Ero una piccola creatura nel cuore
Prima di incontrarti,
Niente entrava e usciva facilmente da me;
Eppure quando hai pronunciato il mio nome
Sono stata liberata, come il mondo.
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti.
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri.
Stupidamente sono scappata da te;
Ho cercato in ogni angolo un riparo.
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito.
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto.
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto.
Restituendomi
Al tuo abbraccio.
Mary-Elizabeth Bowen
Il Culto di Tara
In India, le testimonianze piè antiche del culto di Tara risalgono al 6° sec. d.C., epoca a partire dalla quale essa fu popolare soprattutto fra i mercanti (soggetti ai lunghi viaggi ed ai pericoli conseguenti). Invece, per quanto riguarda il Tibet, uno dei primitivi miti pre-buddhisti racconta che il popolo tibetano deriva dall’unione di una scimmia maschio (di nome Trehu) con un’orchessa (chiamata Tag Sen-mo). Mentre la scimmia era un bodhisattva che venne poi dai buddhisti identificato con un’incarnazione di Avalokiteshvara, l’orchessa venne identificata con una personificazione di Tara.
Questo dimostra quanto il culto di Tara fosse diffuso, al punto che i tibetani riferirono ad essa la propria origine, quale loro “madre”.
Una tradizione storicamente importante riferisce che il culto di Tara fu introdotto in Tibet da una principessa nepalese. Infatti, il re tibetano Srong-btsan sGam-po (617 - 649 d.C.) - emanazione di Avalokiteshvara -, già sposato con quattro donne, tornè dalle sue campagne di guerra con altre due mogli : - una cinese, nipote dell’imperatore della Cina, la principessa Kong-j’o (in cin. Wen-ch’eng kung-chu, che egli sposè nel 641. Essa portè con sé, in dote, il Jo-bo Rin-po-ce (una statua raffigurante Shakyamuni quale principe dodicenne, risalente all’epoca del Buddha stesso), che alla morte del re venne posto a Lhasa nel tempio chiamato Jo-khang; - una nepalese, figlia del re newari Amshuvarman, la principessa Khri-btsun o Bhrikuti. Essa portè con sé, tra le varie immagini, anche una statua di Tara in legno di sandalo, che fu posta nel Tempio della Manifestazione Miracolosa costruito a Lhasa nel 642 per ordine della principessa. Erano entrambe devote buddhiste : non solo convertirono il re alla dottrina di Buddha, ma propagarono attivamente il Dharma nel paese d’adozione.
Per le buone azioni che compivano e per il fatto che - quali esseri soprannaturali - non ebbero figli, furono onorate come incarnazioni della Bodhisattva Tara e successivamente distinte in Tara Bianca e Tara Verde.
Oggi il culto della dea si articola in diverse pratiche e preghiere, di cui quella piè comune consiste nella recitazione della “Lode a Tara in 21 omaggi”, riportata nell’apposito capitolo.
Questa lode, che appartiene alla grande tradizione del buddhismo indiano, è riportata in sanscrito nel 3° capitolo del Tantra di Tara che fa parte del Kangyur (20).
Il titolo originale della lode è “”Bhagavaty-arya-tara-devya namaskaraikavimshati-stotram guna-hita-sahitam””, cioè “La lode in 21 omaggi alla nostra Signora, la dea Arya-Tara, con i suoi benefèci”. I “21 omaggi a Tara” furono pronunciati da Buddha Shakyamuni ed insegnati da Avalokiteshvara ; e divennero una delle pratiche piè diffuse quale atto di devozione alla dea, che qui viene lodata nelle sue 21 manifestazioni principali. Pochi sono i tibetani che non conoscono a memoria per intero questo inno - che viene sempre inserito in ogni rituale riservato alla dea e alla cui recitazione sono connessi molti benefici e miracoli. Nei monasteri tibetani di tutto il mondo viene cantato varie volte al giorno da tutti i monaci ed in occasioni particolari, e quando si desidera ottenere l’aiuto della Madre per qualche motivo speciale è questa lode che viene recitata piè e piè volte sia dai monaci che dai laici.
Il verso metrico tibetano, qui costituito da otto sillabe, ben si adatta ad una recitazione cantata a voce bassa o mormorata, un borbottio che s’innalza e s’abbassa per tutta la lunghezza d’un respiro. Recitando la lode, s’immagina che essa sia pronunciata non solo dai presenti, ma da tutti gli esseri senzienti.
Se si è praticanti devoti di Tara, si dovrebbe vedere la nostra persona come il suo corpo e la casa in cui viviamo come la sua dimora celestiale. E ogni nostra azione dovrebbe essere compiuta in connessione con lei: