anni dopo sarebbe diventata la madre di mio figlio, ero un musicista promettente e scrivevo tanto anche.
Il mondo, come direbbe Robin Williams, era la mia ostrica. Il mio potenziale era al massimo, pronto ad essere investito. In momenti come quelli, quando nessun pensiero ancora ti ha gettato una spruzzata d'argento tra i capelli, quando pochi dolori ti hanno segnato solchi sul volto, quando gli occhi sono ancora luminosi e affamati, è sempre difficile credere a progetti a lungo termine.
Quando ci penso io mi chiedo sempre se quella piccola ghianda che mette radici nel terreno in qualche modo sa che diventerà una quercia forte e vigorosa. E nello stesso modo mi chiedo se noi sappiamo che stiamo mettendo radici quando cominciamo qualcosa, anche se si tratta di un progetto pensato in grande, o se semplicemente ci è inevitabile affrontare il rincorrersi dei giorni così come vengono, anche se pensiamo di essere immuni all'imprevedibilità. A ripensare a quei giorni, quando ero in quel campeggio a Sestri Levante, io mi sento come se fossi sempre all'inizio di qualcosa. Ormai era già più di due anni che mettevo la mia poca capacità di programmazione in pasto al web occupandomi del sito della mia band e di quel parto amorfo che era la raccolta di frasi che ora è il gemello luminoso di questo sito. Ma in qualche modo sentivo che c'era qualcosa che dovevo fare. Capita a volte quando sei in vacanza che tutto ti sembri più splendente, più carico, più realizzabile. I problemi e le difficoltà compaiono quando l'illusione svanisce e la realtà del doversi impegnare ritorna con il lavoro, a settembre. È l'effetto boomerang del ritorno, come le lettere che avrei dovuto scrivere agli amici dell'estate ogni anno quando ero un ragazzo e che poi, chissà come, sono svanite prima ancora di essere cominciate.
Ma si sa, l'estate è tra le mani degli esseri fatati e il modo migliore per capire il loro punto di vista è seguire il loro esempio: crearsi un mondo come hanno fatto loro. Quando però torni alla vita reale, quando torni a casa, a quell'odore conosciuto che hanno le pareti di quella piccola fetta di universo che conosci, in cui ti muovi, che vivi così come lui vive te, allora piano piano cominci a perdere frammenti e a quel punto puoi rischiare di perdere tutto ciò che hai creduto fosse reale: amori e amicizie estive, rilassamento, spensieratezza e progetti di incredibile bellezza. E guai a non far finta che tutto ciò possa esistere per sempre. Alcune volte è la menzogna quella che si preferisce, perché l'illusione è dolce, anche quando sappiamo che non è palpabile. Un po' come quando vai a quei raduni per vecchi commilitoni o compagni di classe delle elementari o delle medie e quando si finisce la serata dei ricordi scattano le promesse solenni del "teniamoci in contatto" che pochissimi rispettano. Guai a non farle! Anche se tutti sanno che alla fine già dal giorno dopo tutto si perde, se salti fuori dicendo: "È stato bello ma non credo che ci rivedremo tanto presto", allora sei uno stronzo. Eppure, come dico sempre: se una persona non la vedo né la frequento da oltre vent'anni e non ho mai avuto bisogno di sapere che cazzo stia facendo della sua vita né quella persona della mia... un motivo ben ci sarà, no?
Certo che c'è. Ma la cortesia impone che ci si faccia promesse futili e false piuttosto che dire la sacrosanta verità che tutti conoscono. Ogni mondo è a sé stante e alcuni amici, i migliori, te li scegli e ti rimangono. Altri ti capitano. I compagni di classe, come i colleghi e i suoceri ti capitano. A volte ti può andare bene, a volte ti può andare male. Sono mondi che collimano a volte, ma se non esistono ponti forti, non resistono.
2003. Colonna sonora: David Bowie: "Life On Mars?".
Ma io non volevo parlare di questo. Dieci anni fa ero in quel campeggio, era estate e io ero dominato da quel vulcano di voglia di fare che ti fa vedere tutto come se fosse più semplice di quello che in realtà è. Così chiamai la mia seconda insegnante e amica, Elena, che all'epoca portava un nome diverso ma che ho promesso di non usare più riferito a lei e le ho esposto, nell'esaltazione del momento, mentre ero fuori dal campeggio aspettando che la mia compagna mi raggiungesse, quale fosse la pazza idea che mi aveva colto come un fulmine: aprire un sito di stregoneria che non desse ai lettori ciò che davano gli altri, ma che prendesse la magia come un'Arte, perché è così la chiamiamo.
Elena fu entusiasta e al telefono parlammo degli argomenti preliminari che avremmo trattato, tracciando il primo scheletro di sito. Io mi sarei occupato della grafica e dell'impaginazione, mentre lei avrebbe cominciato a scrivere gli argomenti. Passammo quasi due ore a discutere e io ero così frenetico che desideravo solo di avere sotto mano un editor testuale per cominciare a lavorarci così, pronti via. Ma dovetti attendere di arrivare a casa.
Come del resto capita a tutto ciò che si dice o si fa in quel periodo, uscendo dal regno di Elphame, la vita tornò a reclamarmi. Conoscendo poi Elena, che come me è un Acquario, sospettavo di dover attendere un po', ma lei mi sorprese; un giovedì, quando ormai ero tornato dalla vacanza da circa una settimana, prima della fine di agosto mi chiamò chiedendomi alcune info e, riparlando al telefono con lei mi resi conto che questo progetto si poteva realizzare e che forse non era destinato al cassetto. Il giorno dopo mi arrivarono un paio di piccoli articoli che ancora adesso si possono leggere on line. Così io preparai una grafica abbastanza rudimentale, con tante belle immagini in gif rubate di qui e di là e la misi on line perché Ele la vedesse. Finché arrivò l'otto settembre e io misi on line la prima versione del fratello oscuro del Reef, The Craft.
