The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

La Riflessione sugli Elementi - Acqua

ACQUA

Cos'è l'acqua?
A livello chimico l'acqua è un fluido di molecole composte da tre atomi: due di idrogeno ed uno di ossigeno. È essenziale per tutte le forme di vita che abitano questo pianeta, a qualunque specie esse appartengano.
Ma l'acqua come elemento non è solo questo. L'acqua è la vita da cui giungiamo. L'acqua è la genitrice principale di ogni cosa. Secondo le teorie evoluzionistiche di Darwin (e come ci è stato dimostrato) dopo millenni a germinare nelle fredde profondità oceaniche, alcune creatre si sono avventurate fuori dagli oceani per colonizzare la terra. Fino a quel remoto momento, hanno vissuto e germinato nel mare. L'acqua è stato così il brodo primordiale in cui la vita sulla terra ha avuto inizio e si è evoluta, fino a ciò che siamo ora. Nel mare le creature primeve vivevano, si riproducevano e morivano, completando il ciclo vitale della loro esistenza tra le acque. La vera culla della vita, quindi, sono gli oceani. Osserviamo quindi la semplicità dell'origine acquatica anche nella vita dei mammiferi.
Sopra tutti gli altri mammniferi, soprattutto gli ominidi, l'essere umano è quello che presenta i più curiosi e straordinari punti di connessione con l'acqua. Il record umano di apnea è di diciotto minuti. Superato solo da foche, delfini e balene, ma imbattuto da qualsiasi altro mammifero terrestre. Al contrario dei primati, con cui è imparentato, l'essere umano non ha alcun pelo sul corpo, il che lo rende perfetto per il nuoto, inoltre ha un principio di palmatura delle dita alla base delle falangi che, di fatto, le scimmie non hanno. Ma soprattutto, le narici degli esseri umano sono poste orizzontalmente, al contrario di quelle verticali che vediamo ad esempio negli scimpanzé. Questo permette ad un essere umano di avere una sacca di ossigeno nel naso. Un bambino, appena nato, se messo nell'acqua è capace di trattenere il respiro e di nuotare. Un cucciolo di scimpanzé muore affogato in pochissimo tempo. L'essere umano è provvisto di uno spesso strato di grasso sottocutaneo la cui funziona sarebbe inspiegabile se non fosse del tutto simile a quella che troviamo negli altri mammiferi che vivono spesso nell'acqua, come ad esempio gli orsi polari. I polpastrelli degli esseri umani, se immersi nell'acqua per un lungo periodo si ingrinziscono; questo permette una presa salda anche nell'acqua. Le orecchie umane sono perfettamente adatte ad essere completamente inondate d'acqua senza compromettere l'udito. Tutto questo fa pensare che gli esseri umani conservino, nella stessa anatomia, un profondo legame con l'acqua.
In ciclico ripetersi, nel buio ventre di nostra madre, noi esseri umani (quindi mammniferi) respiriamo liquido amniotico, che è composto per il 97% di acqua, ma contiene una percentuale variabile di proteine, zuccheri, urea e sali minerali. Veniamo quindi cullati nell'acqua sin da quando siamo solo embrioni. Senza quel fluido noi non saremmo. Questo fluido ci dà la possibilità di sopravvivere, ci protegge, ci avvolge fino alla nascita. Nell'acqua noi passiamo i primi mesi della nostra esistenza e immersi dentro l'acqua si svolgono i primi stadi della nostra evoluzione umana: da una cellula staminale a due, a quattro, a otto, a sedici, a trentadue, a sessantaquattro. Tutto questo avviene nell'oscurità umida del liquido amniotico (fig 19). I suoni, il battito cardiaco, tutto arriva attutito alle nostre orecchie, quando cominciano a funzionare. Suoni che ci parlano di un mondo asciutto, luminoso, che non conosciamo ancora, e che presto diventerà la nostra unica casa, dovendo abbandonare per sempre la dimora che ci ha ospitati per nove mesi. L'acqua diventa nascita quando il momento per il parto giunge e la sacca placentare si lacera. Ed è il primo passo iniziatico della nostra vita: dall'oscurità alla luce. Il cordone ombelicale che ci lega a nostra madre viene reciso, e con lui viene tagliato anche il legame fisico che abbiamo nei confronti di un altro essere umano che ci ha ospitati dentro di sé. Ecco che l'acqua è quindi nascita, crescita e oscurità. L'oscurità in cui siamo immersi e che non è niente di negativo, ma solo assenza di luce. Un'oscurità che è una placenta che ci avvolge e che ci farebbe soffocare se non vissuta nel periodo corretto della propria vita. È l'oscurità del mistero della vita, che nasce dal buio e ritorna al buio. Ma è anche l'oscurità della profondità degli abissi insondabili del mare, dove la luce non arriva mai e dove si nascondono creature mostruose che vivono la loro vita nel buio più assoluto, dove la pressione dell'acqua è immensa. E negli abissi più bui e angoscianti niente può sopravvivere e le navi che sono sprofondate vengono consumate dalla salinità dell'acqua e l'equipaggio diviene parte degli oceani.
Il mare quindi rapisce e non rende più. Il mare fagocita navi e marinai dentro di sé e li tiene stretti nel denso abbraccio dei suoi freddi abissi. Il mare conserva dentro di sè la paura della non-conoscenza, il terrore della sua imprevedibilità, delle misteriose creature che lo abitano, delle città che si narra siano sprofondate senza lasciare traccia. E il mare tiene le sue conoscenze strette a sé e non le concede con facilità. La sua gelosia è leggendaria. Quindi l'acqua è conoscenza. La conoscenza e la saggezza di chi è stato testimone, come gemello riflesso del cielo, di tutto ciò che ha solcato le sue acque, dei desideri affidati, dei crimini consumati, dei cadaveri gonfi e pallidi degli affogati. Come le tre sirene che tentarono Odisseo con il loro canto, a cui lui resistette perché legato all'albero maestro, non promisero favori carnali, bensè "conoscenza", segreti misteriosi (fig 20). Esattamente quello che concede il mare, quando rende. Ma non solo il mare, anche i laghi. Come il Ness, il lago scozzese che ha dato nome alla famigerata creatura che molti sostenevano abitasse le sue buie acque. In molti l'hanno vista, fotografata... ma in ultimo si è rivelato essere un mistero senza via di uscita. Il mostro era una truffa.
L'acqua è mistero e conoscenza anche per via del riflesso, dell'effetto specchio dei mari e dei laghi. Il loro colore ci appare blu perchè riflette il colore cielo. Proprio come lo specchio l'acqua è la porta per un'altra dimensione. Alice nel famoso seguito del fortunato romanzo di Lewis Carroll: "Alice in Wonderland" (fig 21) attraversava uno specchio per recarsi di nuovo nel suo mondo fatato. Il riflesso, in qualsiasi modo avvenga, ha sempre affascinato chiunque perchè in effetti è un fenomeno misterioso. La peculiare superstizione che rompere uno specchio porti sfortuna deriva proprio dal fatto che si temeva che lo specchio avesse la capacità di "catturare" l'anima.
Inoltre lo specchio, come l'acqua, è strettamente collegato alla divinazione. Le sacerdotesse di Avalon si affacciavano nel "pozzo del calice" per divinare, ma l'idromanzia è ancora adesso un'arte praticata con il calderone. Significativo è anche lo strumento divinatorio dello specchio nero, che veniva utilizzato specialmente nel sedicesimo secolo. Lo troviamo anche nelle favole: Grimilde, ad esempio, la perfida matrigna della favola di Biancaneve, interrogava uno specchio per conoscere gli avvenimenti del suo reame.
Ma il riflesso rimane un inganno, una finzione, e dietro la finzione del riflesso, si cela l'attrazione del pericolo, come vediamo nel mito di Narciso (fig 22), narrato da Ovidio nelle "Metamorfosi". Figlio di Cefiso, una divinità dei fiumi e della ninfa Liriope, Narciso era un fanciullo di bellezza estrema. Alla nascita, la veggente Tiresia gli rivelò una triste profezia che gli preannunciava una lunga vita patto che non conoscesse mai se stesso. Gli innamorati e le innamorate di Narciso rimasero tutti delusi, dato che il vanesio giovane era troppo attaccato alla propria immagine. La ninfa Eco (maledetta da Era a non poter parlare se non per ripetere ciò che qualcuno aveva già detto perché la distraeva per permettere alle concubine di Zeus di nascondersi al suo ingiungere), rimase affascinata dal giovane, ma venne respinta malamente. La sua disperazione fu talmente grande che continuò a lamentarsi ripetendo le ultime parole di Narciso. Il gesto che lo condannò fu quando inviò in regalo una spada ad Aminio, il suo più grande spasimante e questi si uccise invocando la vendetta agli dei. Artemide, raccogliendo quella richiesta, fece innamorare Narciso della sua stessa immagine riflessa in una fonte cristallina nei pressi di Donacone. E così rimase per sempre al capezzale del suo riflesso senza poter elargire e godere dell'amore che provava, fino al punto che dilaniato dal dolore del non poter avere, si trafisse e dal suo sangue nacque il fiore che ne porta ancora oggi il nome. Secondo il mito, quando si trovò a dover attraversare lo Stige per giungere nel mondo degli inferi, Narciso si specchiò ancora nelle acque, ma l'oscurità e la torbidità del fiume non gli permise di vedere la sua immagine riflessa e questo lo rese felice, in quanto ciò significava che il fanciullo di cui era innamorato non l'aveva seguito nell'oscurità dell'Oltretomba.
Vediamo qui come l'acqua è collegata alla morte. I fiumi dell'inferno, ad esempio. Nelle opere di Omero, Virgilio, Ovidio, Platone, Stanzio e Dante vengono citati tutti e cinque: Acheronte, Cocito, Piriflegetonte, Lete e Stige. Ancora una volta l'acqua diventa il "confine" che divide due mondi. Infatti Caronte, il traghettatore degli inferi, si recava da una parte all'altra del fiume Acheronte per portare le anime dei morti nel regno di Ade e Persefone. Una via a senso unico che solo pochi hanno avuto l'ardire di ripercorrere a ritroso. Il primo a parlarne fu Virgilio nell'Eneide, quando nel canto IV descrive i regni d'oltretomba. Ma anche Dante lo attraversa durante il suo viaggio nella Divina Commedia (fig 23).
Il Piriflegetonte, o semplicemente noto come Flegetonte viene invece nominato da Ovidio nelle Metamorfosi, nell'episodio in cui Ascalafo viene asperso dalle sue acque dopo che aveva rivelato di aver visto Persefone rompere il giuramento fatto ad Ade, che le aveva concesso il ritorno al mondo di superficie purché non mangiasse nulla. Denunciando la mancanza della dea, che mangiò i famosi tre chicchi di melograno, la relegò per sempre al regno dei morti e fece infuriare Demetra, che lo tramutò in un rapace notturno.
Secondo Stanzio, nella sua Tebaide, il Flegetonte era il fiume che derivava dalle lacrime di due divinità e che aiutavano Minosse nel giudizio delle anime dei trapassati. Secondo Dante, invece, il fiume derivava dalle lacrime versate della statua stessa di Minosse.
Anche il Cocito era un fiume di cui parla Stanzio, e per attraversarlo, le anime dei morti dovevano pagare un obolo al traghettatore. Pena il rimanere a vagare a metà tra i due mondi. Una tradizione che si rivede spesso. Era infatti usanza antica seppellire dei cadaveri con dei soldi posati sugli occhi o nelle mani affinché nel loro viaggio avessero dei soldi con cui pagare il pegno al traghettatore. Le prime scoperte a riguardo risalgono al V secolo A.C.
