The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

"Il Dio delle streghe" di Margaret A. Murray Parte I


"Il Dio delle streghe" di Margaret A. Murray

(parte I)
Di Xenia (Sarah Degli Spiriti)

(Articolo tratto da quaderno amatoriale Labrys n.7-Mabon 2005)

Questo articolo nasce per riassumere brevemente il contenuto di un testo, "Il Dio delle streghe", che sicuramente ha il grande merito di aver tentato di approfondire un argomento – quello del culto interno alla Stregoneria - con un occhio diverso da quello usato fino ad allora, ai primi del `900. La Murray, infatti, cercò di studiare l'argomento senza i pregiudizi tipici della mentalità Cristiano - Cattolica, ma con l'intento, tutto antropologico, di documentare in modo più "scientifico" (nelle sue intenzioni) la sopravvivenza di un antico culto che dall'età preistorica si sarebbe mantenuto vivo fino all'epoca moderna, scontrandosi, ovviamente, con il cambiamento di mentalità avvenuto con l'avvento del Cristianesimo e della Chiesa. Chiaramente, come ben spiega Francesco Dimitri in Neopaganesimo - perché gli Dèi sono tornati, occorre ricordare che le tesi della Murray ebbero un forte impatto sul pubblico ma davvero poco nell'ambiente accademico. Anzi, lo scetticismo verso le sue idee (ispirate in gran parte a quelle dell'antropologo James Frazer, soprattutto per quanto riguarda il tema della "vittima divina") crebbe, fino ad arrivare al punto di non essere più tenute in considerazione al giorno d'oggi. La Murray avrebbe tratto conclusioni ed usato metodi troppo disinvolti e raccolto dati non troppo certi. Oggi non si crede più alla sopravvivenza di un culto organizzato del "Dio Cornuto" dal neolitico ai nostri giorni e le sopravvivenze pagane di cui si può parlare sono diverse da come le intendeva la nostra. Ad esempio, si sa che molte festività pagane vennero assorbite da quelle cristiane, così come su molti siti di antichi culti pagani vennero costruite cattedrali e chiese.
Un altro esempio è il culto dei Santi che spesso condividono gli stessi giorni sacri a certe antiche divinità e i loro stessi simboli. Ma è diverso dal dire che oggi esista un culto organizzato proveniente dall'alba dell'uomo e rimasto completamente intatto. Inoltre, occorre tener conto che forse Murray ebbe troppa fiducia nell'interpretare le affermazioni degli imputati durante i processi per stregoneria, affermazioni spesso ottenute dai giudici con torture ecc.
Sicuramente, come si diceva all'inizio, l'egittologa ebbe un grande merito: quello di parlare non più di streghe sataniche, ma di streghe pagane, cosa che avrebbe influenzato non poco il movimento della Wicca nato nella prima metà del `900.
Ecco, quindi, una breve esposizione di questa ricerca che - anche se basata su teorie che non sono state accettate dall'ambiente antropologico contemporaneo – ebbe molta influenza su personaggi come Gerald Gardner, uno dei fondatori della Wicca, come ben si può notare in diversi passi di "Stregoneria Oggi". Chi era Margaret Murray?

Margaret Alice Murray (1863-1963) fu un'egittologa di considerevole fama internazionale; fu studentessa di linguistica ed antropologia allo University College di Londra e fu una pioniera dei diritti delle donne.
Lavorò a molti scavi archeologici in Egitto ed in Palestina con Sir William Flinders Petrie, il famoso egittologo degli anni '90 dell'800. Nel 1924, la Murray fu nominata Assistente Professore di Egittologia allo University College di Londra e si ritirò nel 1935. Nel 1926 divenne membro del Britain's Royal Anthropological Institute. Tra 1953 e 1955 all'età di 90 anni, Margaret divenne presidentessa della Folklore Society. Poi, nel 1963, all'età di 100 anni, pubblicò la sua autobiografia, Centenary e The Genesis of Religion.
I suoi testi: • 1921, The witch cult in Western Europe; • 1933, The God of the witches; • 1954, The divine King in England. Il testo