2004. Colonna sonora: Franco Battiato: "Summer on a Solitary Beach"
Come tanti altri progetti usciti dal regno di Elphame, anche questo poteva morire prima di aver compiuto qualche mese.
Era qualcosa che mi ero messo in conto, e nel primo anno non se la passò molto bene.
Il sei di giugno del 2004 ero a Bologna a vedere il Gods of Metal e mi fermai ospite per qualche giorno da Elena, la mia insegnante. Nelle settimane precedenti la mia compagna, che era venuta con me, aveva sviluppato una curiosità quasi morbosa per un fatto particolare che era avvenuto circa sei anni prima, nell'inverno del 1998, poco più di due settimane dopo un capodanno che passai a casa di amici con una marea di gente pazza e sconosciuta. A quel tempo muovevo i primi passi nel mondo dell'esoterismo e la mia compagnia era quella del Midnight, un locale milanese dove, per coincidenza, conobbi quattro anni dopo anche quella che sarebbe in seguito diventata la madre di mio figlio. Proprio lì davanti, la sera del diciassette gennaio salutai Fabio per l'ultima volta, senza sapere che ciò che si apprestava a fare salendo in auto, quella volta in via Altaguardia, sarebbe stato un viaggio di sola andata. Sparì assieme con la fidanzata. O almeno, questo fu quello che credemmo noi per sei anni.
Fai tempo a dimenticarti di ciò che capita alle persone quando gli anni si accumulano. Ma la mia compagna in un impreciso momento di quel maggio torrido cominciò a cercare su internet ogni genere di notizia che riguardasse Fabio Tollis e Chiara Marino. Chiese a me in più occasioni cosa sapessi e io le raccontai tutto ciò che mi ricordavo. Non comprendevo il perché di tanto interesse.
Durante il nostro soggiorno di giugno a Bologna, la mia compagna ricevette un sms da un'amica che diceva che in un bosco a Somma Lombarda avevano trovato una fotografia di Fabio e Chiara e al di sotto, sepolti in modo dozzinale, i loro resti.
Me la ricordo bene quella sensazione.
Credo di non averla provata mai più nella mia vita.
Prego la dea di non doverla riprovare mai più.
La sensazione fu quella di soffocare, poi di sentire il bisogno di scappare via, in un posto lontanissimo, come quella canzone di Battiato che dice: "Mare mare mare, voglio annegare. Portami lontano a naufragare. Via via via da queste sponde. Portami lontano sulle onde". Ad un tratto tutta la consapevolezza di cui avevo fatto tesoro in questi anni fu spazzata via, come se avessi acceso un ventilatore davanti ad un castello di carte. Mi ricordo che camminavo per la strada, scrivevo mail, parlavo con le persone, ma era come se fossi rinchiuso in un sogno, senza poter scappare. E quando poi arrivava la notte, sognavo di essere di nuovo fermo in un tempo spaccato così lontano, in quel giorno in via Altaguardia, quando vidi la macchina con a bordo Fabio allontanarsi. Ma io sapevo cosa sarebbe successo e la rincorrevo, picchiando contro i finestrini per avvertirlo, per fermarlo. Ma come una nave che fuma all'orizzonte, anche la macchina spariva dietro l'angolo e io rimanevo lì a guardarla.
Quel giorno, il 6 giugno 2004 fu il momento in cui io smisi a tutti gli effetti di essere un ragazzino, anche se ero abbastanza adulto da prendermi delle responsabilità. E, come dice Roger Waters: quel momento fu proprio una visione fugace che percepii con la coda dell'occhio; mi sono voltato ed era già sparita e ora non riesco più ad evocarla, perché il bambino è cresciuto e il sogno è svanito. Non so come capiti ad altri, ma a me capitò così: io capii che ero diventato grande quando mi si parò dinanzi la verità che le cose brutte potevano capitare anche a persone che conosci intimamente e che ad infliggerle con ferocia possono essere altre persone che conosci intimamente.
Ma come la teosofia ci insegna, la dea ha due volti: quello della morte e quello della vita. E questi due volti sono collegati e intrecciati tra loro. Colei che toglie è spesso anche Colei che elargisce. In una notte di luglio del 2004, logisticamente il primo momento biologicamente funzionale dopo la terribile notizia che scosse la mia vita portando per la prima volta la parola "omicidio" così vicina alla mia esistenza da sentire il suo fiato freddo sul collo, mentre ero in vacanza a Cogne insieme con la mia compagna, si verificò un evento mistico e misterioso: un seme si impiantò in una grande cellula uovo. Il 28, ancora inconsapevole della trama che si stava tessendo intorno a me e alla mia compagna, aggiornai il Reef con tre wallpaper e un articolo di Elena, e la vita, ancora mi pretese. Ma rapidamente il grande calderone della vita cominciò a far funzionare la sua magia e dapprima in modo silente ma poi con sempre più energia ci rendemmo entrambi conto che qualcosa era avvenuta. Una benedizione era giunta a ricordarci che la vita continua.
I mesi che seguirono furono punteggiati da tre genere di eventi che si ripetevano in maniera aciclica: nausee, visite e una costante ed impaziente attesa miscelata con un timore reverenziale e generale sul cambiamento che era in corso. Ogni settimana scattavo una foto alla pancia della mia compagna che lievitava, mentre durante la notte facevo sogni più disparati, alcuni dei quali erano incubi terribili e angoscianti da cui mi svegliavo madido di sudore. I processi e le indagini per i miei ex amici continuavano e nel frattempo nel ventre della mia compagna la vita si formava, si ingrandiva.