L'attraversamento dell'acqua quindi porta alla morte, ma per alcuni porta all'iniziazione. Un'iniziazione che vediamo nel ciclo Arturiano. Attraversare un lago era l'unico metodo sicuro per raggiungere l'isola di Avalon, costantemente avvolta dalle impenetrabili nebbie. Solo i traghettatori del popolo della paludi consentivano alle sacerdotesse il passaggio. Ma l'iniziazione è legata anche alla Dama del Lago, Viviana, per alcune tradizioni madre e per altre allevatrice di Lancillotto del Lago. Colei che donò la magica spada Excalibur al leggendario Re Artù. Alcuni la ricollegano a Teti, moglie di Peleo e madre di Achille, che gli donò un'armatura e uno scudo forgiati dal dio zoppo Efesto, esattamente come Viviana donò un anello protettivo a Lancillotto. E l'iniziazione dell'acqua è visibile proprio quando Teti immerge Achille nello Stige tenendolo per un tallone (fig 24), ma anche, per rivedere un messaggio più vicino a noi, quando lo stesso Harry Potter, alla fine del sesto libro della fortunata serie, in compagnia di Albus Silente, attraversa il lago dei morti affogati per raggiungere l'isola dove dovrebbe trovarsi l'horcrux, nascosto da Voldemort.
L'acqua è iniziazione anche nel rito del battesimo cristiano ed è legata quindi alla rinascita. Nel vangelo di Giovanni, quando Gesè Cristo viene trafitto dalla lancia del legionario, è acqua mista a sangue quella che fuoriesce dal costato. Quella stessa acqua e quello stesso sangue prendono così il significato dei sacramenti cristiani. L'acqua diventa per il cristianesimo simbolo dello spirito santo. Come scrisse Ezechiele: 'Mi condusse poi all'ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell'acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell'altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all'esterno fino alla porta esterna che guarda a oriente, e vidi che l'acqua scaturiva dal lato destro. Quell'uomo avanzò verso oriente e con una cordicella in mano misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare quell'acqua: mi giungeva alla caviglia. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare quell'acqua: mi giungeva al ginocchio. Misurò; altri mille cubiti, poi mi fece attraversare l'acqua: mi giungeva ai fianchi. Ne misurò altri mille: era un fiume che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute, erano acque navigabili, un fiume da non potersi passare a guado. Allora egli mi disse: - Hai visto, figlio dell'uomo? -. Poi mi fece ritornare sulla sponda del fiume; voltandomi, vidi che sulla sponda del fiume vi era un grandissima quantità di alberi da una parte e dall'altra. Mi disse: - Queste acque escono di nuovo nella regione orientale, scendono nell'Araba ed entrano nel mare: sboccate in mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle sue rive vi saranno pescatori: da Engàddi a En-Eglàim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mar Mediterraneo. però le sue paludi e le sue lagune non saranno risanate: saranno abbandonate al sale. Lungo il fiume, su una riva e sull'altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui fronde non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina' (Ez. 47,2 seg.)..
L'acqua e il sangue sono legati nel cristianesimo, ma sono legati anche nella nostra vita. Il sangue è il portatore di ossigeno e la nostra stessa vita; senza moriremmo. L'acqua è stata il veicolo per l'ossigeno quando eravamo ancora solo abbozzi di esseri umani attaccati alla placenta. L'acqua è stata anche definita "il sangue della terra", in quanto senza acqua niente potrebbe esistere. E il sangue è legato a doppio nodo all'iniziazione. L'ingresso per la donna nell'età adulta avviene tramite il sangue. La prima mestruazione segna l'inizio del lungo periodo ovulativo e germinativo di distruzione/ricostruzione delle pareti dell'utero femminile per prepararsi ad una possibile gravidanza. Un'iniziazione che richiede quindi un sacrificio di rinascita e trasformazione nel qualcosa che scorre via attraverso la vulva.
