The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Editoriale Beltaine 2012

Beltaine 2012

Ho avuto molte donne in vita mia. E in ogni camera ho lasciato qualche mia energia. Quanti figli dell'amore ho sprecato io, racchiusi in quattro mura, ormai saranno spazzatura. Se un figlio si accorgesse che per caso è nato fra migliaia di occasioni capirebbe tutti i sogni che la vita dà. Con gioia ne vivrebbe tutte quante le illusioni. Quante lacrime ho strappato senza mai piangerci su. Quante angosce ho provocato per godere un po' di più. Quante frasi false ho detto quante strane verità per fare sul mio metro questa personalità.

A volte mi sembra di essere in Drawing Down completo per giorni. Cammino per le strade, mi siedo alla scrivania dell'uffico, agisco e sento parlare la mia voce, muoversi il mio corpo come se in qualche modo fossi distaccato, come se vedessi tutto da dietro un vetro. Alcune amarezze della vita sono perpetue, ma è in parte la scelta di ciò che sappiamo fare. Ieri uno sconosciuto che è in gilda con me su World of Warcraft, uno di quei nomi così "weird", come li ho sentiti definire in trade, quindi niente altro che un qualcuno dall'altro capo del mondo, con una vita a se stante, con le sue disperazioni, i suoi problemi, le sue gioie, i suoi sogni, le sue peculiari attitudini mi ha ringraziato. Nei giorni precedenti si è confidato con me su un problema e io in qualche modo l'ho aiutato a riappacificarsi con sua moglie con la quale ha avuto una crisi, e sono riuscito a farlo riflettere sul non essere giudice della moralità perché non possiamo sempre sapere che cosa spinge le persone a comportarsi in un modo o in un altro. Capita a volte che le persone si ritrovino a confidarsi con dei totali sconosciuti con una facilità più drammaticamente logica che quella che si troverebbero ad avere se avessero davanti un vecchio amico. Io credo che in parte questo dipenda dal fatto che quando non si conosce qualcuno si ha meno pretese di giudicare ma di dare consigli più disinteressati e che, in fin dei conti, sono ancora i migliori che si possano ricevere. Sempre, ovviamente, ricordandosi di Big Kahuna: I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga. Beh insomma, dopo avermi aggiornato sulla situazione, specificando che pian piano le cose si stanno calmando, si è sentito di ringraziarmi e l'ha fatto usando il mio nick di WoW, quindi praticamente si è rivolto ad una donna, dato che uso un personaggio femmina. Mi ha detto questa cosa: mi sei stato più vicino tu che non mi conosci per niente. Al che, dato che io sono talmente stronzo da non lasciarmi sfuggire nemmeno una singola occasione per riflettere sulla sfumatura di ogni singolo avverbio che viene utilizzato a proposito o a sproposito in una frase, dopo aver replicato che non doveva ringraziarmi e che l'ho fatto perché lo sentivo e dopo essere entrato in Alterac Valley a farla pagare cara ai giocatori della fazione avversaria (non vi dirò mai se sono Orda o Alleanza, quindi non chiedetemelo), mietendo i miei nemici come grano maturo ho riflettuto su quelle parole. Alcuni dicono che io non dovrei nemmeno venirci qui in ufficio, il mio lavoro non è questo. Il mio compito non è questo. E obbiettivamente non è che abbiano totalmente torto. Se avessi forse avuto una concezione diversa e una visione differente della spiritualità avrei anche mosso alcuni passi in alcune direzioni diverse ma sento che, sopra ogni altra cosa, il significato e il motivo di ciò che faccio deve essere determinante nelle mie scelte, qualsiasi essi siano. Anche quelle che mi portano ad essere un poveretto senza soldi che non può pagarsi nessuno dei fantastici seminari che vengono organizzati e che ogni volta devo lasciar passare con immenso rammarico.