A dicembre 2004 l'energia della vita mi spinse a cambiare tutto sul Reef e i primi giorni di gennaio pubblicai il primo editoriale, a metà tra Yule e Imbolc. Il primo di una lunga serie. Sentivo che tutto stava cambiando dentro di me. In qualche modo che non potevo sapere quel giorno segnai un nuovo inizio. Ogni giorno che passava era come se mi abbandonassi ad una nuova identità. Sentivo che le fibre stesse del mio corpo si arrendevano allo scorrere. Potevo passare ore sotto la doccia, a lasciare che l'acqua bollente mi cuocesse le dita, finché i polpastrelli formavano quelle grinze che la natura ci ha donato per avere una presa più salda anche con le mani bagnate.
2005. Colonna sonora: Frankie Goes to Hollywood: "The Power of Love".
Con l'aggiornamento di gennaio pubblicai un articolo in riferimento al sacrificio e, leggendolo, decisi che avrei aggiornato il Reef in modo periodico, con la scadenza ad ogni sabba e decisi inoltre che volevo costruire qualcosa che sarebbe valso la pena visitare e che mi sarebbe servito anche per crescere. Gli editoriali rimasero disallineati dagli aggiornamenti per qualche sabba perché nel frattempo si avvicinava la data del parto e la mia concentrazione era totalmente decentrata. Ogni volta che squillava il telefono ed era la mia compagna a chiamarmi il cuore cominciava a battermi nel petto come la doppia cassa di Paul Bostaff e mi dicevo che era il momento. Me la immaginavo da qualche parte, che riversava liquido amniotico, sdraiata mentre cercava aiuto e io non ero con lei. Poi come tutte le cose arrivò anche il giorno in cui Morgan venne al mondo. Per un motivo assurdo speravo che nascesse a Beltaine. A distanza di anni ringrazio la dea che non sia stato così. Ci mancava solo la congiunzione del sabba per uno come lui.
Era il 19 aprile. Otto giorni di ritardo sulla data presunta. E fu in quel momento che cominciai ad odiare l'arroganza dei medici. Che significa "in ritardo"? I bambini nascono quando devono nascere, mica quando lo decidiamo noi. Ma i ginecologi, uomini che pretendono sempre di saperne di più delle donne su faccende che non possono conoscere dal momento che non hanno un utero, erano di diverso avviso e indussero il parto.
Passò una notte lunghissima e infernale, tra urla e pianti ma alla fine, verso le undici e un quarto di mattina, Morgan venne estratto dal ventre di sua madre, anche se per parto cesareo. Io, che mi aggiravo come un rincoglionito per il reparto di neonatologia sentii chiamare il mio nome e vidi un angelo bellissimo, vestito di bianco, che teneva vicino a sé un carrellino con una scatola trasparente dentro cui si agitava un esserino tutto rosso. Con il fiato mozzato lo guardai e mi sembrava di avere davanti il sole rinato.
Una settimana dopo eravamo di nuovo in quell'ospedale perché Morgan ebbe una crisi respiratoria e rischiò grosso.
Fu un momento terribile e infausto e il mio coraggio fu messo alla prova. In quei giorni avrei dovuto festeggiare Beltaine e passare felice sotto i nastri, tra i fuochi, saltare le fiamme, amoreggiare. Invece ero chiuso in una camera di ospedale a sentire i medici che mi raccontavano barzellette mentre la vita di mio figlio era in pericolo. Ora a pensarci, mi rendo conto che fu un'iniziazione della vita dinanzi alla quale mi presentai impreparato. Forse dovevo capire sulla mia pelle cosa significava temere di perdere per capire come avrei dovuto davvero amare. Per fortuna il mio piccolo è un arietino e con la forza e la testardaggine non mollò nemmeno per un istante; nemmeno quando io, suo padre, fungevo bene solo come budino al cioccolato. Non saprei dire quanto pregai in quei giorni. E non so nemmeno più a quale divinità mi rivolsi ma credo che coinvolsi qualsiasi pantheon. Bisogna passare da certe cose per capire cosa intendo. In ogni caso alla fine qualcuna di loro mi rispose e accolse le mie suppliche: Morgan guarì in modo misterioso, così come si era ammalato: senza che capisse nulla di ciò che era capitato; e io tornai a respirare dopo una settimana di apnea.
Dopo quel momento terribile fu una gioia senza fine, anche con tutte le difficoltà che si hanno per i primi passi di abitudine alle esigenze di un neonato. E con la stabilità della sua crescita sana e costante il Reef cominciò ad avere aggiornamenti periodici ad ogni sabba.
2006. Colonna sonora: Bonny Tyler: "Total Eclipse of the Heart".
Ci volle un anno perché una prima collaboratrice oltre a Elena si aggiungesse allo staff. Era Beltaine del 2006. Morgan compiva un anno. Aveva appena cominciato a camminare e il suo compleanno è ancora un ricordo dolcissimo, anche se le foto che abbiamo lo ritraggono mentre urla e piange disperato con la mano tesa verso la torta. Io lavoravo sempre nello stesso posto di merda: un help desk informatico dove facevo turni. La mattina mettevo il piccolo nello zaino o nel passeggino e lo portavo in metropolitana a casa dei miei genitori, che si occupavano di lui mentre io e sua madre eravamo al lavoro.
Nel frattempo tornai ad iscrivermi ad una mailing list stregonesca in cui ero già iscritto quattro anni prima e dove conobbi Elena, la mia prima insegnante e dove avevo conosciuto Morgana, l'admin del sito, che era stata una mia fidanzata tempo addietro e che diede il nome a mio figlio. Là mi occupavo di pubblicare settimanalmente degli articoli sull'Arte della Stregoneria.
A Mabon si unì la seconda collaboratrice che si occupava dei Simboli e a Yule Potnia entrò a far parte dello staff. Entrambe le conobbi proprio in quella Mailing List. Nel frattempo il rapporto tra me e la mia compagna andava deteriorandosi. Senza sapere né come né perché eravamo entrati in un tunnel scuro e buio di incomprensione ed incomunicabilità che segnò un periodo terribile della nostra vita che durò a lungo, in una spirale discendente. La cosa peggiore di ciò che mi stava capitando era il dover indossare una maschera per far finta con me stesso che nostro figlio non si accorgesse di ciò che avveniva intorno a lui.
Nel contempo, con la band con cui suonavo da anni non andava più molto alla grande, la nascita di un figlio è una benedizione ma chi non capisce il suo valore o non sa cosa significa la vede come un peso. Per alcuni membri del mio gruppo era così. Ero quindi stretto da ogni parte dal fallimento e dall'occlusione. Era come se una tridacna si stesse chiudendo su di me e per non rimanere imprigionato dovevo sforzarmi di tenerla aperta, puntellandomi con le braccia e le mani, ma così facendo non mi restavano le forze necessarie a sgattaiolare fuori, per cui mi rendevo conto in ogni istante che era solo una questione di tempo, di centimetri, di millimetri giornalieri. Prima o poi mi sarei stancato e il guscio si sarebbe chiuso su di me, come le fauci di un tirannosaurus rex. Vedevo la luce assottigliarsi giorno per giorno, finché anche solo respirare in una situazione come quella mi fu impossibile.
2007. Colonna sonora: Andrew Lloyd Webber: "Heaven on their Minds".
Curiosamente, per quello strano senso umoristico che hanno gli dei quando devono applicare le mistiche leggi sull'equilibrio, più io mi ritrovavo ad avanzare strenuamente nella Palude della Tristezza, cercando di trascinare il mio cavallo Artax, più il Reef fioriva. Sole si unì a noi e dopo di lei, nel 2007 anche Volpe Bianca e suo marito Arthios, poi Enae e Luce e per Yule arrivò anche Proue.
La vita a casa diventava sempre più dura. Morgan cominciò ad andare all'asilo e l'inserimento fu lungo e difficile. Il rapporto tra me e la mia compagna era degenerato ormai ad un punto oltre il quale non si poteva più risolvere. Mi ricordo che vivevo come se avessi una spada infilata dentro. La sentivo che entrava tra la clavicola e il collo e la sua lama attraversava tutto il mio corpo, uscendo di traverso da una natica. Nel suo attraversarmi non ledeva alcun organo vitale, così che potessi sentire il freddo acciaio del suo filo quando mi muovevo. Era come averla dentro sempre e sempre affinché non mi fosse consentito piangere, singhiozzare, urlare. No. Dovevo stare immobile, ben ritto, senza piegarmi mai, come se fossi un arrosticino umano. Ogni volta che pensavo alla nostra situazione sentivo l'angoscia crescermi dentro, come acqua che bolliva e che ustionava tutto ciò che trovava, come un'ondata di lava incandescente che non trovava alcun ostacolo, che inceneriva ogni cosa.
È incredibile pensare, in seguito, a ciò che pensi di aver fatto, ma che in realtà non hai fatto. E campi di rimorsi, di pentimenti; respiri solo dei ricordi di ciò che avevi e di quei piccoli momenti in cui il sentimento che provi per una persona ti dà modo di renderti di nuovo integro, umano. Ogni giorno era come se mi trovassi dinanzi ad uno specchio e cercassi di romperlo a testate perché volevo andare dall'altra parte. Mi sentivo come se avessi una mano a pugno che mi teneva stretto in una morsa lo stomaco, torcendomelo, strappandolo, annodandolo. Era terribile. Ma la cosa che più mi faceva male era sentire l'amore soffocato.
Una volta, parlando con Morgana, lei mi disse che l'amore era capace di guarire qualsiasi cosa ma che io e lei non avevamo permesso che questo avvenisse. Ho ancora dentro quelle parole perché quel giorno mi ripromisi di farne tesoro, ma trovandomi di fronte a ciò che eravamo stati capaci di fare della nostra storia d'amore io e la mia compagna, mi resi conto che non avevo mantenuto la promessa che avevo fatto a me stesso. Arrancavo giorno dopo giorno e le tappe erano brevi soste, brevissime, come oasi secche dove dovevo dissetarmi di poche gocce d'acqua, spremendole dalla sabbia, come quel tipo che insegnava a vivere nel deserto.
La cosa che temevo di più era perdere Morgan, perdere i momenti, perdere la sua stima, il suo affetto. Ora mi sembra tutto così assurdo e lontano, ma quando non si riesce a mantenere la lucidità rischi di perdere te stesso.
Nello stesso anno ricordo che cantai al saggio di fine anno della scuola di canto e interpretai una canzone di Giuda, del Jesus Christ Superstar. Non era di certo la prima volta che calcavo i palchi ma quella canzone segnava per me un momento importante, perché era come se io fossi sia Giuda che Gesù Cristo. Da una parte ero l'apostolo che cercava di avvisare il suo maestro, dall'altra ero l'illuminato cieco che non capisce le esigenze personali. Cercavo di parlarmi da solo e mi dicevo: "guarda che le cose non sono più come credevi o speravi che fossero. La situazione è cambiata ed è il caso che te ne rendi conto". Ma il mio Cristo dentro non ascoltava Giuda, nonostante le urla e io continuai su una strada che conduceva verso la croce.
2008. Colonna sonora: Queensryche: "Someone Else?".
Durante l'anno che seguì, ossia nel 2008, organizzammo un raduno del Reef, affinché tutti ci si potesse conoscere, ma alla fine dovetti annullare tutto. La situazione a casa era diventata insostenibile e non me la sentivo di allontanarmi. Fu difficile rendersi conto che era così, perché si avvicinava il momento in cui dovevo mettere le cose nero su bianco, confrontarmi con lo specchio e sentirmi dire che, come Grimilde, non tutto era più come pensavo che fosse. Nel frattempo si unì a noi ddrwydd, occupandosi delle rune e pubblicando alcuni articoli e poi, a settembre Aster per l'Astrologia e Sarah degli Spiriti per la Storia della Wicca.
In quei mesi difficili abbandonai la mia band storica mentre incidevo l'album di esordio. Ero lì, in quello studio di registrazione e mentre cantavo una canzone che parlava del gruppo di cui facevo parte mi resi conto che non aveva alcun senso per me. Poggiai le cuffie sul microfono che pendeva dinanzi a me e dissi che me ne andavo, poi uscii allo scoperto e la notte, ricordo, mi parve gelida.
Fu una separazione difficile, sì, ma in qualche modo fu come tagliare un'appendice morta.
Nel frattempo la situazione a casa era ormai allo stremo. È incredibile pensare a quanto si possa arrivare a dimenticare la civiltà e il rispetto reciproco quando si vive con una persona con cui la relazione è terminata. Ogni cosa, ogni minima stupidaggine diventa una scintilla per la guerra. Arrivammo ad un punto di picco e poi, una sera, andai al concerto dei Blue Oyster Cult. Là, ricordo che ascoltai quella canzone, che diceva: "Tutti i nostri momenti, sono qui, ma sono svaniti. Le stagioni non temono la mietitrice. Come non la temono il vento, il sole o la pioggia. Noi possiamo essere come loro. Non temere la mietitrice."
Tornando a casa sapevo cosa mi aspettava. Erano passati sette anni da quando l'avevo conosciuta, mi ero innamorato di lei. E ora era giunto il momento di andare a bruciare i resti del nostro letto. Era proprio come se mi voltassi e vedessi qualcun altro, come se non fossi io. Come se vivessi la vita di un'altra persona.
Fu doloroso confrontarsi, ma quel momento passò e venne il crack.
Ma io non potevo immaginare che ci potesse essere qualcosa di peggio di ciò che avevo provato finora.
Perché vedete, ci sono tante forme e tanti modi per prendere e accettare le situazioni della vita. E alcune possono apparirci più semplici di altre, ma in realtà non lo sono. Avevo scantonato la croce per così tanto tempo, per quella paura infondata, per quella codardia senza pari, che non compresi cosa stavo facendo. Di risveglio dal brutto sogno, mi ritrovai perduto nell'illusione.
Io lo so, cazzo, io do sempre consigli a tutti quelli che me li chiedono e a volte anche oltre. Ma se c'è una cosa che mi sento di dire a chiunque è: accettate ciò che succede, anche quando vi sembra terribile. Non cercate di chiudervi gli occhi per non guardare ciò che non vi piace. Fa male vedere; credete che non lo sappia? Fa male capire che è tutto vero, che qualsiasi cosa sia non c'è via di ritorno, ma la verità, anche quando sono cazzi in faccia, è ciò che vi meritate voi, come ciò che si merita chi vi sta vicino. Perché dalla verità delle situazioni, anche quando sono tempeste, possono nascere fiori e possono germinare nuovi giardini. Ma dall'illusione non crescerà mai nulla.
Io vissi nell'illusione. E questa illusione non mi nutrì, anzi. Perché questa illusione mi mascherava carne ulcerosa e putrida mostrandomela come se fosse fresca e ottima. Tanto che ci avvelenammo entrambi, in modo stupido e infantile.
Solo per codardia.
Solo perché non volevo vedere la verità.
Durò un anno.
Lunghissimo, infinito.
Ma poi finì.
2009. Colonna sonora: Pink Floyd: "Comfortably Numb".
Ricordo che scrissi una cosa in quei giorni e a ripensarci mai colsi più nel segno: Ogni notte, per quanto lunga, finisce. E prima o poi il sole sorge sempre. Verissimo. È proprio così. Peccato che lo scrissi prima del tempo. Già.
In quel periodo mi sentivo come si descrive Roger Waters: Confortevolmente Insensibile. E proprio come lui mi sembrava che non ci fosse più dolore, ma che mi stessi allontanando, come una nave lontana che fuma all'orizzonte e le sensazioni del mondo mi arrivavano solo ad ondate. Le labbra delle persone si muovevano ma io non udivo cosa dicevano.
Ricordo quando avvisai i ragazzi e le ragazze del Reef che tra me e la mia compagna era finita e che la mia vita come la conoscevo stava andando a rotoli. Mi sentii circondato da un abbraccio incredibile. E mi ricordo che una di loro mi chiese di far sapere loro come stavo perché, a suo dire: "Quando dai affetto devi aspettarti affetto: è quello che hai sempre dimostrato a tutti, accetta che possano darlo a te". Nella mia illusione non mi ero mai reso conto quanto fosse vero ciò che mi disse. Non rese tutto più facile, ma... in qualche modo mi sentii vicino qualcuno che mi supportava. Non mi sentii più solo.
Così dovetti avvisare i miei genitori che mi separavo e poi, cosa più difficile, sul divano dovetti parlare a Morgan, assieme con sua madre. Dovemmo dirgli che ci separavamo.
Là in quel momento lo vidi spezzato in due. Il piccolo corse via. Aveva quattro anni. Si infilò sotto il letto urlando e senza voler uscire. Io mi piazzai davanti alla porta e cercai di parlare con lui. Attesi che si calmasse. E ci riuscì solo dopo tre ore circa, quando mi vide piangere davanti a lui. Allora credo che capì che per me era doloroso quanto lo era per lui e che per me non era una scelta, ma che le alternative non erano più accettabili, nemmeno a compromessi.
