The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

La Riflessione sugli Elementi - Fuoco

FUOCO

Cos'è il fuoco?
In termini fisici il fuoco è una manifestazione. L'evento chiamato fuoco è dovuto ad una causa principale chiamata comunemente combustione e che prevede, per verificarsi, il rispettare di alcune regole fondamentali e della presenza di alcuni elementi: un combustibile di origine varia (fossile, liquida o gassosa) che sottoposto ad una quantità adeguata di calore, produce un fenomeno di ossidazione esotermica dei gas che vengono rilasciati e che creano un'autoalimentata manifestazione di origine gassosa chiamata "fiamma". La fiamma stessa è una forma di energia allo stato puro alimentata da scariche di energia termica causate dalla combustione del carburante su cui e grazie a cui, il fuoco si autoalimenta e si manifesta, sommato alla presenza in forma gassosa di ossigeno. Senza combustibile il fuoco si estingue. Possiamo prendere una tanica di benzina e gettarla a terra, darle fuoco e si accenderà, ma se lo facciamo in una camera da cui tutta l'aria è stata eliminata, il fuoco si spegnerà immediatamente.
Detto questo, sappiamo bene che il fuoco non è solo questa manifestazione a noi nota.
Come fuoco, noi intendiamo la manifestazione di cui sopra. Ma in realtà è pressoché come definire terra del terriccio e non una pietra. Il fuoco è l'energia pura della distruzione e della trasformazione, ma sopra ogni altra cosa è la luce e il calore.
Come prima cosa valutiamo il fatto che il fuoco è stato una delle conquiste dell'umanità, pertanto assume il mitico concetto di "cerca". Prima della "scoperta" del fuoco, che noi siamo abituati ad avere sotto controllo, il mondo era buio e freddo. E la "cerca" del fuoco, avvenuta centinaia di migliaia di anni fa, non garantiva la sua gestione. Il fuoco ha quindi passato quattro fasi distinte: scoperta, trasporto, conservazione, e produzione. Consideriamo che la "scoperta" del fuoco, come cerca, non è associabile alla sua manifestazione. È accertato che l'uomo l'abbia visto manifestarsi in natura più volte (fulmini che colpivano alberi sono le cause più facili); la scoperta avvenne nel momento in cui, non si sa quando, si ipotizza che il primo uomo abbia sollevato un ramo incendiato o assaggiato la carne di un animale ucciso dal fuoco. In quel momento, se vogliamo, per via intuitiva, l'uomo ha "scoperto" il fuoco, comprendendo che poteva divenire uno strumento nelle sue mani. Si parla di Homo erectus, quindi quasi un milione di anni fa, ma questa "scoperta" potrebbe essere ancora antecedente, in quanto ci è possibile datare solo in base ai ritrovamenti antichissimi che sono stati fatti solo in tempi recentissimi. Abbiamo quindi un principio di "scoperta" e "cerca" sul fuoco, ma soprattutto di mantenimento e conservazione del fuoco, il che non è poco. In seguito, nell'eventualità pressoché certa di spegnimento (pioggia, mancata combustione ecc.) la possibilità di ricreare il fuoco, di riprodurre questo evento meraviglioso. Ovvio che tra ogni passo di quelli specificati dobbiamo contare una manciata di migliaia di anni, ma una volta ottenuto il potere, l'uomo ha scoperto un alleato vero e proprio.
La scoperta del fuoco, il suo mantenimento e il suo trasporto esercita un grande fascino su di noi. Consideriamo ad esempio la sacra fiamma olimpica. Sin dall'antichità, quando i Giochi Olimpici si tenevano nella loro capitale: Olimpia, in Magna Grecia, il fuoco che bruciava perenne sull'altare del tempio di Estia veniva portato anche nel tempio di Zeus, cui erano dedicati i giochi stessi. In seguito, ossia nel 1928, l'architetto fiammingo Jan Wils, durante la progettazione del nuovo stadio olimpico decise di riprendere quella vecchia usanza e il 28 luglio dello stesso anno venne acceso il primo fuoco olimpico nella Torre di Maratona. Ma fu Carl Diem, scienziato sportivo tedesco ad ideare la staffetta con la fiaccola che, partendo da Olimpia, attraversava tutto il mondo. Era il 1936. Una tradizione, quella dei tedofori, che, non è mai mutata finora.
Nei templi di Vesta, dea del fuoco romana, le sacerdotesse, dette appunto vestali (fig 10), avevano il compito di mantenere viva la fiamma della Dea giorno e notte, impedendo che si estinguesse. Vesta, nella mitologia greca nota come Estia, figlia di Saturno e di Opi, era la dea cui ci si rivolgeva per i sacrifici; le sue sacerdotesse erano quelle che dovevano svolgerli. Spesso cospargevano il corpo del sacrificando con una sostanza a base di farina tostata e sale nota come mola salsa prima di ucciderli, dal quale deriverebbe il termine "immolare", riferito al sacrificio al fuoco. Il fuoco di Vesta venne estinto su ordine di Teodosio mediante il suo editto che proibiva i culti pagani il giorno 24 febbraio del 391.
Vediamo qui come il fuoco diventa simbolo divino e di vita. Il calore che esso sprigiona infatti contrasta la fredda rigidità della morte, scioglie le membra ma soprattutto, come abbiamo visto all'inizio, il fuoco è luce. In un mondo oscuro e freddo, ecco che lui arriva e porta con sé calore e splendore; luminosità. Il fuoco è stato da sempre il primo vagito dell'uomo per uscire dalle tenebre, sia fisiche che psico-sociali. Prima della sua scoperta non era possibile disciogliere i metalli, forgiare degli utensili, cucinare i cibi, scaldarsi, tenere lontani gli animali feroci. Il fuoco ha innalzato l'uomo come creatura dominante nel mondo.
Fu proprio secondo questa visione che nacque il mito greco di Prometeo (fig 11). Egli, titano figlio di Giapeto e Climene, ma schieratosi con Zeus durante la famosa guerra che lo vide vincitore, assiste alla nascita stessa di Atena dal cranio del Dio degli Dei, e da lei riceve in dono alcune virtù da donare agli uomini. Al contrario del fratello Epimeteo (dal greco antico: Epimethéus, che significa "colui che riflette dopo"), che si dimenticò degli uomini donando le buone qualità ricevute dagli altri dei solo agli animali, Prometeo (Promethéus: "colui che riflette prima"), rubò uno scrigno ad Atena che conteneva al suo interno "intelligenza" e "memoria", donandole così agli uomini per comparare gli atti del fratello. Inoltre in ultimo diede al fratello uno scrigno in cui aveva nascosto malattie, morte, fatica, follia, passione e vecchiaia chiedendogli di custodirlo gelosamente. Queste peculiarità avrebbero distrutto altrimenti l'umanità. Questo comportameno non compiacque Zeus, che meditava invece la distruzione del genere umano. Egli infatti temeva che le qualità offerte in dono dal titano avrebbero reso arroganti gli uomini.
Durante un banchetto Prometeo venne invocato dagli uomini che volevano un giudice per le spartizioni del toro sacrificale con gli dei. Al suo giudizio egli decise di suddividere così: le ossa e le viscere agli dei e la carne agli uomini. Nascose però la carne sotto la pelle del toro e cosparse le ossa invece con del grasso, affinché apparissero più appetitosi. Zeus, che si accorse dell'inganno, maledisse l'umanità permettendogli di mangiare la carne al costo dell'immortalità, da quel giorno riservata solo agli dei, ed inoltre tolse il fuoco agli uomini, relegandolo nuovamente al solo Monte Olimpo.
Prometeo, che era affezionato all'umanità in quanto suo creatore, si recò da Efesto di nascosto e rubò il fuoco dalla sua fucina per renderlo agli uomini, violando così un editto del Dio degli Dei, il quale, non appena lo venne a sapere decise di punirlo severamente. Fece costruire da Efesto una donna bellissima che gli dei ricoprirono di doni e la inviò da Epimeteo che però, ricordandosi delle parole del fratello di non accettare doni da Zeus, la rifiutò. A quel punto Zeus, doppiamente offeso dall'arroganza dei due, fece incatenare Prometeo ad una roccia della montagna più alta del Caucaso dove un'aquila per l'eternità gli avrebbe divorato il fegato, che sarebbe ricresciuto nottetempo. Il fratello, mortificato dalla colpa, decise di prendere in sposa la donna inviatale da Zeus, che portava nome Pandora. Non si rivelò infine una buona idea dato che in seguito, per pura curiosità la donna spalancò lo scrigno che Prometeo aveva lasciato in custodia a suo marito elargendo al mondo i mali cui ancora è afflitto.