Pubblicato per la prima volta nel 1933, il libro è sicuramente uno dei punti di partenza per lo studio di questo argomento, per lo meno per chi si interessi di Wicca, visto la grande influenza che ebbe sui maggiori esponenti di questo movimento esoterico.
Il testo comincia con un'introduzione dell'autrice, in cui quest'ultima spiega il motivo del suo interesse per questo tema, la stregoneria, che in effetti fino a quel momento non era mai stata intesa come una sopravvivenza di culti precristiani, bensì un qualcosa di ambiguo o – meglio - ambigua era la posizione degli studiosi. Gli storiografi erano più interessati allo studio dei processi alle streghe dal punto di vista giuridico oppure dal punto di vista della crudeltà dei metodi usati nei processi (torture ecc.), oltretutto con un forte scetticismo che li portava a credere le streghe degli esseri frustrati, nevrotici ed isterici.
Per i folcloristi, le streghe non erano altro che depositarie di una saggezza tradizionale, abbastanza innocue, ma impopolari a causa della bruttezza, o per l'anzianità e la durezza di carattere, magari anche per il solo fatto di essere vedove sole indurite dalla vita che le avrebbe portate a vantarsi di grandi poteri magici e capacità di fare filtri malefici.
Per alcuni occultisti, esse erano semplicemente un residuo della cultura celtica che avrebbe permeato la cultura medievale, mentre altri occultisti, legati alla demonologia ecc, le avrebbero considerate manifestazioni più autocoscienti del satanismo.
Per la maggioranza delle persone, invece, la strega rimaneva il personaggio cattivo delle favole per bambini, la tipica vecchia col naso ad uncino, con cappello a punta, la vecchia palandrana e le dita scheletriche, pronta a fare del male a qualche innocente bambino di passaggio.
Insomma, diciamo che il libro della Murray arrivò giusto in tempo per cambiare un po' questo stato di cose e a far "luce" sulla Stregoneria che non era più – sempre secondo i suoi studi - un'accozzaglia di strane credenze insensate, ma qualcosa che aveva radici ben più profonde nella storia dell'uomo. Sarebbe bastato questo per far sì che vi fosse un nuovo atteggiamento verso l'argomento che avrebbe portato di lì a poco alla fondazione della nuova stregoneria moderna.
Ecco quindi che in questa introduzione la Murray comincia ad introdurci in un modo di pensare all'argomento diverso dal solito; l'idea è quella di cercare di ricostruire gli avvenimenti importanti dal punto di vista dell'evoluzione del pensiero religioso a partire dalle popolazioni del paleolitico e del neolitico.
Come lei stessa ci dice, intanto occorre ricordarsi che l'idea di dividere le potenze ultraterrene in due forze, in bene e male, è tipica di una religione progredita e raffinata. Come ci racconta, "nei culti più primitivi il dio è da solo l'autore di tutto, sia del bene che del male. Il monoteismo delle religioni antiche è assai marcato: ogni piccola comunità o ogni gruppo di comunità insediate in un dato luogo avevano una sola divinità, maschile o femminile, che esercitava il suo potere non oltre i confini territoriali che si erano posti ai suoi fedeli. Sembra che il politeismo sia sorto quando le tribù – ognuna delle quali aveva un proprio culto - si amalgamarono. Quando una tribù che venerava una divinità maschile si univa ad un'altra tribù che venerava una divinità femminile, l'unione delle popolazioni veniva simbolizzata, sotto l'aspetto religioso, dal matrimonio dei loro Dèi. Quando un nuovo Dio soppiantava il vecchio in modo pacifico, si diceva che era il figlio del suo predecessore. Ma quando ciò avveniva in seguito ad una guerra, il dio dei vincitori diventava il dio del bene, mentre il Dio dei vinti era relegato in una posizione inferiore" venendo, quindi, demonizzato. Esempi di questo tipo ce ne sono a bizzeffe e coprono tutte le epoche. Molti dèmoni cristiani hanno, ad esempio, caratteristiche ed attributi degli antichi Dèi pagani. Quindi, come la Murray ci spiega, dobbiamo tenere conto che nello studio del cosiddetto "Dio Cornuto", la caduta dalla posizione di Dio a quella di "diavolo" è un fenomeno da tenere sempre presente.
A questo punto, comincia a parlarci della religione del Paleolitico, di cui si sa poco, ma in cui, sicuramente - sempre a suo parere - alcune cerimonie magico-religiose erano condotte da uomini con le corna, forse una rappresentazione di un Dio (o uno sciamano, un Signore della Foresta, come lo ha chiamato la Gimbutas – vedi numero precedente di Labrys).
Inoltre, dice, è ugualmente certo che vi fosse un culto femminile, che tuttavia nel culto del Dio Cornuto non si sarebbe riscontrato, a suo dire - cosa che invece la Gimbutas smentisce ne "Il linguaggio della Dea", in cui collega queste figure alla Gran Madre. Ma teniamo conto che – giustamente - anche l'archeologia ha fatto passi avanti e il testo di cui parliamo risale comunque agli anni '30.
A questo punto, l'autrice passa al Neolitico: non si saprebbe molto neppure di questo periodo, se non il tipo di sepoltura usato e la presenza di statuette femminili che rappresenterebbero la Grande Dea. Ma, continua, dall'Età del Bronzo delle tracce del Dio Cornuto si troverebbero in tutta l'Europa Occidentale ed Orientale. La nostra continua: secondo la sua tesi, le tribù che introdussero l'età del ferro avrebbero distrutto la maggior parte delle conquiste della civiltà precedente, tranne quei gruppi costituiti dai discendenti delle popolazioni del neolitico e dell'età del bronzo che ancora restavano sulle colline e nelle lande, dove l'agricoltura non era ancora praticabile. Nonostante queste popolazioni fossero impotenti di fronte agli invasori, sarebbero comunque riusciti a terrorizzarli, in qualche modo. Sarebbe questa popolazione, quella rimasta sulle colline che, secondo la Murray, sarebbe il cosiddetto "Piccolo Popolo". Cioè, il cosiddetto Popolo Fatato non avrebbe connotazioni magiche, non sarebbe costituito da esseri immaginari minuscoli ma da creature in carne ed ossa, semplicemente di un'etnia più bassa (teoria che riprende completamente Gardner nel libro "Stregoneria Oggi", n.d.Xenia). Nella sua tesi, la nostra porta avanti l'idea che possa esserci stata una forma di guerriglia tra le due razze in cui il Piccolo Popolo avrebbe avuto la meglio sugli agricoltori, lenti nello spostarsi. È possibile, poi, che si siano creati rapporti tra le due etnie. In tutti i modi, sia che il culto del Dio Cornuto sia stato reintrodotto fra queste popolazioni mediante commerci e matrimoni, sia che le popolazioni dell'età del ferro lo abbiano acquisito marciando attraverso l'Europa o nel proprio habitat, questo Dio mantenne la sua posizione dominante, secondo l'interpretazione della Murray. Come lei stessa dice, già in quest'epoca è possibile che si usasse il simbolo della croce (simbolo solare, n.d. Xenia) per scacciare questi abitanti dell'altopiano, tradizione che poi sarebbe stata trasmessa col Cristianesimo (se no, non si spiegherebbe perché nelle favole nessun altro simbolo Cristiano, al di fuori della croce, abbia il potere di allontanare fate e streghe). "Il Dio con le Corna"

