Ero una piccola creatura nel cuore
Prima di incontrarti,
Niente entrava e usciva facilmente da me;
Eppure quando hai pronunciato il mio nome
Sono stata liberata, come il mondo.
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti.
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri.
Stupidamente sono scappata da te;
Ho cercato in ogni angolo un riparo.
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito.
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto.
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto.
Restituendomi
Al tuo abbraccio.
Mary-Elizabeth Bowen
STORIA
La parola "Coppa" ha un'etimologia variegata. Deriva dal latino cùpa, dalla radice kup o kap che significa "incurvare", dal sanscrito kupas, dall'armeno kup, dal greco kype che significa: "cavità", dal lituano kumpis che significa curvo, dal lettone kumpt che vuol dire "incurvarsi" o il greco kypthòs: "incurvato". Il termine Calice, altro nome con cui è nota, deriva dal latino càlix, che dovrebbe giungere a sua volta dal greco kàlix che significa "nascondere", "coprire". Il termine ci giunge dalla parte del fiore destinata ad accogliere gli organi di fruttificazione, ossia il luogo che accoglie la riproduzione.
Questo termine ovviamente non sfugge a chi ha un occhio attento. La coppa, o il calice è una riscoperta antica. Il cristianesimo lo prese in prestito dal paganesimo (insieme al resto del pacchetto di tradizioni inglobate e riconvertite) portandolo ad essere la coppa dove Gesù bevve il vino versato durante l'ultima cena e dove Giuseppe D'Arimatea avrebbe raccolto il sangue sgorgato dalla ferita al costato inflitta con una lancia dal centurione Longino. Questo calice divenne noto come Santo Graal. Dan Brown, nel suo libro "Il Codice Da Vinci", senza ovviamente inventarsi niente, e soprattutto scopiazzando una teoria già esposta dai tre autori del libro "Il Santo Graal": Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, riuscì a svelare pubblicamente il mistero del nome stesso, riportando il nome al francese: San Greal e smezzandolo in maniera differente: Sang Real, ossia "Sangue Reale" e facendo notare come nell'opera del genio toscano, "L'Ultima Cena", non apparisse affatto un qualsivoglia calice sul tavolo, ma che il Graal fosse presente nella forma di Maria Maddalena, rappresentata come uno degli apostoli che stava alla destra di Gesù Cristo e scambiato da tutti per un uomo un po' effeminato. Ecco dove nell'iconografia cristiana, la forma femminile, il simbolismo uterino del ventre della Dea ha trovato il suo spazio nella "sposa" del Re Sacro, Gesù Cristo.
Il mito stesso del calice ci riporta alle crociate. In antichità infatti il termine "Graal" non definiva una coppa, bensì un piatto, infatti il termine latino è gradalis che significa appunto: "piatto", e definirebbe così il luogo dove Gesù mangiò il pasto dell'ultima cena e sarebbe stato definito come tale un vaso in pietra recuperato in Terrasanta da un crociato genovese, tal Guglielmo Embriaco Testadimaglio della Terrasanta. Collegandolo quindi al mito del calice come "coppa" ecco che si legano le due tradizioni orali gote e celtiche e della cornucopia greco-romana; la stessa che si dal corno della capra Amaltea che allattò il piccolo Zeus, come ci è narrato da Ovidio nelle "Metamorfosi".
Nel mito celtico il Graal era la coppa che sempre si riempiva e mai si esauriva, era il piatto sempre colmo di cibo attorno al quale il viaggiatore sperduto nel mondo delle fate non riusciva mai a saziarsi, come narrato ad esempio nel racconto "Il Re Pescatore", che ci parla dell'eroe Gawain/Galahad/Percival cui viene offerto questo piatto colmo di cibo e di altri oggetti (una lancia che sanguina e una spada spezzata).
Questo simbolismo lo troviamo anche poi nel ciclo Arturiano dove il Graal torna ad essere una coppa, la stessa che accolse il sangue di Cristo ferito sulla croce e che venne recuperata da uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda al servizio di Artù: ancora Percival. In questa leggenda, il Graal sarebbe stato l'unico in grado di rendere di nuovo fertile la terra. Il suo sillogismo non ci sfugge, essendo associato ad Excalibur, la potente spada che avrebbe dovuto essere brandita solo dal re. La spada, quindi come simbolo fallico di potenza e unione e il Graal come simbolo materno di fertilità. Niente più che il dio e la dea, il maschile e il femminile.