Prometeo divenne quindi il simbolo del fuoco rubato agli dei. Ma il fuoco è un simbolismo che sta a significare ben altro: ossia conoscenza. Non per niente, se vogliamo, nella Genesi, Adamo ed Eva erano nudi e non se ne vergognavano. Fu solo dopo aver tastato il frutto del peccato originale, tentati dal serpente, che conobbero il loro stato e si coprirono. Ecco che anche qui ripercorriamo i termini dell'arroganza degli uomini che tendono ad avvicinarsi agli dei, rubando qualcosa che era stato sottratto o proibito. E questo, se vogliamo, è la conoscenza e l'accettazione della nostra natura, dei nostri bisogni, il beneficio del dubbio e il tentativo di comprendere il perché della nostra vita. Una conoscenza che ci è negata per difesa o per paura? 16 Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».(Genesi 2:16)
Sulla stessa scia ecco apparire quindi la setta degli Illuminati, che altro non erano se non un ordine segreto bavarese fondato da Johann Adam Weishaupt (fig 12) e alcuni suoi studenti con l'aiuto e il supporto del barone Adolf Knigge il 1 maggio 1776 con il preciso scopo di contrastare l'oscurantismo e l'ignoranza che la Chiesa Cattolica diffondeva. I due, iniziati alla massoneria (Knigge inizio nel '77 Weishaupt), avevano lo scopo primario di abolire i governi e delle religioni e portare così l"illuminazione, rischiarare la comprensione con il sole della ragione, che disperderà le nubi della superstizione e del pregiudizio". Durante gli anni molti altri entrarono a far parte dell'ordine, tra cui nomi illustri come Johann Wolfgang von Goethe e Johann Gottfried Herder.
Il fuoco diventa qui simbolo di luminosità, dunque, simbolo di evoluzione. Le cose sono strettamente legate. Senza il fuoco, come abbiamo visto, non ci sarebbe stato niente di tutto quello che noi abbiamo ora. L'aspetto legato a questo termine è di chiaro stampo maschile. Il fuoco infatti è un'energia di tipo proiettivo e non ricettivo, come può essere invece l'acqua o la terra. Il fuoco è il movimento che trasforma, il calore che infiamma la passione. Fuoco quindi come trasformazione. E infatti, ecco lo stesso serpente che nel libro della Genesi (3:1) diventa il portatore della conoscenza. 1 Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «è vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». 2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, 3 ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». 4 Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! 5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». 6 Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. 7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture..
8 Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 Ma il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». 10 Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».
11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?».
(Genesi 3:1).
Trovo curiosa l'analogia che sia proprio una creatura associata al fuoco a rappresentare lo stimolo alla conoscenza per gli abitatori del Giardino dell'Eden. Il serpente, infatti, simboleggia il fuoco per via della sua peculiarità a cambiare la pelle, a mutare, ma è anche simbolo di saggezza. Proprio come il nostro elemento, egli è il portatore della trasformazione. Una trasformazione che spesso è associata alla pura distruzione, se vogliamo. Per chi non ha la capacità di osservare e capire. Una foresta che brucia, certo... è distruttiva, ma la cenere delle braci è fertilizzante e, come ben ci insegna il postulato fondamentale di Lavoisier: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Il fuoco ne è l'esempio. Il carburante viene trasformato in qualcosa d'altro, in parte solido, in parte gassoso, ma pronto per essere riassilimato, ripensato e rivisto dalla natura e dalle energie.
Conoscenza e trasformazione. Due cose che sono strettamente legate se ben ci pensate, dato che La trasformazione del fuoco ha aspetti molto peculiari; mediante il calore da esso prodotto le cose possono cambiare, mentre con il freddo, suo opposto, la materia vivente tende a mantenersi inalterata nel tempo. Abbiamo quindi tre elementi importanti e relativi connotati: conoscenza/scoperta, trasformazione/evoluzione e luce/pensiero.
La trasformazione è un elemento molto interessante del fuoco, soprattutto associato alla distruzione. Come abbiamo visto, la cenere di un incendio fertilizza i campi. Molti giardinieri consigliano infatti di utilizzare le ceneri del legno come concime per la terra. In questo aspetto abbiamo un'analogia interessante con una creatura di origine mitica: la fenice (fig 13). Per eccellenza, la fenice è associata alla rinascita e al perdurare eterno in un ciclo vitale di distruzione e ricostruzione attraverso la formazione. Il mito della fenice pare risalga all'Antico Egitto, dove era nota come "Bennu". Il termine "fenice" è infatti di stampo greco: "Phoinix", che significa "albero solare". Si trattava di un uccello dal piumaggio meraviglioso che veniva rappresentato con la corona Atef (fig 14), la bianca corona di Osiride, simbolo dell'Alto Egitto; la sua origine è incerta e non si sa ancora se deriva da un uccello realmente esistente oppure no. Per gli egizi comunque rappresentava "BA", lo spirito di Ra. È probabile che si trattasse comunque dell'airone cinerino, del quale gli egizi festeggiavano il ritorno sul salice di Heliopolis. Questa associazione era chiaramente di tipo solare, dato che, come il sole, anche della fenice esisteva un solo esemplare di sesso maschile. Infatti, ogni cinquecento anni (come attesta anche Erodoto), quando sentiva giungere il momento, costruiva un nido ovoidale su una palma con rametti di vario tipo, tra cui incenso, mirto, mirra e sandalo e attendeva che i raggi del sole lo incendiasse, morendo tra le fiamme mentre intonava una melodia dolcissima. Nelle ceneri del falò rimaneva un uovo, dal quale sarebbe nata la stessa identica fenice, che cresceva esponenzialmente in pochissimi giorni.
La fenice, proprio come il sole, doveva morire per risorgere nuovamente, e questo la fece associare chiaramente al dio Ra, ma anche ad Osiride, che era risorto grazie all'intervento della sorella Iside dopo lo smembramento avvenuto da parte di Seth. Ma la fenice si ripercorre in vari miti, in India, in Cina, in Giappone, e anche tra i cristiani e gli ebrei. Infatti nella bibbia se ne parla, precisamente nell'Esodo. Ma come abbiamo visto fu Erodoto a nominarla per primo, e di seguito Ovidio nelle "Metamorfosi". Da questo "passaggio" di informazioni abbiamo un errore che l'accompagna ancora adesso, ossia il termine "Araba". Erodoto, nelle "Storie" infatti, scrive: "Un altro uccello sacro era la Fenice. Non l'ho mai vista coi miei occhi, se non in un dipinto, poichè è molto rara e visita questo paese (così dicono ad Heliopolis) soltanto a intervalli di 500 anni: accompagnata da un volo di tortore, giunge dall'Arabia in occasione della morte del suo genitore, portando con sè i resti del corpo del padre imbalsamati in un uovo di mirra, per depositarlo sull'altare del dio del Sole e bruciarli. Parte del suo piumaggio è color oro brillante, e parte rosso-regale (il cremisi: un rosso acceso). E per forma e dimensioni assomiglia più o meno ad un'aquila". Ovidio pertanto, nelle "Metamorfosi" ne parla in questi termini: "Si ciba non di frutta o di fiori, ma di incenso e resine odorose. Dopo aver vissuto 500 anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s'abbandona sopra, morendo, esalando il suo ultimo respiro fra gli aromi. Dal corpo del genitore esce una giovane Fenice, destinata a vivere tanto a lungo quanto il suo predecessore. Una volta cresciuta e divenuta abbastanza forte, solleva dall'albero il nido (la sua propria culla, ed il sepolcro del genitore), e lo porta alla città di Heliopolis in Egitto, dove lo deposita nel tempio di Iperione, il Titano padre del dio Sole"
Dante la cita nel ventiquattresimo canto dell'Inferno:
"che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo appressa
erba né biada in sua vita non pasce,
ma sol d'incenso lacrima e d'amomo,
e nardo e mirra son l'ultime fasce."

La fenice, in seguito, rimase anche legata ai processi alchemici, in particolare associata alla pietra filosofale e alla Trasmutazione Alchemica.
Il fuoco, nella sua componente riferita al calore, è associata anche alla passione, all'attrazione fisica. Spesso infatti tendiamo a paragonare e percepire il desiderio fisico/sessuale come un fuoco che brucia in profondità dentro di noi. Il calore come abbraccio, affetto, è qualcosa che scalda in profondità. Ecco che il fuoco qui prende l'aspetto di una fiamma che brucia senza consumare, ma che scalda e che risana, consola e si autoalimenta man mano che si innalza. Questa peculiarità avanza anche alcune pretese sulle persone che sono nate in luoghi più caldi. La forza dell'elemento, associato al sud, pare avere un ascendente sulle attitudini e i comportamenti sociali delle persone che non si riscontra da altre parti. Molto spesso, soprattutto nel nostro paese, è facile sentir parlare di "sangue caliente", quando ci si riferisce alle persone particolarmente passionali, e le attitudini sociali delle persone nel sud sono molto vicine a questo elemento in termini di ospitalità. Chiunque viva al nord e senta parlare persone del sud, la prima cosa che diranno è che sentono poco "calore" nelle persone. L'elemento fuoco in questo caso, ha in un certo senso dominato regioni del mondo e le genti che vi abitano nella loro stessa socialità. Il calore associato al sesso, invece, è chiaramente anche un simbolo di tipo fisico oltre che emotivo. L'atto sessuale di per sé è una pratica che si svolge in completa o parziale nudità e fisicamente la temperatura del corpo si alza per via dell'eccitazione, che fa accelerare i battiti del cuore, nonché l'afflusso di sangue in precise parti del corpo. Per quanto il fuoco richiami chiaramente anche l'amore, il sesso ha preso quell'aspetto assolutamente negativo, tabù e soprattutto contrario alla natura umana quando è stato coniato il termine "fornicazione", che arriva dal latino fornix, che era il lemma con cui si chiamavano i bordelli. A questo punto, quindi, quando è stata chiamata in causa la possibilità di identificare un possibile estratto di negatività e tentazione, ecco le fiamme eterne della dannazione e il colore rosso dei diavoli, nonché un inferno rappresentato con fiamme ardenti e corpi nudi contro, invece, un paradiso fatto di nuvole, vesti bianche e oro. Questo perché il fuoco è l'elemento terreno del corpo, dell'umanità, della debolezza della carne.
Il fuoco, quindi, elemento maschile, si ripercorre anche nelle danze estatiche, come quella delle menadi, delle tarantate, delle baccanti. Il bisogno di sfogare e allentare la morsa di questa fiamma che consuma dall'interno esige a volte il gettarsi in movimenti frenetici e senza posa. Questo tipo di pratica è molto diffusa nei paesi mediorientali, dove la danza estatica del fuoco è diffusissima e giunge a noi solo con il poco indicato e soprattutto sminuente nome di "danza del ventre". Ma la danza del fuoco è diffusa anche a Tahiti, in Polinesia (fig 15). Lì, alcuni danzatori, più spesso uomini, si esibiscono in particolari rituali estatici maneggiando abilmente delle torce infuocate e disegnando così delle striscie di energia nell'aria. Questo tipo di danze nasce dal principio guerriero tribale, come quella originaria delle isole Samoa, che incita al coraggio in battaglia e serve anche per intimidire il nemico. Sempre accompagnata dagli incessanti suoni dei tamburi, i guerrieri danzavano armi alle mani, pronti al combattimento.
Il fuoco, pertanto, ha sempre catturato l'attenzione e il fascino delle persone e dei popoli. Nei rituali celtici, e quindi in quelli wiccan, il fuoco ha un ruolo fondamentale e spesso diverso. A Beltane, festa in onore al dio Bel, signore della luce, c'è la peculiare tradizione di accendere due fuochi, uno rappresentante il maschile e uno il femminile. Gli antichi druidi lo facevano bruciando nove diverse piante sacre: abete, quercia, salice, melo, biancospino, sorbo, vite, betulla e nocciolo. Passare tra i due fuochi di Bel permette alle coppie di consolidare il proprio amore. Ma i fuochi vengono accesi anche ad Imbolc, e rappresentano la luce che scaccia le tenebre con l'ingiungere della primavera, o a Samhain, per mostrare la via ai morti che vagano nella notte dove i confini dei due mondi sono sottili. Anche nella tradizione cristiana della Pasqua troviamo il fuoco. È usanza infatti spegnere tutte le candele in quaresima e accendere un fuoco nuovo da cui verrà poi data luce al cero della Pasqua, e da lì, gli altri ceri. Si accendono fuochi anche durante i solstizi, e anche la cristianità ha preso a chiamare questa usanza "Fuoco di S. Giovanni", riferendosi al solstizio d'estate. Ma anche a Yule si dà fuoco al ceppo in onore della nascita del sole. In questo caso, come vediamo, il fuoco coincide con la luce, in calante a Litha a in crescente a Yule, quindi la tradizione è prettamente solare. Per gli altri casi, il fuoco rappresenta ancora trasformazione e purificazione. Nel fuoco infatti vengono gettati i fantocci propiziatori e con il fuoco viene bruciato l'uomo di vimini, in segno di sacrificio, purificazione e fertilità, o come il salto del fuoco a Litha per allontanare la malasorte, che nella cultura celtica la sposa doveva fare per assicurarsi la fertilità.
Altro aspetto interessante della ritualistica è la camminata sulle braci, ad esempio, nota come pirobazia (fig 16). Un antico rito iniziatico di sfida al fuoco che si ripercorre in molte culture e che non ha niente di magico in sé, dato che le braci sono un pessimo conduttore di calore, quindi è difficile scottarsi. In ultimo, terribile, ma non meno importante, la tradizione del rogo dove venivano immolati gli accusati di stregoneria dopo le sentenze dei processi (fig 17). Un rito non solo portato alla purificazione, quindi, ma anche alla distruzione.
Ed è proprio nella distruzione che il fuoco, in ultimo, trova il suo significato più recente. Lentamente infatti, con il passare dei secoli, ha perduto man mano le connotazioni positive per mantenere solo quelle di aspetto negativo, soprattutto dopo l'uso che ne è stato fatto durante le guerre e con armi di distruzione di massa che ne hanno scaturito il totale potere devastante: il napalm, il fungo atomico, per fare due semplici esempi.