Nel primo capitolo, così intitolato, l'autrice porta molti esempi di divinità cornute presenti un po' in tutte le antiche culture. Si parte dalle caverne dell'uomo primitivo (pensiamo alle pitture rupestri dell'Ariège, già citate nel numero precedente di Labrys riguardo al "Signore delle foreste" con corna di cervo), e si passa poi in Mesopotamia, in Babilonia, in Assiria. Si arriva in Egitto durante l'età del bronzo e del ferro, con, ad esempio, tutte le divinità bovine come Ammone ecc.
La Murray fa un veloce excursus anche sulle culture asiatiche, come l'India (es. la figura di Shiva con corna di toro), per poi tornare ai popoli del Mediterraneo e citare forse il più famoso di questi dèi cornuti, il Minotauro di Creta.
Il mito, come ben sappiamo, narra che egli fosse figlio di Pasifae (moglie del Re Minosse) - che si era mascherata da mucca grazie ad un'idea ingegnosa di Dedalo - e di un toro sacro.
Ma è anche vero che, nonostante il mito ci dica che egli fosse un mostro, metà uomo e metà animale, è anche vero che alcune immagini rappresentanti la lotta tra Teseo e il Minotauro raffigurano quest'ultimo come un semplice uomo mascherato da toro. Potrebbe essere stata - ci dice la Murray - una usanza cretese in cui l'uomo mascherato da toro venisse ucciso in combattimento da un atleta (forse, per motivi…rituali?, n.d. Xenia).
Frazer, ci spiega la nostra, ha fatto rilevare che Minosse andava da Zeus ogni nove anni e ha avanzato l'ipotesi che fosse un eufemismo per dire che - probabilmente - ogni sovrano veniva sacrificato alla scadenza dei nove anni. Tema, questo, legato a quello della "vittima divina", di cui l'autrice riparlerà più avanti.
Successivamente, si parla anche dell'importanza data all'ariete nell'Egeo, altra figura cornuta, che ritroviamo, ad esempio, nell'impresa del Vello d'oro, che fa pensare che questo Vello avesse ben altro valore (forse divino) che non solo quello intrinseco dell'oro.
Altra divinità greca con le corna era certamente Pan, la cui figura somiglia molto a quella di Robin Goodfellow, più diffusa durante il Medioevo.
Altra divinità con le corna e sempre di provenienza Greca è Dioniso sottoforma di Toro, ucciso anche lui come il Minotauro. Ma anche al Nord, come in Scandinavia, sono presenti figure di questo genere nei graffiti rupestri; poi, non possiamo dimenticare le popolazioni Celtiche, presso cui la figura di Cernunnos (Kernunnos) ha davvero una certa rilevanza, soprattutto in Gallia settentrionale.
Semplificando, si trovano tracce di questo tipo di divinità un po' ovunque.
Il nome di questa grande divinità aveva, chiaramente, nomi diversi a seconda dei paesi in cui il culto era praticato. Uno di questi, forse il più interessante, è Robin che - quando viene attribuito a Puck - diviene Robin Goodfellow, cosa che porta la Murray, più avanti, a supporre che Robin Hood fosse legato a riti pagani, e questo per diversi motivi (il numero delle persone della sua banda, 12 - più lui - 13; il colore verde dei loro abiti, il fatto che oltre a Robin, il Gran Maestro del gruppo, vi fosse anche la sua dama, Lady Marian - la sacerdotessa o "fanciulla"; mentre Little John sarebbe stato il corrispondente di "Janicot", altro nome del Dio cornuto nei paesi baschi, per poi non citare il legame tra Robin e le danze di Calendimaggio ecc).
Sembra, secondo questa idea, che Robin Hood fosse solo il soprannome per il gran Maestro pagano della congrega, e questo spiegherebbe perché la presenza di questo personaggio leggendario sarebbe stata registrata in più luoghi contemporaneamente (anche questa teoria su Robin Hood si ritrova completamente in Gardner, n.d.Xenia).
Poco dopo, la Murray ci parla di alcune feste ancora esistenti nell'epoca in cui scriveva, legati a questo Dio Cornuto, una delle quali ha anche un nome molto eloquente: "Puck Fair"di Killorglin nel Kerry.
La fiera in origine cominciava a Lammas (1° Agosto) e successivamente, dalla seconda metà del `700, venne spostata tra l'11 e il 12 dello stesso mese. La fiera era occasione, in passato, per far riunire le famiglie, un po' come a Natale. La cosa interessante era che Puck era un…caprone, che viveva semiselvaggio sulle colline e veniva catturato col solo scopo di fargli presiedere la festa.
Il primo giorno della fiera veniva fatta una processione prima del tramonto. Era formata da una banda di pifferi seguita da un autocarro su cui stava questo caprone (accudito da 4 ragazzi vestiti di verde) a cui venivano messe al collo delle ghirlande. Dopo la sfilata per la città, il carro tornava nella piazza e il caprone veniva posto sopra un'impalcatura (di 10 metri e mezzo), dopo essere stato incoronato da una bambina (vestita da regina) ed aver ancora ricevuto una ghirlanda di fiori. Il Puck rimaneva poi così fino alla fine della fiera nella parte di "Il Re-Puck d'Irlanda", come annunciato al megafono da un uomo.
Per tutto il resto del tempo, sarebbe stato chiamato "Re Puck della fiera" e nutrito tramite una carrucola. Il secondo giorno: baldoria. Forse, in origine, era una festa orgiastica. Terzo giorno: il giorno della separazione; il Caprone veniva calato a terra e liberato per poi poterlo ricatturare, se possibile, l'anno dopo.
N.B. Puck proviene da Bog, parola slava che significa "Dio". Per cui, è probabile che tutto questo fosse un residuo dei culti di fertilità (il re come dispensatore di cibo e abbondanza, i bambini colorati di verde che ricordano il popolo fatato oppure simboleggiano la fertilità della terra ecc.) "I fedeli"

Questo secondo capitolo ci parla dei fedeli di questo presunto culto. In breve, si parlerebbe del Piccolo Popolo e, quindi, della sopravvivenza di questo culto anche grazie a matrimoni tra questa etnia e quella degli invasori. A questo proposito, la Murray cita molte fonti anche medievali in cui si parla di persone accusate di avere avuto rapporti di amicizia o anche solo di collaborazione con il "Popolo fatato" e questo potrebbe essere anche una prova della possibilità che questi non fossero esseri meramente inventati, ma proprio un'altra etnia, discendente dalle prime popolazioni che abitarono nell'Europa settentrionale e dediti alla pastorizia, sulle colline. Solo con le opere di Shakespeare, fa notare l'autrice, le "fate" sono state rappresentate come esseri piccolissimi, ma fino a tempi precedenti sembra che esse avessero assolutamente sembianze umane ma leggermente più basse.
Secondo l'autrice, il Piccolo Popolo si era ritirato nei boschi, nelle lande e nelle brughiere, ovunque vi fossero grandi pascoli per il bestiame (nonostante in alcune zone praticassero anche l'agricoltura).
Sarebbero stati veloci nella corsa e nell'arte di nascondersi, riuscendo ad apparire senza farsi notare (e forse per questo la gente pensava che fossero dotati di poteri magici). Le loro dimore sarebbero state di pietra, con canne coperte di fango o con zolle erbose ed avevano la forma di alveari. Famiglie intere vi avrebbero abitato, anche se più che altro durante l'inverno, mentre di solito queste popolazioni avrebbero vissuto principalmente all'esterno. Sempre secondo la sua teoria, si sarebbero alimentati soprattutto con il latte delle proprie greggi, mentre la carne sarebbe stata mangiata durante i grandi banchetti.
Sarebbe stato questo tipo di alimentazione a renderli così bassi.
Nel periodo neolitico, avrebbero usato la pietra, per poi usare il metallo nell'età del bronzo. Quando le popolazioni celtiche arrivarono, dice Murray, questa etnia si nascose e capì che doveva incutere terrore a questi invasori. Secondo lei, in Inghilterra, l'assorbimento completo tra i due gruppi etnici sarebbe avvenuto solo dopo la peste (XV secolo) quando la mano d'opera divenne insufficiente e quando il Piccolo Popolo - gente legata alla pastorizia di bovini – sarebbe stato obbligato ad uscire dai propri rifugi per carenza di pascoli ormai "distrutti" dall'allevamento di ovini dei vicini.
Secondo queste ipotesi, il Popolo fatato sarebbe vissuto in piccole comunità a capo delle quali vi sarebbe stata una regina delle fate, con il proprio re (meno importante di lei, però). I beni sarebbero stati di proprietà comune e per questo non sarebbero esistite leggi sul matrimonio, tanto è vero che la regina non sarebbe stata legata ad un solo marito. Questo avrebbe portato i Cristiani a demonizzarli per i loro "facili" costumi.
Allevavano tutti i tipi di animali domestici ed i loro abiti erano diversi a seconda della classe sociale.
Tessevano soprattutto abiti di lana o stinta o con alcuni colori quali il bianco, il verde (utile per nascondersi nella boscaglia) e il blu. Per gli uomini di rango basso, l'abito era costituito da calzoni e giacche, mentre per le donne da gonne e corsetti. Fondamentale, nell'abbigliamento, sarebbe stato il loro copricapo, diverso a seconda delle regioni. Chiaramente, la regina ed il re avrebbero portato abiti fastosi e la corona. Le signore portavano abiti lunghi di colore bianco, verde e scarlatto, i capelli sciolti sulle spalle, con sopra un velo, un cappuccio o una corona d'oro. Mentre i cavalieri avrebbero avuto armature d'oro e d'argento, se no vestivano come gli altri con cappe e mantelli verdi.
Sembra che si usasse il fuso, ma non il telaio, nonostante le donne fossero abili tessitrici, così come si lavorava molto la ceramica. L'arma caratteristica, invece, sarebbero state le frecce (avvelenate), usate contro gli invasori; mentre tra loro avrebbero usato le lance. "Il clero"

A questo punto, l'autrice ci spiega che - all'inizio della civiltà - il clero di questo presunto culto sarebbe stato in gran parte costituito da donne, ma quando la religione mutò gli uomini succedettero a queste nella pratica rituale. Questi mutamenti, ci dice, si possono osservare anche nel culto del Dio Cornuto. Se anche in alcune raffigurazioni del paleolitico si notano più figure femminili che maschili durante una cerimonia magico - religiosa rappresentata a Cogul (Spagna nord-orientale) , in una immagine del secolo XVII° vi sono lo stesso numero di uomini e di donne (vedi immagine a fianco).

Il clero del Dio Cornuto.
Sarebbe costituito dalle Congreghe, piccoli gruppi di persone che si riunivano a celebrare alla presenza del Dio Incarnato, rappresentato da un "Gran Maestro". E sembra che, per essere ammessi nel gruppo, si dovessero superare tre cerimonie. La prima consisteva nell'accettare l'invito del "diavolo" a far parte della sua società; poi, per la "professione di fede" vi sarebbero state una cerimonia pubblica ed una assolutamente privata e segreta.
Chiaramente, dice, furono proprio i membri delle congreghe ad essere subito perseguiti dall'inquisizione, poiché si riteneva che facessero atti abominevoli, satanici, e non importava se facessero magia buona o cattiva, andavano condannati comunque.
Il numero dei membri della congrega era sempre lo stesso, 13, cioè 12 membri più il Gran Maestro. Nei piccoli distretti, ci sarebbe stata una sola congrega mentre forse, in zone più popolate, è possibile che vi fosse una congrega per villaggio, ma invece del Gran Maestro vi era una donna o un uomo che lo sostituisse.
Alla morte del G.M.,poi, i membri avrebbero scelto uno dei fedeli del gruppo o con votazione o per anzianità.

La gerarchia nella congrega.
Il capo supremo – sempre secondo la Murray - era il Gran Maestro; poi vi era il Vicario, che lo rappresentava in sua assenza ed infine vi era un membro femminile detto la "Fanciulla". Tutte le cariche potevano essere coperte da donne, anche se spesso erano portate avanti dagli uomini (tranne quella di fanciulla, ovviamente). N.B. da alcuni documenti, dice la nostra, sembra che la Fanciulla fosse anche più importante del Vicario, anche se priva di potere esecutivo: ella sedeva accanto al Dio Incarnato, alla sua destra, e guidava con lui le danze.
Ogni membro della congrega poteva convocare i membri, ma di solito nei piccoli distretti era il capo stesso a farlo.

Il vicario.
Aveva diversi compiti. Spesso convocava le congreghe, organizzava le adunanze e si assicurava che tutti i membri ne fossero informati. Inoltre, prendeva nota delle presenze e del lavoro svolto, presentava nuovi membri, riferiva al Capo chi forse si sarebbe convertito; se il Gran Maestro non era presente, era il vicario a condurre la danza in tondo; nel caso in cui il vicario fosse stato un sacerdote cristiano, avrebbe eseguito una parte del servizio religioso.

Il musicista.
Era davvero importante. Spesso era lo stesso capo della congrega a suonare, sedendo al centro del cerchio e suonando il flauto o il trigono.

L'organizzazione.
Ogni congrega era indipendente sotto il proprio vicario ma era collegata alle altre del distretto sotto un unico Gran Maestro. La congrega poteva agire da sola oppure, se occorreva più gente, con altri gruppi.
C'è da dire che nel periodo più rigoglioso del culto, dice la Murray, non vi era affatto bisogno di fare proseliti; ma quando la Chiesa divenne più forte le difficoltà portarono il Capo anche a dover fare opera di persuasione e corruzione per assicurarsi l'adesione di altre persone. E, continua, una volta entrati in congrega era difficile tirarsi indietro, poiché le regole erano molto severe. Nella maggior parte dei casi, il Capo fondava il proprio potere sull'amore che i membri provavano verso di lui come Dio Incarnato. E questo legame forte verso la propria religione era motivo di indignazione da parte dei cronisti cristiani che definivano gli adepti al culto una forma di eresia e di perversione (in quanto dal loro punto di vista, questa gente "amava" il Diavolo in persona, che prometteva loro grandi cose!).
In fase di decadenza del culto, sembra vi siano anche state punizioni come ricompense; vi potevano essere elogi pubblici nella congrega, l'onore di condurre la danza con il Maestro e doni in denaro. Al contrario, per colpe minori la punizione consisteva in un rimprovero pubblico; per le colpe più gravi si arrivava anche a percosse inflitte dal Capo, con pugni o un bastone.
Infine, durante le repressioni peggiori da parte della Chiesa, all'interno delle congreghe si arrivò persino alla pena di morte per traditori reali e potenziali, il cui tradimento avrebbe potuto coinvolgere congrega e Maestro. Il metodo era il seguente: l'esecuzione avveniva tramite strangolamento, di solito in prigione (quando, cioè, il membro della congrega avrebbe potuto parlare sotto tortura e dire tutto ai tribunali ecclesiastici). Ad uccisione avvenuta, veniva annodato intorno al collo della vittima - senza che stringesse troppo – un laccio sottile (inadatto allo strangolamento) per far capire che il prigioniero non si era suicidato ma che era stato giustiziato. I cronisti avrebbero poi scritto che il Diavolo stesso era giunto ad uccidere la persona durante la prigionia.

Il laccio o giarrettiera.
Come ci spiega la Murray, la cordicella o il laccio avrebbe avuto una forte importanza per le streghe, rappresentando il loro rango.
Di solito era usato come giarrettiera. La giarrettiera si ritrova in molte credenze legate alle streghe tuttora in Francia e appare anche in un racconto Irlandese.
In realtà, dice l'autrice, un laccio – che poteva essere della giarrettiera, quello di un cappello o il laccio dei pantaloni - era un elemento comune dell'abbigliamento ed è particolare il fatto che ricorra tanto spesso nei documenti legati al "Diavolo" delle streghe.
Probabilmente, il laccio era un simbolo di autorità portato in una parte del corpo dove fosse visibile a tutti senza però impedire i movimenti di chi lo portava. Come la nostra ci spiega, per lungo tempo è stato attribuito un certo potere magico alla giarrettiera, soprattutto se appartenente ad una donna. Ancora oggi, durante i matrimoni, la sposa porta la giarrettiera in senso beneaugurante. Inoltre, esisteva uno strumento magico, chiamato "Mettye Belt" (probabilmente nei paesi anglosassoni, visto che la Murray non cita dove - n.d.Xenia) che consisteva in una specie di corda che si poneva attorno al paziente malato per trarne un responso, cioè per sapere se sarebbe guarito o meno. E si trattava sempre di una cintura o giarrettiera di uno stregone o di una strega.
In effetti, questa strana importanza data alla giarrettiera, porta la Murray a formulare l'ipotesi che "L'Ordine della Giarrettiera", fondata da Edoardo III, sia nato con un altro senso che non quello che ci è stato tramandato. La "leggenda" narra che una dama, ballando con il Re Edoardo III, perse la propria giarrettiera e che il Re, per salvarla dalla vergogna, la prese e se la infilò nella gamba dicendo "Honni soit qui mal y pense" ("Svergognato sia chi pensa male") e subito fondò quest'ordine cavalleresco per ricordare l'evento. Secondo la Murray, in realtà, la cosa scioccante non fu tanto il fatto che la donna perdesse la giarrettiera in quanto tale (nel XIV secolo ci voleva ben altro), ma per il fatto che la giarrettiera indicava l'appartenenza ed il livello della donna nella stregoneria (la Vecchia Religione), il grado più alto. Il che era rischioso, causa le persecuzioni della Chiesa. A parte la prontezza di spirito del Re, le sue parole non avrebbero senso, dice la Murray, se non avessero un senso più profondo. Se la giarrettiera era simbolo della Vecchia Religione, infilandosela il Re aveva voluto divenire il Dio Incarnato con quel gesto, agli occhi dei sudditi pagani. Inoltre, egli fondò un ordine di 12 cavalieri al servizio del Principe di Galles e di 12 al servizio del Re, in tutto 26 membri, praticamente due congreghe. Inoltre, coincidenza delle coincidenze, il re portava un mantello con 168 giarrettiere e queste più quella che egli portava alla gamba, fanno 169 (13x13, cioè 13 congreghe ).
(Nota bene: a questo proposito, Gardner diceva che le streghe moderne di sua conoscenza usassero, per riconoscersi, un braccialetto particolare con il segno del proprio grado ed il proprio nome, mentre, nel caso di un livello superiore, avrebbero usato una giarrettiera, anche se raramente per non farsi notare; n.d.Xenia) Le adunanze.

Sarebbero state di due tipi: Esbat (riunioni delle singole congreghe) e Sabba (assemblee di tutte le congreghe). Gli Esbat avvenivano ogni settimana, anche se non sempre nello stesso giorno e nello stesso luogo. Erano sia a fine religioso che organizzativo. La presenza agli Esbat era obbligatoria per i membri, ma ai riti religiosi erano accettati anche altri fedeli. La parte pratica di Esbat e Sabba era costituita dai resoconti che i membri facevano del lavoro svolto la settimana precedente e di quello che si proponevano di fare la volta successiva. Vi erano consulti con il Capo per qualsiasi motivo, gli si chiedevano consulti per malattie da guarire, per la divinazione, oppure un nuovo membro riceveva istruzioni di vario tipo. Oppure, il Capo chiedeva aiuto ad alcuni membri per qualche faccenda, se si dovevano sperimentare incantesimi, cure ecc., così come si parlava di possibili persone interessate a convertirsi o all'organizzazione del proselitismo. Dopo queste cose, il rito religioso: il Capo faceva qualche predica generica, fissava i dogmi della religione, poi avveniva la danza sacra. Poi vi era il banchetto, si passava ad un'altra danza e poi si tornava a casa.
L'Esbat si poteva fare in interno o in esterno, ma quest'ultima opzione era la migliore. Avvenivano di notte e la durata variava da ciò che si doveva fare.
C'erano anche alcuni Esbat durante il giorno, ma dipendeva dalla volontà del Maestro.
I Sabba si sarebbero tenuti ogni tre mesi: il 2 Febbraio (Imbolc), alla vigilia del primo maggio (Beltane), il 1° Agosto (Lammas) e la Vigilia di Ognissanti (Samhain). Quindi: l'anno era diviso in due semestri (che cadevano a Maggio e Novembre) suddivisi a loro volta in due trimestri. Non vi sono compresi equinozi e solstizi, bensì i momenti stagionali legati alla procreazione degli animali. Per i Sabba non c'era bisogno di mandare un avviso, poiché si tenevano tutti gli anni lo stesso giorno. Si tenevano all'aperto, soprattutto sulle colline per poter riunire più gente possibile. Il Sabba era ritenuto davvero un momento importantissimo dai fedeli del culto.

Lo spirito famigliare.
Sembra che fosse ritenuto un elemento importante per la pratica delle streghe. Poteva essere un cane, un gatto, un puledro, una lepre, un topo, un rospo ecc. Lo spirito famigliare era di due tipi: uno era usato per le divinazioni, l'altro per l'attività magica. Gli spiriti famigliari sembra appartenessero solo ai membri della congrega e non agli altri fedeli.

Lo spirito divinatorio (divining familiar): quando una strega entrava in una coven le veniva detto con quali animali doveva fare le divinazioni e le venivano date istruzioni sul metodo da impiegare. Di solito per questo scopo si usava un cane, generalmente nero. Spesso, se la strega viveva in un luogo in cui scarseggiavano animali, poteva ricorrere a più animali. Lo spirito divinatorio veniva indicato dal Maestro appena la strega fosse entrata nella congrega e le insegnava come usarlo. Vi era anche la possibilità di avere un animale per la divinazione privata, a cui doveva essere dato un nome con una cerimonia specifica a cui partecipavano diversi membri. Da alcuni documenti, sembra che questi animali venissero nutriti con una pappa di latte e farina e che venissero consultati sempre prima di un viaggio: se essi erano allegri, allora tutto sarebbe andato bene, ma se fossero stati tristi, sarebbe stato saggio rimanere a casa. Il modo di fare divinazioni variava da animale ad animale e dal tipo di domanda posta; era il Maestro stesso ad insegnare come fare e quali parole usare prima che l'animale apparisse, formula in cui vi era sempre il nome del Dio.
Lo spirito divinatorio era spesso un grosso animale, un cavallo o un cervo o un grosso volatile (in mancanza, si traevano auspici da una nuvola). La sua caratteristica era che non apparteneva alla strega ed era usato solo per trarre auspici. Era sempre indicato alla strega dal Maestro e non aveva caratteri particolari, poiché qualunque animale andava bene a questo scopo; era usato soprattutto per prevedere lo svolgersi delle malattie.

Lo spirito servente (domestic familiar): da non confondersi con lo spirito divinatorio. Aveva, infatti, caratteri diversi. Era sempre un animale piccolo ed apparteneva alla strega che lo teneva in casa; spesso era chiamato folletto (imp) o spiritello e anche Diavolo.
Era nutrito in modo molto particolare ed era usato solo perché eseguisse gli ordini della strega. Poteva essere un cagnolino, un gattino, una talpa, un rospo, un topo ecc. che si potesse tenere in qualche piccolo recipiente.
Era nutrito dalla padrona (in modo quasi rituale) per addomesticarlo e farlo tornare a compito svolto.
Secondo Murray, nel cibo sarebbe stato mescolata una goccia di sangue della strega per fare diventare, in un certo senso, l'animaletto parte di lei. Inoltre, gli veniva sempre dato un nome ed era considerato dotato di poteri magici, sebbene li esercitasse sotto il controllo della padrona, sempre e solo per attività magiche e mai per la divinazione. Si trovano tracce di questo tipo di animale nei processi in Inghilterra, ma mai, ad esempio, in Scozia. In alcuni casi, gli spiriti serventi potevano anche essere ereditati e donati, così come potevano essere comprati e venduti. Un altro modo per ottenerlo era quello di recitare una certa formula e poi prendere a servizio il primo animaletto che compariva a formula recitata (che - come sempre - conteneva il nome del Dio). Lo spirito servente veniva spesso usato per atti di maleficio.

La scopa.
Secondo la Murray, la scopa aveva una grande importanza nei riti e soprattutto nella danza in processione. Essendo un utensile per lo più usato in casa dalle donne, si iniziò a crederlo un simbolo della donna stessa. L'andare a cavallo della scopa (broomstick riding), invece, sembra fosse una variante dell'andare a cavallo di un tipo qualsiasi di bastone e sembra che fosse una cavalcatura usata dai membri delle congreghe per andare ai Sabba o per partecipare alla danza eseguita in processione. I bastoni erano gambi di ginestra, erba calderina, canapa, leguminose o fusti vuoti di qualunque altra pianta, come anche frassino mentre, nel Levante, rami di palma. Quindi, la cosa importante era più che altro l'atto di cavalcare in sé, non tanto il bastone usato, come atto cerimoniale, per lo meno secondo le ipotesi della nostra.

Gli unguenti…per volare.
Molte streghe durante i processi ammisero di volare ai Sabba, dopo essersi cosparse con un apposito unguento. Probabilmente, la sensazione di volare era data proprio da queste sostanze che, forse, in alcuni casi davano effetti allucinogeni, come certe droghe. Esistono molte ricette, dice la Murray, per questi unguenti. La maggior parte contiene aconito e belladonna (ma poteva esserci anche della Mandragora, n.d.Xenia).
L'aconito rende irregolare il battito cardiaco mentre la Belladonna provoca il delirio. Non importa se fosse la persona ad essere cosparsa o se lo fosse il bastone cavalcato: in tutti e due i modi, il soggetto avrebbe provato la sensazione di volare e, soprattutto se a cavalcioni del bastone, avrebbe avuto la convinzione di volarenell'aria. In origine, la scopa veniva usata sia per scopi magici, sia per usi domestici ed era un gambo tagliato da una pianta di ginestra con un ciuffo di foglie ad una estremità. Si riteneva che questa pianta avesse certe proprietà legate alla fertilità, tanto è vero che esisteva il matrimonio celebrato con la scopa (broomstick marriage), così come saltare sopra un manico di scopa sembra facesse parte dei riti nuziali degli zingari. Per altri versi, in Inghilterra, si credeva che la ginestra avesse anche poteri distruttivi. Secondo la Murray, anche in India la scopa (di foglie di palma da dattero) avrebbe avuto una certa importanza se non addirittura una sacralità, così come gli spazzini avrebbero avuto un ruolo simile a quello della strega in Europa.