The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Editoriale Litha 2015

Litha 2015

Come capita? Come ci si innamora? Come si perde la testa senza capire né come né perché? Madre, come funziona questa meccanica strana? È tutto biochimica, illusione, incertezza, è tutto rincorrere un sogno immaginario? Oppure è come precipitare in un dirupo, lasciandosi cadere, colpendo più volte degli spuntoni di roccia, inciampando sempre nello stesso sasso, sfracellandosi sulle stesse pietre, ancora macchiate del nostro sangue coagulato? O magari è diverso e non ci si butta mai, ma si rimane sospesi, come appesi sopra il mondo, levitando come una piuma, come il sacchetto di carta che danzava per Ricky Fitts in American Beauty. Magari all'ultimo ci si distrae a cogliere una fragola e l'essere immemori della nostra natura ci permette di cadere. O magari è come passare il dirupo senza precipitare, sempre soll'orlo, sospesi sopra il tempo e lo spazio, senza mai guardare giù.
Come capita, Padre? Tu che ogni anno ti innamori di nuovo della stessa dea che ti ha generato, concedimi quella consapevolezza. Tempo fa credevo di aver capito tutto quanto, ma poi la risposta mi è sfuggita di nuovo e io ho deciso di smettere di cercarla, di lasciare che l'amore mi trascinasse via, esattamente come diceva quel bellissimo film: "l'uomo non sa perché si innamora. L'uomo viene travolto e basta".
Un giorno mi verranno poste delle domande, un giorno dovrò dare delle risposte. Ora, tutti i genitori devono fare i conti con le domande e hanno anni per allenarsi ad essere convincenti. Io so che chi me le porrà non si accontenterà di filosofia. Mi riderebbe in faccia con lo stesso tono con cui riderebbe se parlassi di cavoli e cicogne. E pensare che ho scritto un libro che parla di quello dall'inizio alla fine, mi dico talvolta. Eppure ne so ancora meno di quando l'ho cominciato. Il problema è sempre che al contrario di altri campi, nell'amore l'esperienza che possiamo fare non ci dà, in realtà, argomenti per capire come funziona questo sentimento, ma solo armi utili ad osservare come noi reagiamo all'evento.
A volte mi scappa da ridere a pensare a quanto l'incostanza delle nostre certezze ci accompagni come un pastore tedesco addestrato fa con un cieco. E noi ci affidiamo ad essa anche se sappiamo benissimo che per sua natura l'incostanza è incostante e si muove con quella precisione infallibile degli stormi di rondini nel cielo, delle masse di pesci simili a sfere argentate sospese nel vuoto degli oceani. Per quanto insegni da anni il concetto del mistero, del suo stretto legame con l'esperienza, anche fatta quella io mi rendo conto quanto poco sappia di esso nelle sue forme più pure, perché per quanto cadere e rialzarsi faccia parte dell'amore, nessuno di noi in totale sincerità, può dirsi esperto di cadute anche dopo la ventesima volta che inciampa nello stesso sasso.
Cos'è questa cosa che sentiamo dentro, in profondità e che ci eleva, ci fa sentire diversi, pronti a fare qualsiasi cosa, anche renderci ridicoli, anche fare cose stupide e apparentemente senza senso? Come capita che ne veniamo investiti? Un mattino ci alziamo e non ci rendiamo conto di cosa ci sta succedendo. A volte ci innamoriamo senza che un soffio di vento ci scompigli i capelli, senza che ci si debba nemmeno spostare dalla posizione assunta nel momento della nascita. Siamo e non siamo. E quando cerchiamo di capire come è capitato non sappiamo ricondurre ad un momento particolare e tutto è indistinto, come un sogno che si scioglie al mattino, come le opere del madonnaro amico di Mary Poppins quando comincia a piovere.
Nonostante l'insuccesso, nonostante la difficoltà, nonostante a volte sia come affrontare Grommash nella Giungla di Tanaan o le tigri dell'isola Pan Tang, la ricerca è sempre capitanata dalla soddisfazione dell'insoddisfazione. Ad ogni alba e ad ogni tramonto, abbandonando le proprie diverse e molteplici identità al proprio passato, da levante a ponente, ci muoviamo alla ricerca di quel qualcosa che ci dà ad intendere che l'essenza di ciò che siamo è da ricercare anche in ciò che desideriamo. Ma come capita? Come rimaniamo aggrappati a questa corda che rimane sospesa su un abisso, sicuri di poter guardare dio negli occhi, cullati dalla consapevolezza che tutto ciò che è amore è giusto e che ciò che ci capita è come una carezza che guarisce la sbucciatura del cuore? Quel cuore grande che ci permette di ignorare i confini e di estendere la forza del nostro desiderio oltre il mondo e oltre il visibile e l'invisibile, quel cuore che per quante ferite rimargina ci sussurra sempre la possibilità di tornare a vivere di nuovo, ancora e ancora, come fa a continuare a battere sempre e sempre, senza arrendersi mai, anche quando tutto il resto è perduto?