Abbiamo quindi visto come il fuoco sia trasformazione, distruzione, passione e purificazione, ma anche iniziazione. Infatti in alcune culture si parla di Battesimo del Fuoco. Nel Vangelo secondo Matteo, lo leggiamo dalle parole di Giovanni Battista: "7 Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? 8 Fate dunque frutti degni di conversione, 9 e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. 12 Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile". Matteo (3,7). Questo ruolo del fuoco è anche legato al battesimo per la sua peculiarità di lasciare un marchio indelebile nella carne degli ustionati. Infatti era uso marchiare a fuoco gli schiavi o il bestiame, in modo che non potesse essere rubato o scappare senza essere riconosciuto ovunque come una proprietà di qualcuno. Queste connotazioni ci riportano tutte al fuoco/dolore/morte/distruzione. Una strettoia mentale cui fa fatica ad uscire perché è l'elemento più attivo e di facile utilizzo sul lato negativo. Anche gli altri possono portare morte e distruzione, ma il fuoco lo può fare più facilmente e in via più diretta, pertanto è più temuto.
Sul lato della trasformazione ci soffermiamo con più calma ora. Il fuoco trasforma prendendo ciò che era prima e suddividendolo. Ma in antichità il fuoco permetteva il passaggio rituale da mortalità a immortalità. Quindi assunzione del rango divino. Demetra, durante la cerca della figlia Persefone, rapita da Ade, assunse l'aspetto di una vecchia di nome Doso e venne ospitata da Celeo, Re di Eleusi e dalla moglie Metanira, i quali avevano due figli: Trittolemo e Demofoonte, ai quali in cambio dell'ospitalità, fu chiesto di badare. Per ringraziare la cortesia dei due coniugi, la dea del raccolto decise di rendere Demofoonte una divinità. Il rito che avrebbe portato a questo prevedeva la trasformazione mediante la perdita delle spoglie mortali all'interno del fuoco dopo l'unzione con l'ambrosia. Demetra avrebbe soffiato l'immortalità nel corpo del piccolo mentre il suo spirito mortale bruciava e si trasformava (fig 18). Giunto il momento, Demetra nottetempo mise il piccolo sul focolare, ma la madre Metanira, giunta in loco e avendo visto la scena del bambino tra le fiamme si fece prendere dal panico e costrinse la dea ad interrompere, con pieno disappunto, il rituale di trasformazione e manifestarsi come tale agli ospiti, causando la morte del bambino. Da "la Biblioteca" di Pseudo-Apollodoro: 'La moglie di Celeo, Metanira, aveva un bimbo che fu affidato a Demetra perché lo allevasse; la dea, che voleva renderlo immortale, di notte lo poneva sul fuoco per spogliarlo della sua carne mortale. Poiché Demofoonte - questo era il nome del bambino - cresceva di giorno in giorno in modo straordinario, Metanira andè a spiare, sorprese il figlio immerso nel fuoco e gettè un grido: il bambino fu divorato dal fuoco e la dea si rivelè'. Ma il rituale di trasformazione per assurgere al lato divino con il fuoco si ritrova anche nei Misteri Isiaci, come ci racconta Plutarco nel suo "Iside e Osiride": 'Iside allevava il bambino e gli dava da succhiare il dito invece del seno; ma la notte ne bruciava la parte mortale del corpo; quindi si trasformava in rondine e girava attorno alla colonna gemendo, sino al momento in cui la regina, che l'aveva tenuta d'occhio, vedendo il neonato avvolto dalle fiamme, prese a gridare e lo privè dell'immortalità'.

 

 


Fig 10 -
Vesta

Fig 11 -
Prometeo

Fig 12 -
Johann Adam Weishaupt

Fig 14 -
Atef

 

 


Fig 13 - La Fenice -
da Prodigiorum ac
ostentorum chronicon
(1557)
di Licostene (1518 - 1561)

Fig 18 -
Persefone Demetra
e Trittolemo,
rilievo greco,
V sec. a. C.

Fig 17 -
incisione del
XVI secolo,
rogo di strega.

 

Fig 15 -
Danza del Fuoco - Tahiti


 

Fig 16 -
Pirobazia