Ero una piccola creatura nel cuore
Prima di incontrarti,
Niente entrava e usciva facilmente da me;
Eppure quando hai pronunciato il mio nome
Sono stata liberata, come il mondo.
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti.
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri.
Stupidamente sono scappata da te;
Ho cercato in ogni angolo un riparo.
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito.
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto.
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto.
Restituendomi
Al tuo abbraccio.
Mary-Elizabeth Bowen
I Sogni
A cura di Proue
VIANDANTI SU TRENI A CARBONE
Sembrava un'altra epoca, l'Ottocento. C'erano i treni a carbone.
Ero con una persona, che nella vita reale è un amico. Stavamo viaggiando insieme, forse eravamo parenti fratello e sorella.
Lui non aveva il suo corpo ma sapevo che eri lui. Lui aveva un fisico più muscoloso, la pelle più chiara e i capelli castani, era alto poco meno di ora. Lui trovava sempre lavoro, era davvero bravissimo a fare qualunque cosa, io un mezzo disastro, più impacciata e meno ricettiva all'apprendimento. So' che però si fidava del mio istinto,
lo guidavo io verso lavori nuovi in ogni nostro spostamento; era come se andassimo a colpo sicuro.
L'ultimo lavoro prima del risveglio era in una fabbrica di piastrelle dove istruivamo anche i piastrellisti, in pratica facevano produzione e montaggio.
Ci stavano portando a vedere le rispettive mansioni quando siamo passati in una stanza priva di pavimento, era quella della "scuola" e c'era un ragazzo sui 20 anni che stava piastrellando un pezzo, ad un certo punto mi guardo attorno, sembravamo in una vecchia rimessa di una casa signorile, i vetri alle finestre erano singoli e montati tutti a quadrati, non faceva molto
caldo ma non era inverno, poteva essere primavera iniziata da poco, l'atmosfera era poco luminosa, come se non ci fosse sole fuori...
Ad un tratto sento un botto, guardo in terra e vedo che le piastrelle usate per la prova si stanno crepando tutte, una ad una; sono saltate tutte, andate in briciole.
L'unica cosa differente dal mio, è che io ho visto in fondo alla stanza della "scuola", una porta con qualcosa di oscuro dentro.
Sembrava un'altra epoca, l'Ottocento. C'erano i treni a carbone. Ero con una persona, che nella vita reale è un amico. Stavamo viaggiando insieme, forse eravamo parenti fratello e sorella.
Per quanto la persona che sogna non riconosce luoghi familiari nell’ambientazione del suo sonno, si rende chiaramente conto che l’epoca storica è sensibilmente diversa da quella attuale da alcuni elementi “scenici”. Siamo nel pieno dell’Ottocento, a quanto pare, con le locomotive a carbone e, verosimilmente, abiti di un certo gusto ed eleganza, che si presuppone indossi anche lei.
La persona che si trova con lei è un amico, ma in questo contesto onirico il grado affettivo diventa più forte, passando da conoscente a probabilmente fratello. Questo denota un desiderio di relazione più intima (non per forza sentimentale), un grado di connessione più profondo ed, insieme, una grande fiducia nei suoi confronti nella vita reale.
Il viaggio come esperienza di condivisione rafforza questa interpretazione.
Lui non aveva il suo corpo ma sapevo che eri lui. Lui aveva un fisico più muscoloso, la pelle più chiara e i capelli castani, era alto poco meno di ora.
Le caratteristiche somatiche dell’accompagnatore nel viaggio onirico si confondono, diventano diverse, quasi si volessero adattare al contesto in cui la sognante vive la propria esperienza onirica. Questo è decisamente un esercizio mentale per “giustificare” in qualche modo l’utilizzo della figura dell’amico. Questo bisogno della nostra razionalità di cambiare i connotati di chi abbiamo vicino nel sogno, quando il nostro subconscio affida loro ruoli e relazioni che normalmente non gli appartengono è molto presente nella casistica dello studio onirico.
Lui trovava sempre lavoro, era davvero bravissimo a fare qualunque cosa, io un mezzo disastro, più impacciata e meno ricettiva all'apprendimento. So' che però si fidava del mio istinto.
lo guidavo io verso lavori nuovi in ogni nostro spostamento; era come se andassimo a colpo sicuro.
