Ero una piccola creatura nel cuore
Prima di incontrarti,
Niente entrava e usciva facilmente da me;
Eppure quando hai pronunciato il mio nome
Sono stata liberata, come il mondo.
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti.
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri.
Stupidamente sono scappata da te;
Ho cercato in ogni angolo un riparo.
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito.
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto.
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto.
Restituendomi
Al tuo abbraccio.
Mary-Elizabeth Bowen
AI DIOSCURI
Muse dagli occhi fulgenti, cantate i Tindàridi, i figli
di Giove, i figli belli di Leda dall’agil caviglia,
Càstore, di cavalli maestro, e il gagliardo Polluce.
Sotto le somme cime dell’alpe di Tègeto grande,
d’amor commista a Giove dai lividi nuvoli, Leda
due figli a luce die’, che proteggono gli uomini in terra,
proteggono le navi veloci, allorché le procelle
si sfrenano d’inverno sul mare implacato. I nocchieri,
sopra l’estrema poppa saliti, ai due figli di Giove
levano voti e preghiere, promettono aríeti bianchi.
La nave, era sin qui sommersa dai venti e dai flutti;
ma d’improvviso quelli si cacciano, appaiono in aria,
con ali fulve, placan dei venti le orrende procelle,
spianano i flutti sopra la stesa del mar biancheggiante,
segno gradito ai nocchieri, che termine pone ai travagli:
lieti li mirano quelli, ché cessa per essi il tormento.
Tindàridi, salvete, dei pronti cavalli Signori.
Io mi ricorderò d’esaltarvi in un carme novello.