Madre, perché le persone si innamorano, si feriscono in modo terribile e si perdonano cose imperdonabili? Navighiamo in acque agitate di questi tempi, e molti sono i momenti e i motivi che potrebbero estirpare ogni desiderio e ogni speranza. Eppure vedo coppie che si innamorano vivendo su confini così lontani da renderli pressoché alieni l'uno all'altro. Vedo persone che lottano per questo sentimento e mi sento così fiero di e per loro. Come avviene tutto questo? È magia o è solo parte del grande mistero che mai verrà svelato? So di amarla quando la guardo negli occhi. So di amarla quando dormo e sogno di lei. So di amarla quando vedo il mio nome a fianco al suo, quando mi cerca nella notte e sento il suo fiato sulla mia spalla quando dorme, quando il suo sorriso apre anche il cielo invernale. E so che tutto questo è capitato perché il tempo e il suo scorrere dovevano fare un proprio corso, preciso e ordinato, ma in ogni modo a noi oscuro. E so di amarla perché vivo nella speranza che questo stesso tempo che ci ha resi ciò che siamo sia clemente con entrambi e che nel suo incedere non ci renda troppo diversi, anche quando i giorni si accumuleranno su altri giorni e i mesi e gli anni su altri anni. È questo quello che ci capita? Nasciamo divisi, aneliamo all'unione, diceva il vecchio Clive, eppure siamo sempre alla ricerca di un completamento di noi stessi, come il gemello misterioso che abita dall'altra parte del mondo, identico a noi in ogni forma ma totalmente estraneo.
Sapete, ogni volta che lego le mani a qualche coppia, per quanto sia concentrato nel rito di matrimonio che sto svolgendo in vostro nome, io mi perdo sempre nell'osservare il modo in cui i due sposini si guardano. C'è stato un tempo, quando ho celebrato il mio primo handfasting con una cara amica, in cui sopra ogni altra cosa avrei desiderato che qualcuno mi guardasse nel modo in cui i due sposi si guardavano. Poi è capitato a me e ho visto quella lucentezza negli occhi di quella che ora è mia moglie. E allora ho capito che tutto ciò che ho sempre sentito in poesie, canzoni, curiosi passi di autori di ogni tempo è riconducibile sempre alla stessa cosa: ciò che è vero risplende da sempre. Quando sai, dentro di te, che stai cercando qualcosa che ti possa condurre in alto e sei disposto a fare tutto il possibile per far sì che ciò che cerchi giunga nella tua vita con le modalità e le tempistiche giuste per te, ciò che cerchi arriverà. Non ci sono poesie, scritti o filosofie che possono insegnarci la via per questo mistero. Questo è ciò che ho imparato da voi in questi lunghi anni passati a ciondolare per il mondo sul cammino che ho scelto e su cui un po' avete scelto voi di condurmi: tutto è esperienza, e in quanto tale per capire dobbiamo vivere. Anche l'amore. Anche la morte. Soprattutto nello stretto legame su cui possono contare, derivato dal nome stesso che condividono.
Madre cosa spinge le persone a stare assieme, a cercarsi, a cercare di vedere il bello le une nelle altre, a cercare di costruire una vita assieme, a fare sacrifici affinché sia possibile per loro scavarsi un piccolo spazio in questa immensa roccia che vortica a questa incredibile velocità nell'immenso universo? Come dice Alain De Botton: "Circondati come siamo da un numero infinito di persone, èspontaneo chiederci (osservando la nostra innamorata che parla al telefono o se ne sta distesa difronte a noi nella vasca) perchéil nostro desiderio si è concentrato su quel particolare viso, quella bocca, quel naso, quell'orecchio, perché sono proprio la curva di quel collo o la fossetta di quella guancia la risposta perfetta ai nostri criteri di eccellenza? Ogni amante ci offre, per il problema della bellezza, soluzioni diverse, eppure riesce a ridefinire la nostra estetica amorosa in un modo tanto originale e idiosincratico quanto il contorno del suo viso".