E poi c'è anche troppa gente che vedo in giro che non vuole essere ciò che è. O a volte si vergogna di ciò che è ma non può fare a meno di esserlo. Quanto fanno riflettere le ferite che l'elettività non solo su base di affinità possono causare e a cosa possono spingere le persone a fare pur di non sentirle bruciare. Proprio in questi giorni sto rivedendo, per cause esterne, l'evoluzione della spiritualità pagana e ho ricordato contando sulle dita delle mani (e qualcuno dei piedi) gli anni che sono passati, come sono passati e cosa ne è stato. Ogni cosa ha un prezzo da pagare. E in questo prezzo devi scegliere che ruolo vuoi avere. Ma quando a volte sento e leggo le persone che si impiantano in una data situazione senza non solo non averne la conoscenza, ma anche dominati da quella commovente banalità del parlare che li smaschera subito, mi rendo conto anche che lo scopo per molti, principalmente, è cercare di essere parte di un gruppo che vedono come elitario e credono forse che, spacciandosi come conoscitori di quel qualcosa, possono avere accesso a quella che ritengono l'élite. Peccato che così dimostrano, spesso, di non capire che quello che desiderano è per lo più paragonabile alla descrizione di ciò che si vede in una camera buia standone al di fuori.
Vi svelo il segreto. Tutta questa stronzata dell'élite è solo nella vostra testa.
Ecco, l'ho detto.
Non che non esista l'esoterismo, anzi. Ma l'esoterismo è il gioco di parole che si usa quando qualcosa non ci è svelato a prescindere e una volta capito il meccanismo, ecco che anche la formazione che la vostra squadra del cuore metterà in campo prima che venga pubblicata diventa faccenda esoterica. Non lasciatevi fregare dal bisogno di essere parte di qualcosa di grande. Avete tutte le carte in regola per essere di per voi qualcosa di unico e grande anche senza dovervi sentire per forza parte di quella élite che, se trattata come tale, viene caricata da voi stessi di arroganza e investita di un potere che in realtà non ha. La vostra vita non sarà né migliore né peggiore se doveste un giorno ritenere di farne parte, sia che siate stati eletti da qualcuno a farne parte sia che fingiate da voi di farne parte perché parlate, agite, cercate di pensare come se lo foste. Anzi, non cambierà proprio un cazzo. Non ha senso far finta di sapere qualcosa che non sapete e tastare il terreno con chi avete di fronte e che, forse, sta facendo il vostro stesso gioco per non tradirvi ma nello stesso tempo per cercare di farlo tradire. A parte che almeno una volta nella vita lo abbiamo fatto tutti e chi dice di no è solo perché non lo vuole ammettere. Magari non nel campo dell'esoterismo, certo. Ma l'umiltà è qualcosa che si impara e si percorre nel tempo e che spesso ci si autoimpone: è una via difficile e in salita. La scorciatoia è menarsela. Io a scuola ero il cazzo di numero uno nel far finta di sapere le cose. Riuscivo a scampare le interrogazioni solo con il potere del rigirare le parole. Tognazzi sarebbe stato fiero di me. La cosa che rende ridicole queste situazioni è quando due persone che non hanno la minima idea di che cosa si stia parlando e che non cedono terreno l'uno all'altro si trovano di fronte e si affrontano. Una situazione biblica. È tutto un duello e un gioco forza per cercare di carpire informazioni dall'altra persona e per non ammettere la propria ignoranza. Tutto un gioco di Aikido per sbilanciare l'avversario, per farlo tradire. Uno Spy Game. Colpire, affondare, parare... botta e risposta, come in Monkey Island quando devi sconfiggere il maestro della spada di Melee e fai allenamento con i pirati. Chiunque può agitare una spada e sperare di infilzare qualcosa. Ma se vuoi battere il Maestro della Spada devi sapere quando ferire il tuo avversario nell'orgoglio con un insulto. E prima di sapere come farlo, devi imparare il corretto botta e risposta. La cosa divertente è quando uno dei due capisce che l'altro sta bluffando ma non può smascherarlo perché altrimenti dovrebbe ammettere anche lui di non sapere di cosa si sta parlando. Ho assistito ad alcune di queste scene e mi pareva di essere sul set di Attila il Flagello di Dio quando Abatantuono si trova sui banchi di scuola e incontra Silone che gli domanda quanto è grande la Luna: Io lo so, tu lo sai, lo sanno tutti... che bisogno c'è di dirselo?
Quando sentite dire che il percorso è dentro di noi che cosa vi viene in mente? Possono solo essere gli insegnamenti, la sensibilità, la profonda osservazione spirituale, la templare saggezza? Se è solo questo allora non c'è insegnante umano che vi possa aiutare. In verità non è il voler essere parte di qualcosa a darvi la possibilità di esserlo; è talmente grande la parte motivazionale che vi deve spingere da essere schiacciante, perché affinché il significato di ciò che fate abbia un senso completo sia nella realizzazione dei propositi, sia nella crescita che nell'evoluzione spirituale dovete essere pronti a dei sacrifici, a smontare il vostro modo di vedere, a ribaltarvi a riabilitarvi, ad essere come il viaggiatore: Io so che pendetti dall’albero spazzato dal vento per nove notti intere, dalla lancia ferito e sacrificato a Odino, io stesso a me stesso, su quell’albero che nessuno sa da quali radici cresca. Pane nessuno mi diede né corno per bere, in basso guardavo; raccolsi le rune, urlando le presi, poi caddi di lassù..
La conoscenza del segreto sta nel viaggio. E il viaggio sta nel sacrificio, non nel raggiungere un luogo, ovunque sia, quindi anche in piani non conoscibili della fisica. I viaggi più importanti si fanno senza muovere un singolo passo. Affrontare una qualsiasi esperienza quindi può portarci di fronte a due diverse opzioni: capirla o non capirla, di conseguenza accettarla o non accettarla. La crescita non è nell'accettare qualcosa che non potresti accettare per nessun motivo al mondo se non perché il motivo per cui ti muovi ritieni sia degno di quel sacrificio, ma perché ti senti in qualche modo pronto ad accettarla. Se non sei pronto è bene che non la affronti ma che aspetti la prossima volta. Che sia o meno in questa vita. Dopotutto, come diceva Arundale, una vita non è che un giorno e i giorni sono molti. E comunque ciò che rimane incompiuto qui e ora troverà il compimento nell'attraversamento del molto sottile, nei tempi e nei modi che si porranno e si snoderanno nelle diverse situazioni e condizioni che mai e poi mai potremmo stabilire e pensare di comprendere ora che esistiamo in questa forma. Dopotutto il corpo non è altro che l'abito che indossiamo e che nasconde ciò che vive e ciò che, infine, smontato ritornerà ai principi basilari di cui è composto. È paradossale pensarci a volte. Non mi fa sentire meno piccolo, o più grande se vogliamo. Forse voglio sperare che ciò che sto facendo e che sto insegnando abbia un senso reale che non debba essere strettamente legato alla schiavitù della fisica. Quante speranze, eh? Vivo malgrado me stesso, sì, come dici tu. Ed è difficile attuare il controllo. Forse mille vite su mille vite, dallo stato minerale a quello dimensionalmente inaccettabile dalla mia limitata concezione umana non sarebbero comunque abbastanza. Perché fai ciò che fai?, mi ha chiesto un ragazzo che mi sta intervistando in diverse riprese per una tesi di laurea. Ho atteso due secondi per rispondere. Prima ho sorseggiato la mia birra chiara, ho azzannato qualcosa che avevo nel piatto. Ho deglutito e ho replicato: Per evolvermi e per aiutare l'umanità ad evolversi. È forse il più grande progetto che mai potrei pensare di attuare perché non coinvolge solo la mia vita presente, ma tutte quelle future. Non posso mica pensare di fermarmi ora. Se sono qui è perché devo (ri)trovare e ricordare il mio scopo principale. Ecco qual è il segreto del mio viaggio alla discesa delle profondità insondabili, fino al luogo, immoto e oscuro dove le radici del frassino sacro divengono sottili come i capelli di Sif. E poi su, di nuovo, sulle fronde più alte, attraverso tutti e nove i mondi, il conoscibile e l'inconoscibile, il visibile e l'invisibile, alla perpetua ricerca di niente che non mi sia utile, quindi destinato a trovare e vedere tutto, a provare ogni sfumatura dell'emozione umana, ogni combinazione delle infinte possibilità, come Neo quando si trova davanti al creatore di Matrix e si rende conto di essere solo uno tra i tanti che si sono susseguiti. Ma credi sempre di essere l'unico, imprescindibilmente indivisibile, immortale, invincibile, senza ombra. L'unico te stesso che potrà mai essere partorito, sapendo, dentro di te, che nel principio delle cose stai mentendo senza pudore a te stesso.