Il Santo Graal, secondo la leggenda, sarebbe stato gettato in una fonte sulla cima del Tor, su quella che una volta era un'isola nota come Avalon e dove sorgeva l'abbazia di Glastonbury, che dà ancora adesso il nome al luogo. In quella sede c'è una sorgente d'acqua che per via del contenuto ferroso ha un colore rossastro che gli ha valso il titolo di "Fonte del Sacro Sangue". Quest'acqua è ritenuta sacra e si dice abbia poteri curativi. Ecco che questo pozzo, in inglese "Chalice Well", ossia il pozzo del calice, torna a ripercorrere il ventre, il sangue e la madre. Infatti la fonte stessa è dedicata alla Dea. Ne potete vedere delle foto nella Galleria degli Sprizzi D'Arte.
COS'È?
La Coppa o Calice letteralmente è un bicchiere. In genere è composto da un recipiente e da uno piedistallo sottile e un largo piede. Il materiale più adatto è l'argento (metallo lunare) o il cristallo. In realtà qualsiasi tipo di materiale va bene purché la strega che lo trova sente che si tratta della sua coppa. La cosa fondamentale è che sia di un materiale naturale, quindi niente plastica. Alcuni usano un corno, come la tradizione norrena. La cosa cui bisogna prestare attenzione nella manifattura della coppa è che non sia rivestita di qualche tipo di materiale che a contatto con sostanze alcoliche (idromele, vino, birra) possa rilasciare qualche tipo di alterazione tossica. Anche per questo il calice ecclesiastico utilizzato nella Chiesa Cattolica è smaltato internamente in oro o argento. Anche il peltro o il vetro possono andare, ma escluderei il rame, in quanto innanzitutto facilmente ossidabile e tossico.
USO
L'uso della Coppa prettamente è quello funzionale, ossia "bere". L'uso principale quindi è quello per il quale, infine, è stata creata, ossia come recipiente, sia per liquidi che per energie.
Durante il Grande Rito Simbolico che si svolge in alcuni riti wiccan, la coppa rappresenta il grembo e viene penetrata dall'athame, che rappresenta il fallo. Ma viene utilizzata nei sacri banchetti per bervi il vino, talvolta passandoselo di mano in mano lungo tutto il cerchio e suggellando pertanto l'unione con le sorelle e i fratelli che partecipano al rito. La condivisione del calice da cui si beve è un segno di alleanza antichissimo, probabilmente derivante dal bere per primo e offrire pertanto la garanzia che la bevanda che vi è in esso contenuta è priva di veleno, come vediamo nella tragedia di Shakespeare: "Amleto", quando la Regina, madre del protagonista, presenziando al duello del figlio con Laerte, beve dalla coppa di vino avvelenato senza saperlo dopo averlo alzato e dopo aver brindato ad Amleto e alla sua vittoria.
Lo stesso rito dell'alzare il calice o brindare arriva da antichi riti religiosi di bere in onore alle divinità e ai defunti. Infatti nell'antica Roma o anche in Grecia ai banchetti veniva versato da bere e da mangiare anche per gli dei, affinché potessero nutrirsi. Il brinsidi è quindi un modo per ricordare il versamento del sangue o di una libagione in offerta agli dei in cambio di una richiesta, in questo caso "alla salute", "ai defunti" o "lunga vita".
La Coppa in antichità era usata però anche per divinare, un uso che abbiamo trovato identico nel calderone. Tornando quindi al momento in cui si parla di un piatto per le libagioni o un recipiente privo di piedistallo, quindi solo un "catino", come quello recuperato in Terrasanta dal crociato genovese e ancora in esposizione al Museo del Tesoro nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova, troviamo la divinazione anche nella Genesi: 1 Giuseppe diede quest'ordine al maggiordomo di casa sua dicendo: Riempi i sacchi di questi uomini di tanti viveri quanti ne possono portare e metti il denaro di ciascuno alla bocca del suo sacco.
2 Inoltre metti la mia coppa, la coppa d'argento, alla bocca del sacco del più giovane, assieme al denaro del suo grano. Ed egli fece come Giuseppe aveva detto.
3 La mattina, non appena fu giorno, quegli uomini furono fatti partire coi loro asini.
4 Erano appena usciti dalla città e non erano ancora lontani, quando Giuseppe disse al maggiordomo di casa sua: Levati, insegui quegli uomini e, quando li avrai raggiunti, di' loro: "Perché avete reso male per bene?
5 Non è quella la coppa in cui il mio signore beve, e della quale si serve per indovinare? Avete fatto male a fare così". .