Un vecchio saggio disse che cresciamo dei figli e non degli eroi, anche se a volte crediamo che lo siano. Ma se li cresciamo come figli, diventeranno degli eroi, anche se lo saranno solo ai nostri occhi. In quel momento, ancora una volta, io vidi in lui un eroe, un leone più forte di me. Mille volte più forte di me. Sentii la sua mano che mi asciugava le lacrime come se fosse uno schiaffo. Un ceffone che mi diceva che era lui il bambino, e io l'adulto e che non era lui che si doveva occupare di me, bensì il contrario.
Così mi ricordo che lo abbracciai e quella volta, per la prima volta, quando gli dissi che sarebbe andato tutto bene e che poteva stare tranquillo, sentivo di dire davvero la verità. Ci sarebbero state nubi e tempeste davanti, ma io non sarei più scappato davanti ad esse. E fino ad adesso è stato così.
Ad aprile sul Reef si aprì la sezione sulla Cucina Magica a cura di Aradia. Nel mentre mi iscrissi ad un forum sulla wicca per colmare i tempi morti al lavoro e là conobbi Heiden, che invitai a partecipare al sito come collaboratore, dato che studiava tecniche erboristiche. Nel frattempo, durante l'estate, dopo aver tenuto un seminario in Toscana ad un gruppo di studio aretino e uno al Pagan Pride Day a settembre, decisi di seguire l'istinto che mi spingeva da tempo e aprii un gruppo di studio. Dopo alcuni mesi di preparazione vide la luce a novembre del 2009. Il suo nome è Belladonna & Aconito.
2010. Colonna sonora: Antony and the Johnsons: "Frankenstein".
A Imbolc del 2010 il Bardo si unì al Reef occupandosi di sciamanesimo, e ad Oestara io entrai nella mia casa nuova. In una settimana, senza la luce e con l'aiuto di un collega, feci il trasloco mentre mio figlio e sua madre erano in Egitto. Passai un'ultima notte in quella casa e ricordo che piovve. Sembrava che non volesse più sorgere l'alba. Su quel divano faticai a prendere sonno e ricordo che pensai che non avrei più dormito, mai più nella vita. Ma infine suonò la sveglia e mi alzai. Il sonno alla fine aveva vinto. Mi sentivo addosso una patina di sudore freddo che una doccia non riuscì a far sparire. Nel tempo compresi e imparai a conoscere quella sensazione spiacevole. Si chiama ignoranza del futuro.
Appena entrai in casa, ricordo che mi gettai per terra, e stetti lì sdraiato per delle ore, in quella casa vuota, con le pareti candide che sapevano di vernice. Portai con me i due gatti di casa: Polpetta e Salsiccia e con loro cominciai una nuova avventura. La casa era piccola allora e lo è anche adesso. Impiegai due mesi per avere il gas. E fu strano viverci per i primi tempi.
Non essere in affitto è curioso perché il primo istinto che hai è quello di spaccare qualcosa solo per dimostrare a te stesso che puoi, per realizzare la tua libertà. In quella prima settimana di giorno andavo al lavoro e la sera entravo in casa, gettavo scatoloni e tornavo a prenderne altri nella casa vecchia. Fu da pazzi.
Alla fine le cose piano piano si sistemarono e quello che prima era un nido, un rifugio, lentamente prese l'aspetto di una casa vera e propria. Impiegai del tempo, certo, ma ce la feci. I primi tempi la coda delle discussioni con la mia ex compagna erano all'ordine del giorno. Al punto che quando squillava il telefono quasi non volevo rispondere, ma poi lentamente riuscimmo a parlarci di nuovo e dopo un anno Morgan cominciò ad andare a scuola e si abituò alla sistemazione un po' da me e un po' da lei, Salsi si abituò all'appartamento e si trovò nuovi posti dove nascondersi e io imparai a respirare questa nuova aria, imparai a vivere una situazione di mezzo. Ripresi una vita normale.
Verso Samhain mi contattò Italia 1, un tal Davide che parlava a nome di una certa Gabriella Simoni e che mi chiese se mi interessava essere intervistato in televisione in un programma che era una sorta di erede di Lucignolo. Io, che non ho la TV o Facebook, non sapevo chi fosse e cosa conducesse e onestamente mi interessava anche poco, ma in quel modo perverso che hanno certe situazioni di presentarsi, pensai che potesse essere una possibilità per portare un messaggio positivo. Se non che consultai molti amici e tutti mi diedero suggerimenti differenti. Insomma, la decisione ultima doveva comunque spettare a me. Dopo averci pensato rifiutai. Gabriella insistette molto e cercò di convincermi in tutti i modi, arrivando a garantirmi che avrebbe accettato di farmi visionare il montaggio prima di farmi firmare la liberatoria e invitandomi fuori a pranzo per parlarne. Ma io non accettai e in ultimo le passai il contatto di una persona che avrebbe forse fatto al caso suo, ma non si fece mai sentire da lui a quanto so e poi, a vedere ciò che ne uscì, ringraziai gli dei ampiamente di aver preso questa decisione. E tutti, insomma, sanno cosa è stata di quella puntata.
2011. Colonna sonora: Anne Hathaway: "I Dreamed a Dream".
Giunse un momento di transizione, che portò anche al Reef un po' di placidità, con gli aggiornamenti periodici sempre in orario. Sarah degli Spiriti mi intervistò due volte per il suo libro Voci Pagane, e io pubblicai i miei due libri in modo indipendente. Il gruppo di studio Belladonna & Aconito crebbe e si rafforzò e nel corso di due giri di ruota riaprimmo a nuove persone.
Per mesi, dopo la mia separazione, avevo messo sull'altare una pietra a forma di cuore, che avevo trovato lungo un fiume asciutto e avevo chiesto agli dei di mandarmi una possibilità di essere felice, promettendo che avrei cercato di giocare le mie carte in modo differente. Ogni giorno chiedevo perdono all'amore stesso, che ritengo stia sopra alle divinità anche se è loro emanazione. Chiedevo perdono perché sapevo di averlo insultato, di non averlo rispettato, di aver mancato in qualche cosa. Per anni mi sono sentito come immerso in un mare composto da un liquido più denso, che non mi permetteva di stare a galla nonostante muovessi una massa equivalente al mio peso. Ma io non mollai, quella volta. Feci offerte agli dei e chiesi loro di concedermi una seconda chance. Credevo che sopra ogni altra cosa ne avevo diritto. In una consultazione con i tarocchi mi venne predetto che sarebbe arrivata una persona per me e che sarebbe rimasta. Per quella legge della magia che si chiama Legge della Sfida, mi sentivo di contestare ciò che mi veniva detto, quanto meno finché non si fosse realizzato e non fosse giunto a me.
Ma i tarocchi non mentivano.
A Beltaine del 2011 trovai di nuovo l'amore, nel modo in cui è degno di essere chiamato. Ora, a pensarci, mi sembra quasi di non riuscire ad immaginare la mia vita senza, come quando indossi i tuoi vecchi jeans e ti sembra di averli addosso da sempre. È strano come capita che alcune cose si scavino un rifugio dentro noi. A volte lo fanno graffiando, proprio come le tigri della canzone cantata dalla Hathaway, ma a volte questo sogno che sogni non è detto che debba svanire al mattino, lasciandoti un inferno in cui vivere. A volte quando ti svegli è tutto vero. Ed è così perché in qualche modo abbiamo delle carte da giocare e sta a noi decidere come giocarle, ma se decidiamo di non scommettere non possiamo sperare di vincere mai nulla. Dopotutto è la legge della vita, no? Scommettere e perdere, scommettere ancora. Ma è solo scommettendo che vinci.
Morgan a settembre cominciò la scuola, la prima elementare. Fu un anno molto difficile, ma che portò anche alcune cose belle. Uniti per aiutarlo in questo passaggio difficoltoso, io e la mia ex compagna ci rappacificammo da amici, riaffrontando le nostre problematiche con calma e maturità e aiutando Morgan a superare le sue difficoltà. Avevamo bisogno di tempo. Fu una lenta salita ma la sentii dire alcune cose che non mi sarei mai aspettato di udire nei riguardi del nostro rapporto e questo disinfettò alcune delle mie ferite. Credo che fu anche questo che mi permise di vedere in modo diverso la mia stessa vita. Mi permise di capire che per così tanto tempo mi ero sentito abbandonato da me stesso, come se avessi scelto l'eremo. E non era per altri che per mia scelta che mi sentivo alla deriva, lasciando che il mare mi depositasse su una spiaggia solitaria, come un corpo morto, avvolto di alghe, impanato nella sabbia e cotto nel sole, divorato dai granchi e dai gabbiani e poi solo ossa sbiancate e spolpate.
Nel novembre di quell'anno, in risposta alle richieste che feci agli dei, arrivò a me un nuovo insegnante che mi portò una visione del tutto nuova e complessa e che mi permise di comprendere una nuova parte del mio destino. Piano piano parti del mosaico si mettevano al loro posto. Ma ci volle ancora del tempo.
2012: Colonna sonora: Spandau Ballet: "Through the Barricades"
Si arrivò al 2012, ed erano già due anni che giravano voci allucinanti su questo anno. Il cambiamento era alle porte e qualcosa sarebbe successo. Il punto era capire cosa. Io ero prontissimo, o quanto meno credevo di esserlo.
Ad Oestara il Reef contò un nuovo collaboratore: Hermes, che si occupa degli Arcani Minori e che conobbi su Wicca.it. Sarah degli Spiriti mi intervistò di nuovo su Keltoi Radio e un ragazzo di un'università padovana che voleva scrivere una tesi sulla wicca mi fece svariate interviste e io lo aiutai come potevo.
Con il nuovo insegnante ebbi modo di crescere e di apprendere nuove cose su me stesso e sul ruolo che avevo nel corso globale degli eventi. Perché la magia è cosa strana; funziona quando non ce lo aspettiamo ma funziona solo se noi siamo certi che funzioni. È figlia del paradosso. Quindi noi siamo sempre qui a predicare che tutto è collegato, al punto che non potrei contare quante sono quelle che mi hanno detto di come fossero certe che in una vita passata fossimo stati sposati. Siamo sempre qui ad affermare come le cose vanno in un certo modo perché devono seguire uno schema, eppure ogni volta che capita qualcosa che ci mette di fronte al fatto che per essere parte di uno schema dobbiamo avere un ruolo preciso, noi rimaniamo sorpresi. Non è paradossale? A volte mi dà da pensare, come se imparassimo tutto ciò che impariamo per uno scopo che ci è oscuro, oppure vediamo nel futuro e nel passato lontano quegli squarci di vita senza riuscire mai ad accettare subito, per sicurezza, che possiamo affidarci a queste visioni, ma sentiamo comunque il bisogno di farlo. E poi, quando abbiamo il potere di mettere in pratica ciò che abbiamo imparato e scopriamo che funziona, allora ci meravigliamo. Dopo tutti questi anni non mi dovrei sentire così sorpreso in fondo di ciò che capita usando la magia, eppure mi sorprendo, come se una scettica parte di me dovesse essere sempre soddisfatta con delle prove aggiuntive, senza mai potersi affidare ad una situazione ed essere certi di ciò che sarà.
Arrivai a dicembre 2012 con una grande consapevolezza dentro e affrontai Yule con coraggio e determinazione, deciso a vedere questo giro di boa per quello che era. Partecipai ad un rito incredibile con alcuni membri del Reef passati e presenti, come Luce, Proue, Bardo e Heiden e con amici cari, oltre al gruppo di studio. Al mio fianco c'era anche mio figlio. La nuova Era ci avrebbe visti insieme. Non c'era nessun altro posto dove avrei voluto essere se non a fianco a lui, alla donna che amo e alle persone speciali che fanno parte della mia vita. Ho sentito l'energia salire, lentamente ma sempre con più forza e dall'oscurità una luce si è messa a brillare, splendente, portandomi giù e poi di nuovo su. Andata e ritorno. E il cielo, in qualche modo, non ci è cascato sulla testa. Prima o poi cadrà, ma non oggi per Toutatis!