Un filosofo sosteneva che quando assurdamente affermi di conoscere te stesso, specchio infine veritiero del principio basilare per il quale si dovrebbe infine seguire una via spirituale, non fai altro che rapportarti al tuo corpo materiale composto di atomi aggregati e tenuti insieme da quello che quel fisico premio nobel mancato (a suo dire, ma di base anche io sono un premio nobel mancato, come sono un benzinaio mancato, un astrofisico mancato, un salumiere mancato... mi rifarò nella prossima vita - magari non nel premio nobel però) sosteneva fosse dovuto a quella che è nota come forza elettromagnetica residua. A quei livelli uno può trovare la risposta che vuole ma pare che ogni cosa stia in piedi proprio perché elettroni e protoni hanno carica opposta e si attraggono l'un l'altro. Se tutto è basato su questo principio, alla fine è proprio questo che fai in continuazione con il potere più grande che esista al mondo: il logòs. Pensi, quindi sei. E se pensi fai agire qualcosa. La tua mente è composta da quegli stessi protoni e quegli stessi elettroni di cui è composto il computer sul quale stai leggendo queste righe. E come loro ogni altra cosa, anche lo stronzo di cane che c'era davanti al mio cancello quando sono uscito per andare al supermercato questo pomeriggio. Ovvio che se collego lo stronzo di cane ad un pensiero, pedissequamente lo collego direttamente al concetto del padrone dell'artista quadrupede produttore del suddetto stronzo che non ha pensato che magari io, passante di lì in quel dato momento, potrei non aver desiderio di far sì che gli elettroni e i protoni degli atomi della mia scarpa rimangano soggiogati dalla forza elettromagnetica residua che li legherebbe con quelli dello stronzo del suo cane. Anche perché poi gli stessi protoni ed elettroni della mia scarpa, legati a quelli del mio piede e dei muscoli della mia gamba potrebbero essere attratti da quelli del suo culo. Ma il punto, vedete non è lo stronzo di cane. È che noi, proprio come quella merda (la prima), il suo produttore, il padrone (la seconda merda)... ogni altra cosa, si rismonta nei suoi atomi primari e si rimescola compiuto un ciclo. Se siamo vivi e poi non lo siamo più il corpo smette di essere utile ai fini della vita come logòs e lo diventa ai fini della vita di altri. E allora saremo tutti pronti ad accogliere quella vita con il quale, volente o nolente, ci gettiamo sempre con positività, come ogni nuovo inizio. Via, alla scoperta di questo mondo che, paradossalmente, dimentichiamo di conoscere. Un po' perché vedendolo da punti di vista differenti ogni volta è sempre diverso, un po' perché alla fine è anche come cominciare una nuova partita a The Witcher 2: posso prendere strade diverse.
Non so come farei, insomma, così, pronti via. Ora come ora in questa vita sono così soggiogato ad alcune grandi bellezze che il solo privarmene mi fa stare poco tranquillo. L'amore è solo una di queste. Eppure, sostengono i più grandi illuminati, l'abbandono del bisogno è un passo fondamentale per l'evoluzione spirituale. Insomma, meno male che non sono un illuminato, così posso ancora avere una scusa del cazzo per godermi un Beltaine come quello che mi sono goduto sabato con i miei fratelli e le mie sorelle del cerchio. Non tutti, ovviamente potevano essere presenti... ma come sempre, benedetti siano tutti coloro che ho nel cuore, che non possono essere qui e che sono vivi, da qualche parte sotto questo cielo. Quanta schiavitù ci porta l'appartenenza alla razza umana, allo status sociale, ad un pensiero filosofico, ad una corrente spirituale. Ecco dove sta la non conoscenza di noi: non siamo solo ossa, sangue, muscoli e organi. Fin qui credo che anche mussulmani ed atei potrebbero stringersi la mano e dirsi d'accordo. Eppure quando pensiamo a questo la prima cosa che ci viene in mente è disegnare una mappa di ciò che vediamo nello specchio. Ma Afrodite nacque dal mare, nella sua spuma, dallo sperma stesso del fallo evirato di Urano e gettato nell'oceano. E questo per chiarirci che ciò che è il principio che nasce dall'inconscio (il mare) è qualcosa che nasce privo di controllo (l'amore). Ed è questo che viene temuto in assoluto di più. E qui si nasconde il principio del non conoscersi. Celi ciò che non vuoi vedere e lo mascheri con il bisogno, che al di fuori del fisiologico è, in linea spirituale, un bagaglio. Eppure se mi guardo in giro, nei dintorni, sia vedendo quel delinquente scardinato di cervello che picchiava sua moglie l'altra sera minacciando di ucciderla, sia l'incredibile Luna che si stagliava tra gli alberi dell'ippocastano sul lago di Como sabato sera e che, anche se fotografata, non avrebbe mai reso lo stesso identico, immortale senso di immensità e pace e tranquillità e che per fortuita circostanza ci siamo goduti solo in tre dopo i bagordi della giornata mentre lasciavamo offerte al genius loci, ecco che sento che tutto si incastra in attimi e secondi, cristallizzati singolarmente in un grande unico disegno che mi fa capire che lo scopo primario per me stesso è fare tutto ciò che posso per sapere come affrontare questo mio ritorno alla vita e che prosegue da ormai trentaquattro anni.
Sì, le nostre vite sono legate. In un modo che non credevo possibile. E tu piccolo, eri mio fratello prima di essere mio figlio. Dici che è per questo che ci divertiamo così tanto e che non vedevo l'ora di riaverti qui con me? Prego con tutto il cuore di poterti precedere nel grande mistero e la prossima volta, magari, capiterà che ci si combinerà in modo diverso. Questa l'abbiamo già provata, insomma. Spero di aver fatto un buon lavoro finora e di riuscire a continuare a farlo. Mi saprai dire. Poi sceglieremo anche in quel momento. Non in base al nostro desiderio, no, quello si perderà. In base a ciò che abbiamo di incompiuto. Non corriamo quindi a compiere ciò che siamo ora, perché domani saremo qualcosa di diverso ed il destino dell'incompiuto è compiersi, ma magari con archi e curve molto più lunghe di quelle che potremmo mai immaginarci. Ed è anche un po' questo il mistero delle cose, come dice John Cusack in Martian Child: in questo momento, io e te, qui, formati da milioni di atomi che sono stati parte di milioni di altri organisimi prima di formare noi, seduti su questa roccia rotonda con un nucleo di metallo liquido, tenuti da una forza che tanto ti turba che si chiama gravità, girando per tutto il tempo intorno al Sole a sessantasettemila miglia all'ora e sfrecciando attraverso la Via Lattea a seicentomila miglia all'ora, in un universo che potrebbe benissimo stare rincorrendo la propria coda alla velocità della luce, e circondati da tutta questa frenetica attività, consapevoli del nostro stesso imminente decesso, che è un modo carino per dire che sappiamo che moriremo... ci aiutiamo l'un l'altro. Qualche volta per motivi di vanità, qualche volta per motivi che non sei abbastanza grande per capire, ma un sacco di volte tendiamo la mano e basta. E non ci aspettiamo nulla in cambio. Non è strano questo? Non è curioso? Non è strano abbastanza? Oh sì, caro John, che è curioso. Però mi chiedo se è stata vanità o quell'altro motivo che un bambino ora non potrebbe capire a far sì che io convincessi le persone a fare pace e continuare il loro cammino, quando ne ho avuto possibilità. E credo che sia la seconda ipotesi, in verità, quella giusta. Dal momento che non l'ho mai fatto per principio, ma solo quando sentivo che per un motivo che anche a me, in quel momento, appariva arcano e misterioso, sentivo che dovevo farlo. Sì, ragazzo, dovevo. Potrei cercare diecimila fini per rispondere al tuo perché, quando tu me l'hai chiesto, ma in realtà il motivo è solo uno: ogni persona deve percorrere il proprio sentiero, la propria linea, nella vita che sta vivendo, che collega la culla alla tomba. E non c'è niente che nessuno di noi può e dovrebbe arbitrariamente fare per impedire lo scorrere delle cose se farlo significa seguire dei principi personali che possono essere la guarigione, la salvezza, la vita o anche solo l'amore a prescindere, ma qualsiasi va bene per rientrare nei canoni di questa attitudine. Ma ci sono quei momenti in cui senti che il tuo apporto è necessario per un fine che ti sfugge perché è nel tuo cammino intervenire, quella volta, perché farlo è parte del tuo motivo di crescita e se non lo fai questa volta rimandi solo l'appuntamento alla prossima. E allora decidi se vuoi farlo e, nel caso tu voglia, lo fai. Sono quelli i momenti in cui hai un potere influenzativo di altissimo livello perché di fatto stai cambiando il cammino di una persona. Ma ci sfugge a volte l'altra faccia della medaglia: lo cambieresti lo stesso anche lasciandolo invariato, dal momento che se sei venuto a conoscenza di una situazione tale da ritrovarti coinvolto in qualche modo significa che sei abbastanza vicino da poter essere un segnale del cambiamento. È qui che sta il segreto dell'evoluzione spirituale portata al multiplo e non al singolo. Il difficile sta nel capire quanto del cambiamento che implichi e causi nella persona nella cui vita intervieni si relega al tuo stato