SIMBOLISMO
La coppa, come il calderone, è uno strumento femminile, pertanto rappresenta il grembo della madre. In genere dovrebbe essere di un metallo sacro alla dea, quindi l'argento è il più adatto, in quanto metallo associato alla Luna. Ma, ovviamente, come per tutti gli altri strumenti, anche la coppa è un simbolo, e la cosa che conta è che chi lo utilizza lo senta come appartenente a se stesso. I fregi, il colore, il materiale passano in secondo piano, trasformando la rappresentazione del ventre della Dea in un semplice bicchiere. Io ne avevo una di vetro, prima che si rompesse perché aveva completato il suo ciclo con me. Ora ne ho una di peltro, più piccola. Conosco una strega che ha addirittura più coppe, a seconda degli usi e a seconda dei momenti. Ognuno deve sentirsi libero di trovare la propria, senza dover per forza rimanere legato a qualche ordine particolare.
La coppa è ovviamente un strumento associato all'elemento acqua. Il suo scopo magico è quello sia di racchiudere le energie ma anche di disperderle. Sull'altare il suo posto è a sinistra, nel lato sacro alla Dea, quindi verso ovest, la direzione dell'acqua, elemento associato a lei.
Molti la ritengono parte di un gruppo di strumenti "maggiore"; non per questo più utile di altri, ma più importante, per quanto non compaia tra gli otto strumenti della wicca tradizionale.
Le antiche donne contadine utilizzavano la coppa per versare le offerte alla terra; per lo più latte o miele. Come abbiamo visto, infatti, non sempre infatti è necessario immaginarsi una coppa a forma di calice. Un qualsiasi recipiente cavo può fungere da coppa su un altare, o da piatto, magari riempito di offerte o libagioni. Io ne ho una in cera che ho vinto mediante un concorso letterario e che tengo sull'altare per contenervi le offerte e gli oggetti da caricare.
La coppa rimane inoltre uno strumento di purificazione, di offerta, di raccolta, di unione e amicizia, quindi di benedizione. Ma il significato spazia, specialmente per quanto riguarda le sue forme. La coppa, come abbiamo visto diventa il grembo, la cornucopia dispensatrice. Rappresenta la vita, anche perché il modo migliore che abbiamo per bere, o per accogliere, è anche solo mettere le mani unite, concave.
PURIFICAZIONE E CONSACRAZIONE
La pulizia purificatoria andrebbe svolta mediante seppellimento per una intera lunazione (quindi da plenilunio a plenilunio, non per un giorno solo) in terra piena. Dopodiché lo si deve passare in una fumigazione di incenso, mirra, benzoino, e sul fuoco puro. Non gettatelo tra le fiamme, solo passarlo sulla fiamma stessa. L'ultimo elemento, l'acqua è poi quello cardine per la coppa stessa. Il calice deve quindi essere tenuto a bagno per un periodo di almeno ventiquattro ore. Sarebbe l'ideale che si trattasse di acqua corrente in quanto il principio del movimento dell'acqua e il suo scorrere favorisce la purificazione. La coppa dovrebbe stare a bagno in un fiume o un torrente per un giorno intero (non mettetelo nel Rio delle Amazzoni), se è possibile il giorno prima della Luna piena.
Appena estratta la coppa dall'acqua comincia la consacrazione, che deve essere svolta nella notte di plenilunio. Il rituale tradizionale prevede che la coppa subisca un ulteriore bagno nel suo elemento primario, in questo caso con l'aggiunta di sale (simbolo maschile rappresentante il seme, ma anche di terra) e sette erbe scelte: salvia, verbena, issopo, menta (non la piperita), valeriana, basilico e rosmarino. Per alcuni sono nove, e a queste sette andrebbero aggiunte anche lavanda e finocchio. Non troverete con facilità issopo e valeriana dal vostro erborista di fiducia, ma soprattutto la seconda è mediamente comune. Non gettateci dentro essenze di valeriana o gocce. Si parla di erbe, non di estratti ottenuti in laboratorio e con aggiunta di conservanti. La ricerca stessa delle erbe adatte vi metterà sul piano stesso della magia che state svolgendo, quindi non sminuitela.
Alcune streghe usano anche qui aggiungere del sangue all'acqua a scopo di "firma" dello strumento in quanto vostro. Una cosa che abbiamo visto anche con l'athame. Dipende dalle tradizioni. Alcune prevedono infatti, come per l'Athame, di dare un nome alla coppa (un nome magico, quindi segreto), ma non tutti lo fanno.
Una volta consacrata la coppa deve essere usata solo ritualmente, non ci si beve la coca cola quando i bicchieri sono sporchi (come ho visto fare). Scambiarsela nel cerchio è un gesto di grande amicizia e affetto in quanto rappresenta l'abbondanza e la prosperità.