2013: Colonna sonora: 21 Hotel: "I'm the Ocean"
Cominciò così il 2013. A febbraio, dopo nove anni ho cambiato lavoro e sono tornato a dover scommettere su me stesso in modo diverso, cercando punti di vista differenti. Nell'insoddisfazione, parlando con un'amica mi sono sentito ricordare che il lavoro che faccio, per quanto poco stimolante, mi concede ampi spazi liberi di tempo per dedicarmi allo studio, a me stesso, al Reef. Quando mi ha detto questa cosa mi sono ricordato di quando Heiden mi disse che il mio lavoro non era quello che facevo per vivere, ma che io avevo altri compiti nella mia vita. E allora ho imparato ad essere più grato di ciò che ho.
A maggio il Reef contò un nuovo collaboratore: Joel, che si unì a noi per occuparsi delle rune. Venni contattato da una ragazza canadese che voleva farmi un'intervista per la sua tesi. E dopo un'estate spirituale e illuminante a questo sabba abbiamo finalmente una nuova astrologa: Airesis.
Sono invecchiato. Ho cominciato questa avventura che avevo venticinque anni e ora ne ho trentacinque. Questo sabato mi sono fatto fare la barba per la prima volta da un barbiere, per provare un'esperienza mistica mentre Morgan si leggeva un fumetto di Topolino; di ritorno al lavoro mi hanno detto che senza barba dimostro quindici anni di meno. Ma tanto ho deciso che, come quando compii ventisette anni, ne avrò trentacinque per un po'.
In questi dieci anni, ad ogni Oestara, durante il rito, ho sempre fatto un disegno sul vasetto dove seppellivo il mio seme caricato. Disegnavo una casa, e dentro due figure stilizzate: una piccola e una adulta. E queste figure si tenevano per mano. L'intento era dare una stabilità al mio piccolo, far sì che potesse sentirsi in pace, che potesse capire che anche se la vita cambia e non sempre ciò che capita coincide con ciò che desideriamo, possiamo avere motivi diversi per essere felici. Adesso, dopo tre anni che mi sono separato mi rendo conto che è sereno. Sul frigorifero c'è un foglio che mi ha regalato per il mio compleanno due anni fa, attaccato con una calamita. È stato scritto appena aveva imparato e dice: "Buon compeano pappa. Sono sempere aspetare ce sono con te. A una cosa buon compeano. Ti voglio bene. Morgan.".
Rimarrà lì finché non cambierò frigorifero, e poi semplicemente, lo sposterò su un altro frigorifero.
Se un giorno dovesse arrivare a casa e dire che è diventato troppo grande per vedere ancora quelle cose appese, allora lo toglierò e lo infilerò tra le cose più preziose che ho, insieme alle lettere, alle poesie, i disegni che le persone mi hanno regalato. Ma fino a quel momento, non lo toglierò. Mi aiuta a ricordare che non importa quanto lottiamo per cercare di essere speciali per noi stessi e per qualcuno, a volte basta cercare solo di saper essere noi stessi per essere speciali per qualcuno. E sapete, è stata proprio questa esperienza decennale che mi ha portato questo insegnamento. Una volta, semplicemente, credevo che internet fosse davvero un'illusione, ma poi ho visto che se semini affetto e amicizia nel cuore delle persone, è affetto e amicizia che crescono e che raccogli. Un membro del gruppo di studio una volta mi disse citando "The End" dei Beatles: "And in the end, the love you take, is equal to the love you make", ossia "E alla fine, l'amore che prendi è tanto quanto l'amore che dai". E se è vero, ragazzi. Anche se lo fai via mail, via chat, via telefono. Non importa. In un modo o nell'altro ho conosciuto quasi tutti i miei collaboratori, presenti e passati, e non li considero più collaboratori da tanto di quel tempo che posso sentirmi in pace ad usare la parola "amici" nel vero senso per il quale è stata coniata e non solo come conteggio di contatti di un social network.
È difficile, ora, tornare a pensare a ciò che ero dieci anni fa; mi sembrano momenti così lontani nel tempo. Ma posso dire che ci sono state più guarigioni che morti, più trasformazioni che allontanamenti. Molte delle persone che hanno fatto parte dello staff del Reef sono andate via, ma altre sono entrate e in qualche modo le cose sono andate sempre per il meglio.
Qualche tempo fa, come raccontavo in una mail, mentre mi trovavo in un sushi-bar per pausa pranzo ho sentito delle ragazze che parlavano dell'aggiornamento del Reef che sarebbe andato su da lì a poco e, incuriosito mi sono messo ad origliare. Lo so che non è molto educato ma parlavano di me, dopotutto, e non mi è parso così terribile ascoltare cosa dicessero. Quando ne abbiamo parlato in mailing list ne è uscita una discussione che è vertita in particolar modo su ciò che gli dei vogliono che si faccia, cosa pretendono da noi e come dovremmo esaudire le loro richieste. Ognuno la pensa a proprio modo, come è giusto, ma io in questo mi sono sentito e mi sento ancora assolutamente pulito. Ho fatto sempre tutto ciò che era in mio potere e non mi sento di avere nulla da rimproverarmi per quanto riguarda il Reef e anche per quanto riguarda gli dei. Per quanto riguarda la mia vita, beh, questo è un discorso a parte. Ma spero che la dea mi conceda qualche tempo per rimediare.
Dieci anni.
Cazzo se sono volati.
Dieci anni, cazzo. Lo direste?