di grazia o al suo. Nessuno di noi, qui, nasce e muore con una missione che non sia uguale a quella di tutti gli altri. Medesime possibilità, medesime opportunità. Solo rapportate in modo differente. E non è la materialità, questo pezzo di carne semovente, che può cambiare la cosa. Se ritenete che sia così allora significa che siete schiavi. E ne ho conosciuti una marea nel mondo, di schiavi. È un principio di infanzia legato all'età adulta, quell'immaturità che in realtà non ha tempo. King sosteneva che il talento è la dannazione dell'aspettativa e che quindi se ritieni di essere capace di scrivere pensi di essere stato messo al mondo per spazzare via Shakespeare. Se credi o se scopri di essere un guaritore pensi di avere il dovere morale, umano, evoluzionistico, di dover guarire o di salvare il mondo da se stesso o da chi lo abita, dimenticando, forse, che il mondo è fatto esclusivamente da chi lo abita. Fra poco più di sei mesi secondo alcuni, fra qualche anno secondo altri, fra qualche milione di anni secondo altri ancora, quando la stella intorno alla quale giriamo pazzamente smetterà di avere combustibile da consumare o getterà un'ondata elettromagnetica che investirà il nostro pianeta e che causerà il malfunzionamento di ogni impianto elettrico ed elettronico in ogni angolo del mondo, rigettandoci quindi all'età della pietra, se sopravviveremo a questo enorme cambiamento, avremo la possibilità di rivedere alcuni dei nostri principi basilari. Non avremo più niente da guarire forse, ma avremo qualcosa da ricostruire.
E allora il singolo avrà influenza sul multiplo.
Una mia cara amica ritiene che noi attraiamo ciò di cui abbiamo bisogno per crescere. È ciò che credo abbia imparato nella sua vita. Anzi, beh, diciamo che so che è così, se no conoscendola non l'avrebbe passato con tale umiltà. Vedete, lei è una di quelle persone incredibili che non c'è giorno nella mia vita in cui non dovrei ringraziare perché la dea ci ha fatti incontrare. E poi non lo faccio perché scado anche io in quella politica stupida e inutile di dare per scontate le cose che ho quando le ho senza rendermi conto del beneficio enorme di cui dispongo. Non solo la sua esperienza mi è ogni volta sia di conforto che di apertura, ma ha quella grandezza dentro che ti fa capire che ogni volta che qualcosa le capita, anche se può apparire brutto, terribile, è capace, nel dolore e nella gioia, di fermarsi e cercare di vedere oltre. Soffre come tutti noi, sbaglia come tutti noi, ride e gioisce come tutti noi, e non sa fare queste cose meglio o peggio di come un giorno spero di poterle saper fare anche io, semplicemente ha sviluppato la capacità di non fermarsi alla forma ma saper vedere la funzione. E non è invincibile, lo so io e credo lo sappiano tutti quelli che come me la amano, ma è proprio il sapere che non è invincibile e averla così grande a renderla invincibile, anche se può apparire così solo ai miei occhi.
A volte, quindi, in quei brevi istanti di quiete che una giornata mi concede dai miliardi di impegni che si accalcano, mi ritrovo a riflettere, ad ammirare, a capire che, come dice Battiato, siamo come lucciole che vivono nelle tenebre. La luce che emettiamo in quei brevi istanti, è solo uno spaccato silenzioso dell'urlo continuo che è il verbo della creazione. Il suono, principale, di cui ogni cosa è pregna e che muove le cose, in sistematico riposizionare. Ciò che ad un orecchio non allenato possono apparire cose senza senso, per chi conosce e vede in realtà si riversa il principio di ogni singola molecola. Siamo l'antitesi del preordine, sia mentale che fisico. Ogni cosa si muove in una sua orbita e non contrasta l'altra per principi che apparentemente ci sono ignoti. Il motivo per cui si muove, il significato stesso del suo moversi è quello che ci rimanda al motivo per cui un monaco tibetano impiega giorni per fare un mandala e poi lo distrugge: tutto scorre e niente è per sempre.