François de La Rochefoucauld sosteneva che esistono persone che mai si sarebbero innamorate, se non avessero avuto la notizia che questa cosa esiste. Se lui aveva ragione, allora forse è sapere che esiste l'amore ad indurre gli uomini ad innamorarsi? È tutta colpa dei poeti, degli autori, dei musicisti, degli artisti, quindi. A chi portava la favella del romanticismo. Sono loro quindi a rendere tutto possibile, a svolgere il ruolo di buffoni della sorte, ad indossare l'abito, la corona, il mantello e ad impugnare lo scettro per quel breve lasso di tempo prima che la loro testa rotoli. Sono sempre i pazzi a caricarsi dei mali del mondo. Possiamo sempre lapidarli e nessuno li compiangerà fino a quando qualcuno non riconoscerà in loro la grandezza del loro pensiero e allora li chiameremo martiri intellettuali. Il mondo ha sempre appetito di persone da santificare retroattivamente. Ci fa sentire sempre un po' più illuminati ritenere che quelli che ci hanno preceduto fossero degli stolti, dei barbari, dei degenerati. Ma secondo questa logica chi ci seguirà ci riterrà alla stessa stregua di come noi trattiamo i poveri plebei che razzolavano gli scarti gettati dalle abbazie del dodicesimo secolo.
Come spighe che si piegano al vento, siamo capaci di resistere all'amore, alle difficoltà che esso ci porta, cercandolo sempre e sempre; a volte anche con quell'arroganza di prerogativa che ci dà diritto imprescindibile di pretendere di averlo nella nostra vita e conoscerlo per il semplice fatto che altri lo hanno e lo conoscono. Non sempre il ragionare in computo semplice di azione e reazione ci permette di capire il significato dello scoglio contro cui, navigando per i mari della vita, la nostra barca si è fracassata. Siamo in grado di capire che l'amore è un dono, ma non siamo capaci di capire come e perché. Come bambini quando questo dono non arriva picchiamo i piedi o piangiamo, o ci disperiamo. Purtroppo la ragione non segue schemi precisi nemmeno nei pensieri più semplici e argomentati; quando si scontra con emozioni e sentimenti la nostra razionalità è del tutto soggettiva. Il concetto del merito nell'amore non ci è mai chiaro proprio perché lo intendiamo secondo un punto di vista personale e del tutto umano. Forse è per questo che ci rivolgiamo a voi, affinché ci possiate illuminare, se non nella comprensione, nell'accettazione dell'ignoranza che ci rende umili e inutili. Ti amo è sempre una citazione, leggevo una volta in un vecchio libro. Eppure ogni volta che lo diciamo siamo come selvaggi che non conoscono il fuoco e ne hanno paura. Perché è davvero la cosa meno originale da dire, ma l'unica che tutti vorrebbero sentire. Eppure sapere di amare non è mai una garanzia di riuscita. È una speranza di sopravvivenza di un sentimento, un certo cercare una risposta dentro di me, dentro di te e nelle nuvole, nel cielo, nelle foglie, nei bruchi che misurano centimetri di rami come se fossero chilometri, nelle farfalle che danzano su e giù evitando accuratamente di posarsi sulle nostre mani tese ad accoglierle.
Come avviene che un giorno perdiamo la nostra capacità di razionalizzare, di accettare la mutevolezza del vivere, la fragilità della condizione umana incarnata? Cerchiamo la parmenidiana immutabilità che si mostra apparente ai nostri occhi come un fiume ghiacciato, credendo che anche nella sua forma azzurrina e cristallizzata l'acqua sia davvero immobile solo perché al nostro sguardo non ci è possibile coglierne lo scorrere che è misurabile solo in decine di anni. Come avviene che impariamo ad amare temendo che il latte versato sia rancido, che il sangue versato sia dolce, che nelle cadute un po' ci sbucciamo anche il cuore e dimentichiamo che non sono solo perdita e sofferenza le misure dell'amore, ma che lo diventano solo quando lo vediamo da un futuro incerto verso un passato non chiaro. Non è la consapevolezza che ci manca, Madre. È l'abbandono all'istinto. Pensiamo di poterlo dominare, di razionalizzare il cuore, la sensazione di formicolio quando abbracciamo una persona che desideriamo, quando ci svegliamo e sentiamo che quella persona ci manca come se fosse ossigeno e che averla con noi anche solo per cinque minuti diventa la nostra ora d'aria nella grande prigionia della separazione che, in un modo o nell'altro, alcuni di noi cercano e trovano e altri si ritrovano a dover vivere e a cui devono resistere con stoicismo e determinazione e speranza.
Quando verrà il momento in cui decreterai che sia giunta l'ora per abbandonermi al tuo sacro abbraccio e quando i figli dei miei figli avranno ereditato questo mondo che va al contrario, io so di avere una sola grande speranza per loro: che i semi di ciò che tutti noi, in un modo o in un altro, gettiamo al vento, possano trovare di che attecchire e che possano accettare che ci sono tante cose al mondo che possono e devono essere capite, ma alcune, poche a dire il vero, che possono solo essere vissute.
Solo questo. Solo questa piccola cosa.