L'iniziazione del cristianesimo si lega anche alla benedizione. Viene infatti usata l'acqua per benedire, e questo fatto è legato soprattutto all'atto di "lavare via" i peccati. L'acqua è infatti da sempre il più antico solvente utilizzato per lavare e per lavarsi. Per alcune tradizioni le abluzioni con l'acqua sacra guarirebbero dai mali, ad esempio, come nella tradizione di Litha dell'acqua della fate (nota nel cristianesimo come Acqua di S. Giovanni o Acqua dell'Ascensione). Questa antica tradizione, (di cui abbiamo parlato in un articolo a sé stante) prevede la raccolta della rugiada mattutina mediante peculiari sistemi o dell'uso dell'acqua di fiume o di pozzo in cui sono stati a bagno per tutta la notte del solstizio dei fiori e delle erbe aromatiche di stagione. La peculiare posizione astrologica e astronomica del solstizio insieme con i fiori carica l'acqua di energia positiva. Lavarsi quindi al mattino con quest'acqua permetterebbe di proteggersi da raffreddori, influenza e altri malanni per tutto l'anno. Qui l'acqua prende anche l'aspetto di guarigione. E obbiettivamente ci sono tipi di acqua di fonte che contengono al loro interno naturalmente sali minerali o sostanze alcaline, solfatiche, meteoriche, carboniche, a seconda delle pietre con cui vengono in contatto nel loro scorrere attraverso la terra prima di uscire allo scoperto. Queste acque si è scoperto essere spesso utili alla circolazione, alla purificazione dell'organismo e alla cura dei reumatismi. Ma la guarigione dell'acqua deriva con più probabilità dalla peculiarità dell'acqua marina, che essendo altamente salina, purifica e ripulisce dalle ferite oltre che favorire la cicatrizzazione.
Varanasi, considerata la città santa degli Indù, è bagnata dal fiume sacro Gange (fig 25). Del Gange si parla nel Rig-Veda, un antico testo sacro induista, e i fedeli ritengono che si tratti di una dea Devi nota appunto come Ganga. Secondo la tradizione Indù, l'immersione nel fiume Gange guarisce dai mali e lava via i peccati, favorendo la salvezza; si ritiene inoltre che bere l'acqua del fiume sacro permetterà all'anima, nel trapasso, di assurgere al cielo. Nella mitologia Indù si ritiene che l'acqua del Gange porti con sé la benedizione dei piedi di Vishnu, il dio dalle quattro braccia noto, tra le altre cose, come "il preservatore". Ecco che qui l'acqua purifica e lava via i peccati. Un po' come l'uso che si fa l'acqua santa per i cattolici. Anche qui, abbiamo inoltre un fiume che lega alla morte, dato che è tradizione degli indiani gettare le ceneri dei morti nel Gange, o addirittura immergervi i corpi in modo che il fiume sacro ne lavi via e ne purifichi l'anima. E di purificazione parla anche Dante nel "Purgatorio", riferendosi al Lete, il quinto fiume dell'inferno. Lui sosteneva che avesse origine nel paradiso terreste e che permettesse alle anime di lavare via i peccati prima di poter salire ai cancelli del paradiso. In questo caso il Lete è anche legato alla reincarnazione. Nel Libro X della Repubblica di Platone si raccomanda agli iniziati dei misteri orfici di non bere l'acqua di questo fiume, poiché li consegnerebbe all'oblio, impedendo di assurgere ad un nuovo stadio di saggezza spirituale (che è poi il motivo per cui si consegue alla reincarnazione). Nell'Eneide di Virgilio, nel Libro VI, invece le anime vi si tuffavano per trovare la via alla reincarnazione.
Ma l'attraversamento dell'acqua talvolta è visto come protezione. Si sostiene infatti che i vampiri, in questo caso non morti, non possano attraversare l'acqua corrente. Questa tradizione probabilmente deriva proprio dal legame che ha l'acqua con il confine tra i mondi. Oppure si sostiene, secondo la magia naturale, che mettere un corso d'acqua tra noi e un possibile pericolo, ci preservi dall'essere colpiti. Questo perché l'acqua avrebbe la capacità di "annullare" la negatività.