Ritorna l’elemento di stima nei confronti del compagno di avventure oniriche e, in questo caso, una dimostrazione inconscia di inadeguatezza al suo fianco. Ci troviamo davanti alla prima chiave del sogno. Si parla di incompetenza, di disagio provato dalla sognante, che non riesce ad adattarsi ai lavori e, di conseguenza, alla vita da viandanti, a differenza del “fratello” che invece riesce ad integrarsi e sostenersi perfettamente ad ogni situazione lavorativa e di vita che capita loro di mano.
Leggo in queste parole un entusiasmo molto positivo, contro una sorta di arresa ed apatia della sognante, che preferisce spingere il compagno piuttosto che provare a cambiare/migliorare qualcosa della propria condizione. Questa è la seconda chiave del sogno.
Siamo davanti ad una difficoltà che l’inconscio legge e rielabora in questa parte del sogno.
Chi sogna si trova probabilmente avanti ad un problema di sottostima: qualcuno, presumibilmente tra le amicizie o in ambiente lavorativo, assume costantemente dei comportamenti che la portano a sentirsi sottovalutata, e hanno minato la sua fiducia nelle proprie capacità o, peggio la portano alla frustrazione di chi sa quanto vale ma non vede le sue capacità riflesse negli apprezzamenti altrui.
L'ultimo lavoro prima del risveglio era in una fabbrica di piastrelle dove istruivamo anche i piastrellisti, in pratica facevano produzione e montaggio.
Ci stavano portando a vedere le rispettive mansioni quando siamo passati in una stanza priva di pavimento, era quella della "scuola" e c'era un ragazzo sui 20 anni che stava piastrellando un pezzo, ad un certo punto mi guardo attorno, sembravamo in una vecchia rimessa di una casa signorile, i vetri alle finestre erano singoli e montati tutti a quadrati, non faceva molto
caldo ma non era inverno, poteva essere primavera iniziata da poco, l'atmosfera era poco luminosa, come se non ci fosse sole fuori.
L’ambiente vuoto, spersonalizzato, della scuola mi sembra una chiara trasposizione di quanto analizzato prima. La stanza senza pavimento può essere facilmente letta come senza fondamento, senza una base solida (su cui camminare tranquilli), dunque parliamo di un disagio che deriva dalla mancanza di punti fissi, di pilastri fondamentali per poter vivere sereni. E credo questo disagio sia fortemente legato alla frustrazione per il mancato riconoscimento delle proprie abilità: un circolo vizioso dunque che porta la stessa sognante per prima, per sfinimento, a dubitare di se stessa. Lo stesso ragazzo che si impegna da zero, chi sa dopo quante volte, a rifare da capo il pavimento di piastrelle è una chiara rivisitazione della stessa sognante nell’atto di rimboccarsi ancora una volta le mani e cercare di costruire qualcosa sulle macerie di un precedente fallimento.
Ad un tratto sento un botto, guardo in terra e vedo che le piastrelle usate per la prova si stanno crepando tutte, una ad una; sono saltate tutte, andate in briciole.
Come volevasi dimostrare il serpente che si morde la coda continua. Per quanto il ragazzo si impegni e faccia il suo lavoro, le piastrelle cedono, e con esse quel poco di pavimento che sembrava rimesso a posto con cura e professionalità. E’ importante notare anche come la cosa sia successa davanti ai sognanti nel ruolo di spettatori. Quindi l’ansia da prestazione è duplicata nella misura in cui le piastrelle sono saltate davanti agli occhi di chi doveva imparare a posizionarle.
Tutto il sogno è dunque pervaso da un continuo mettersi in discussione, una ricerca spasmodica di trovare un equilibrio e una difficoltà ad ottenere il giusto apprezzamento per i propri talenti, che rischiano costantemente di essere messi in discussione, sfruttati e sottovalutati.
Il messaggio del sogno è dunque univoco e chiaro. C’è bisogno di un lavoro profondo sull’autostima, qualcosa che insegni chi sogna a fidarsi e contare sulle proprie forze e sulle proprie competenze, a prescindere dal feedback di persone esterne, che probabilmente non hanno alcuna convenienza o resoconto nell’ammettere il suo valore.