La barca, la navigazione e l'acqua è legata al passaggio alla morte anche nella mitologia norrena. L'antico rito funerario normanno avveniva su una barca, un drakkar. Venne descritto nella cronaca del 922 dc tenuta dal diplomatico arabo Ahmad ibn Faḍlān ibn Al-Abbās ibn Rashīd ibn Hammād. Il Re defunto veniva avvolto in bende e posato sulla barca di legno. La sua concubina avrebbe viaggiato con lui. La nave veniva incendiata e lasciata andare alla deriva. La cronaca parla anche di una preghiera di immensa forza recitata dai valorosi normanni: "Ecco là io vedo mio padre. Ecco là io vedo mia madre e le mie sorelle e i miei fratelli. Ecco là io vedo tutti i miei parenti defunti, dal principio alla fine. Ecco ora chiamano me, mi invitano a prendere posto tra di loro nelle sale del Valhalla dove l'impavido può vivere per sempre.".
Ma c'è una figura peculiare che vale la pena ricordare e che è legata al traghettatore, alla morte e al mare. È il famoso pirata Davy Jones, il capitano dell'Olandese Volante e antagonista del personaggio interpretato da Johnny Depp nella fortunata trilogia dei Pirati dei Caraibi. L'Olandese Volante è in effetti una nave fantasma. La leggenda narra che il suo arrogante e superbo capitano, Bernard Fokke, avesse giurato sulla sua anima di doppiare il Capo di Buona Speranza nel bel mezzo di una tremenda tempesta, anche a costo di navigare per sempre. A quanto si sa, la nave, che faceva rotta tra l'Olanda e l'Indonesia, affondò con tutto l'equipaggio durante quella stessa tempesta e in molti testimoni, nel corso del tempo, giurarono di averla avvistata navigare. Nel film della Disney vediamo Davy Jones come non morto traghettatore di anime, amante della Dea Calypso e incaricato da lei per questo compito con la promessa che una volta ogni dieci anni potrà sbarcare sulla terra per vedere la sua amata. Al primo appuntamento, la dea manca all'appello e così lui abbandona il compito, si strappa il cuore dal petto, lo rinchiude in un forziere sepolto su un isola e con l'ordine dei pirati nobili imprigiona Calypso in forma umana. Nonostante ciò la dea lo maledice alla non morte insieme al suo equipaggio. Ma Davy Jones non è un personaggio inventato dallo sceneggiatore. Nelle leggende marinaresche, si tratterebbe di una creatura diabolica, associata ai morti annegati. Lo scrigno di Davy Jones infatti sarebbe una sorta di eufemismo per riferirsi alla "tomba in fondo al mare" che attende gli annegati.
Anche in Egitto c'era il legame dell'acqua e della barca con la morte. Nel 1954, durante gli scavi nei pressi della piramide di Cheope, furono rinvenute cinque grandi strutture che dovevano contenere le cosiddette "barche solari" (fig 26), ossia le imbarcazioni funerarie con cui il corpo del faraone defunto era stato trasportato da una sponda all'altra del Nilo. Nella credenza egizia, l'anima del faraone, accompagnato dal dio RA, utilizzava questa barca per raggiungere il regno dei morti. Questo era un viaggio che RA compiva pressoché ogni giorno attraverso i due mondi e che era noto come "il viaggio del giorno e della notte". E si noti che anche il corpo di Osiride, secondo il mito, sarebbe andato alla deriva nel suo sarcofago prima che Iside lo trovasse incagliato tra i giunchi.
Il Nilo, in aggiunta, era ritenuto un fiume sacro e, insieme al Tigri e l'Eufrate, come tutti sapranno, è uno dei più grandi dispensatori di nutrimento che la storia abbia mai conosciuto. La vita nasce intorno all'acqua e il Nilo, benedizione d'Egitto, ne era la dimostrazione. Le piene del fiume infatti, portavano distruzione, morte, ma lasciavano dietro di sé, ritirandosi, il limo: una sostanza di origine argillosa che fertilizzava i campi e che permetteva la coltivazione. Il fiume era quindi l'unica ragione di vita per una popolazione che viveva in un luogo desertico e le sue acque erano definite sacre. Al fiume venivano dispensati sacrifici nella speranza che la piena annuale fosse abbondante e che permettesse un raccolto adeguato al fabbisogno della popolazione. E oltre a questo permetteva una pesca abbondante, dava il fango per costruire le case, per la cementificazione degli edifici. Il Nilo ha permesso e addotto l'istituzione di una civiltà tra le più progredite dell'epoca. Ha "nutrito e allevato" un popolo per millenni. Un detto egizio dell'antichità dice: "Chi si abbevera una volta delle acque del Nilo non placherà mai più l'arsura della sua sete in nessun altro luogo". Questo peculiare attaccamento all'acqua lo troviamo in molte popolazioni che sono nate nei pressi dell'acqua, dei mari e degli oceani e che hanno vissuto i primi anni della loro vita sulla costa. Rimangono legati al mare in un modo che è incomprensibile per chi è nato e vissuto da altre parti.
Il nutrimento riferito all'acqua è anche di origine simbolica. Nei primi mesi di vita, privi di dentazione, possiamo assumere solo liquidi, e l'acqua è la sostanza principale di cui è composto il latte materno. Senza quel fluido fondamentale e altamente nutriente secreto dalle ghiandole mammarie, nessuno di noi avrebbe avuto modo di sopravvivere. Una rappresentazione che troviamo anche nella fontana della Dea Natura a Villa D'Este a Tivoli (fig 27); una donna dai più seni, in questo caso Diana di Efeso, dalle cui mammelle fuoriescono diversi fiotti d'acqua.
C'è inoltre da considerare il fatto che l'uomo, non solo emerge dalle acque, ma nei primi momenti di vita, nello stato prenatale in cui non è ancora un feto, ma solo un abbozzo di essere vivente, è del tutto simile ad un pesce. Da recenti studi sono stati messi a confronto primati ed esseri umani trovando in entrambe alcune caratteristiche nettamente differenti che fanno riflettere molto sul legame che ha l'uomo con l'acqua. Non escludendo la nostra parentela con le scimmie, c'è però da notare come la nostra origine possa, in realtà essere acquatica. In primis la capacità di un essere umano di camminare ritto sui piedi riconduce al bisogno di rimanere al di fuori dal pelo dell'acqua e basare la sua dieta su molluschi e piccoli crostacei che popolano scogli e bassi fondali; capacità che si distingue anche nel fatto che un bambino, appena nato, istintivamente nuota e trattiene il fiato, mentre un cucciolo di scimpanzé affogherebbe. Inoltre il corpo umano ha la peculiarità di poter rimanere in apnea per quasi un minuto normalmente, mentre il record di apnea mondiale è, attualmente, di oltre 22 minuti una capacità seconda solamente ai capodogli che possono restare senza respirare per circa un'ora. Il corpo umano, al contrario dei primati, ha un naso con narici verticali, che gli permette, quindi, di trattenere una sacca d'aria nelle cavità nasali ed inoltre generalmente glabro, il che denota ancora una chiara connotazione con l'acqua. Il grasso sottocutaneo di un essere umano è molto più spesso e del tutto simile a quello che hanno altri mammiferi marini e che servirebbe a proteggerlo dal freddo degli oceani. L'essere umano ha anche delle dita palmate, cosa che i primati non hanno. I piccoli lembi di pelle tra le dita delle mani facilitano moltissimo il movimento dei fluidi. In ultima analisi l'apparato digestivo degli esseri umani, oltre che il suo fabbisogno nutritivo sembra basato appositamente per una dieta a base ittica, ricca di fosforo e di proteine che favoriscono una vita sana ed equilibrata.

Fig 19 -
Amnios

Fig 21 - Attraverso
lo Specchio

Fig 22 -
Eco e Narciso

Fig 23 - Caronte - Gustav Doré
la Divina Commedia



Fig 24 - Teti immerge
Achille nello Stige,
Rubens, Museum di
Rotterdam

Fig 25 -
Immersione nel Gange



Fig 26 -
Barca Solare di Cheope



Fig 27 -
Statua di Diana
Villa D'este,
Tivoli

Fig 20 - Herber James
- Ulisse e le Sirene