The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Editoriale Oestara 2008

Oestara 2008

Scrivo a te, anche se sei uno/una dei tanti e delle tante (vi siete chiamati così) che passano di qui e leggono. Scrivo a te, perché come è giusto che sia, desideri una risposta che sia tua e non come gli sms di auguri per i sabba che ricevo dalla mia ex, che sembrano davvero per me ma che so non essere per me. Scrivo a te come quando scrivo una canzone... che è sempre tua, indipendentemente da quanti la cantino tutti assieme in uno stadio affollato - quando si chiudono gli occhi si è sempre soli con le parole.
Sai... le persone come me sono tanto strane. Mi capita talvolta di alzarmi dal letto e desiderare solo che la dea mi porti via subito, senza avere il tempo di salutare nessuno. Altre volte mi sembra di avere una missione da compiere e di non poter dire di no... altre ancora sono solo tanto stanco di riguardare a quello che non ho fatto e a tutte le interminabili vicissitudini che non ho vissuto, ma inevitabilmente lo faccio. Perché lo facciamo tutti. Dopotutto ci sono solo due tipi di persone al mondo: chi si guarda indietro e chi non lo ammette. È il destino dell'essere umano... sapere che ci sono delle possibilitа, non sapere se quelle che ti capitano sono veramente dipese da te o da un'entitа esterna, come sostiene il vecchio Guglielmo di Ockam... e rimpiangere e incavolarsi perché ci sono altri che stanno meglio e peggio di noi.
Io sono felice, credimi. Perché essere felici significa accontentarsi del relativo. Significa saper vedere quello che hai e apprezzarlo. Significa rendersi conto che basta uno schiocco di dita perché qualcuno te lo smerdi o te lo porti via. E questa cosa ti permette di apprezzarlo di più.
Come tutte le giornate, capitano anche per me dei momenti di sconforto... perché non riesco a vedere che cos'ho di bello e vedo solo quello che ho che non va. è come guardarsi allo specchio, non credi? Dipende sempre con che prospettiva ti guardi. Quando la mia donna era incinta di nostro figlio si guardava allo specchio e si vedeva "diversa". Io la guardavo e la vedevo "madre". Siamo sempre stati disaccordi su questo punto di vista... ed una persona può sempre applicare il rasoio di Ockam... dire che sono gli ormoni, che è la gravidanza, che è tutto quello che vuoi... ma io credo che dipenda da noi cosa vedere quando guardiamo. Se mi parli di ormoni e litio per giustificare gli sbalzi umorali allora ti ribatto con adrenalina, feromoni e testosteroni quando parliamo di amore. Su, dai... prendiamo tutto con il rasoio di Ockam, tagliamo via tutto... via... zack zack zack. Ecco cosa rimane: mura e sussurri... riduciamo tutto lì. Allora se guardassi una donna sarebbe come dice Oddone da Cluny, che si è scagliato contro l'attrazione dei sensi e della bellezza del corpo femminile (una parafrasi esposta anche ad Adso da Melk da Ubertino da Tradate ne "Il Nome della Rosa" di Umberto "quaeque ipsa miserimma vidi, et quorum magna fui" Eco): "Se gli uomini vedessero quel che è sotto la pelle, così come si dice che possa vedere la lince di Beozia, rabbrividirebbero alla vista delle donne. Tutta quella grazia consiste di mucositа e di sangue, di umori e di bile. Se si pensa a ciò che si nasconde nelle narici, nella gola e nel ventre, non si troverа che lordume. E se ci ripugna di toccare il muco o lo sterco colla punta del dito, come mai potremmo desiderare di abbracciare il sacco stesso che contiene lo sterco?". Hai mai visto un corpo umano con questo occhio? Nonostante abbia seri e credo fondati dubbi sul fatto che nel medioevo in Francia gli uomini fossero fatti diversamente, sotto la pelle, da come descrive lui stesso le donne, Oddone non ha visto male... dipende dal punto di vista. Non è solo carne e sangue, quello di cui siamo fatti? Smontiamo un essere umano ai minimi termini... e cosa rimane? Tutte le emozioni, i desideri, le aspettative, i sentimenti... sono tutti raccolti in questa grande sacca di tessuti e fluidi? Sì. Eppure nessuno se la sente di dire che è così.
"E che mi dici dell'amore?", chiede Keanu Reeves
"L'amore? A livello biochimico non è diverso da una scorpacciata di cioccolata", risponde Al Pacino.

E così, sempre citando Eco... quale miglior risposta se non quella del Maestro al suo discepolo: "Per dominare la natura, prima dobbiamo imparare ad obbedirle..."
Niente è sempre e solo come noi la vediamo. Ogni cosa ha diverse interpretazioni. Talvolta... ti alzi da letto e ti sembra di aver capito tutto... altre volte, ti sembra invece che tutto il mondo ce l'abbia con te. Lo sappiamo bene. Sono stati venduti milioni di album e guadagnati milioni di euro su queste cose... non si sbaglia mai a parlare di questi argomenti, soprattutto nella musica. Che ne sarebbe di Ligabue e Vasco se non fosse così?
Il punto, sai... è che il Reef... è una schiavitù per me. Non in senso negativo, capiscimi... in senso lato. Come se fosse una corda tesa tra me e la dea. Il Reef è la mia parete bianca, che cancello e riscrivo. E spesso mi rendo conto che non faccio caso a quanti siete che lo leggete, che lo visitate. Per scherzo, forse... potrei anche fare rivelazioni assurde, tanto la mia donna so che non lo visita mai. E invece chissа quanta gente che ci capita sopra e legge, commenta, ci pensa su... e io metto a nudo me stesso su un tavolo da macellaio, armandovi di coltelli e invitandovi a giocare con la mia carne, lasciare il segno, la firma, far vedere che ci siete, che anche voi esistete. E creare così una mappa sul mio corpo, una mappa di tagli e ferite che mi permettono, infine, di ricostruire ciò che sono, e leggerlo e capirlo quando credo di essermi perso per strada (cos'è questa cicatrice qui? Ah giа... ora ricordo).
Siete voi... capisci... siete voi che io prendo per mano e sei tu e gli altri che mi scrivono e che leggono e che ci pensano... voi mi aiutate a ritrovare la strada, mi guidate nell'oscuritа, come una piccola candela che brilla lontana, ad una finestra... e che seguo tra le fronde di un'oscura foresta, quando il buio è calato e ombre ricurve attendono acquattate dietro i tronchi. Ho bisogno del Reef come ho bisogno di non perdermi in quella foresta, anche se nessuno di voi leggesse mai queste righe e nessuno mi scrivesse e mi dicesse che le apprezza. Ogni parola è un sassolino bianco, una mollica di pane, un centimetro di iuta del mio saio monacale.
Mi ricordo che Antonella, della banda Basilico, durante i Sacri Fuochi di quest'anno mi ha detto una cosa molto bella. Invita i suoi figli ad andare davanti alla buia foresta che circonda la sua casa, proprio nel momento in cui le civette e i barbagianni cominciano a planare in cerca di preda, ed urlare forte, a squarciagola, prima di coricarsi. Sostiene che proseguire in questo piccolo rituale giornaliero aiuti i suoi figli a dormire sereni. Ricordo di essermi accigliato quando ho pensato a questa sua abitudine del tutto sana. La foresta oscura e buia per l'umanitа è sempre stata simbolo di pericolo in agguato. Le favole sono punteggiate di questi tetri boschi dove i figli vengono abbandonati, dove le streghe costruiscono casupole di marzapane e dolci, dove i lupi famelici si aggirano divorando gli incauti; lei ha escogitato questo modo per invitare i suoi figli ad affrontare l'inquietudine, la paura, la rabbia: piazzarsi davanti a ciò che non possono vedere, conoscere, e brandire in mano la propria insicurezza come un'arma; affrontare quindi la foresta a muso duro come l'incarnazione delle paure, delle difficoltа, degli ostacoli, delle strade e dei giorni tenebrosi innanzi a loro, facendo risuonare il loro barbarico YAWP sopra i tetti del mondo.
Io, come molti altri... purtroppo non ho alcuna foresta contro cui urlare. E se mi mettessi a farlo fuori sul balcone, si sveglierebbe il quartiere e mi tirerebbero le pentole. Come tale ho creato il Reef...
Mi serviva una foresta, capisci? Mi serviva un buio luogo inquietante da affrontare e contro cui urlare forte, mostrandogli di avere sì paura, ma di essere capace di affrontarla a pugni stretti. Perché la vita, quando arriva, porta via tutto quanto. E a noi non resta che viverla... come quel tipo che aveva incontrato Jim Morrison ad una festa e gli aveva regalato un telefono. E con quel suo tono querulo e smarrito gli aveva asserito porgendoglielo: "Mi hanno detto che mi avrebbe permesso di parlare con Dio... ma io non ho niente da dirgli. Parlaci tu con Dio". Volteggia la poiana, animale codardo.
Purtroppo è triste diventare un punto di riferimento... senza volerlo essere davvero. Ma solo cercando di fare ciò che desidero. Ma credo sia inevitabile... insomma. Ho chiesto a due amici di aiutarmi e adesso uno ha tirato l'altro... e così siamo in tanti. E c'è gente che va e che viene... che si sofferma, che rimane soltanto per una notte. E ogni amico ha portato con sé altri amici cui far sapere che il Reef esiste, e così si è creata una piccola rete di contatti che si allarga e si espande... senza che io, in realtа, possa veramente dominarlo (anche se mi illudo che sia così). è anche per questo motivo che ho deciso di chiamarlo Reef. è una citazione di Barker, dal libro Everville. Non so se l'hai mai letto... è il secondo di una saga che sembra non si sia ancora conclusa. Beh, tralasciando la storia che è lunga è complessa e che esula da questo editoriale... il Reef appare come una sorta di server collegato al web, che come un motore di ricerca immagazzinava dati e fatti ed eventi legati al mondo del paranormale o comunque del mistero. Una massa di dati in continua espansione che si aggiornava da sola e da utenti che la infoltivano. La persona che l'aveva creato, sosteneva di averlo chiamato "Corallo" proprio perché era come una forma di vita che cresceva grazie al contributo di minuscole particelle di materia morta, trascinate dalla corrente. Direi che è stato come se avessi sentito anche io (come raccontava Baricco) la voce del mare e ne fossi rimasto folgorato. Come se avessi trovato una via per dire ciò che sentivo, sapendo che le persone che leggevano, (se leggevano) avrebbero preso ciò che scrivevo come una nota spray... come quella scritta che c'è (penso che ci sia ancora) sul muro alla fermata di Pasteur della Metro 1 di Milano. La vedevo sempre quando aspettavo mio fratello davanti ai tornelli, con lo zaino in spalla. Andavamo in palestra assieme (quando ancora avevo voglia di fare movimento). Era sempre lì quella scritta, tracciata a mano decisa con un Uni-Posca azzurro. Pareva urlare. Diceva soltanto: "9-11 ME NE SONO ANDATA". Non c'erano firme, ne spiegazioni... solo una data di un anno imprecisato e un'affermazione fatta da una donna. Era scritta piccola, ma io la vedevo sempre. E nonostante avessi poco più che l'etа per lo sviluppo, forse neanche, sentivo frangersi delle onde su quelle parole. Era come se mi urlassero sempre e sempre, in continuazione. Come se quella misteriosa lei avesse voluto lasciare un messaggio per qualcuno, forse se stessa. E mi chiedevo... perché lì? per chi? Era forse un appuntamento mancato e lei aveva lasciato il messaggio a chi non era arrivato per tempo? O forse si riferiva ad un dato momento della sua vita in cui aveva abbandonato una storia, la famiglia, un ragazzo, la cittа... da cosa se ne era andata?, mi chiedevo sempre. Perché il 9 novembre? Perché aveva voluto calcare la mano? Dopotutto è istintivo notare la mano calcata. Avrebbe potuto dire... "Sono andata via", e invece aveva scritto "Me ne sono andata". C'è più decisione in quella piccola particella pronominale. ME NE SONO ANDATA. Mi sembrava dire... sono giunta al limite... ho fatto quello che potevo... oppure... guarda in faccia la veritа, oppure... finalmente mi sono liberata di una situazione spiacevole.
Io credo che non si usino mai termini a caso... la lingua italiana è folta... è una delle più complesse al mondo. Questa sua innata complessitа ci permette di trovare tantissime sfumature leggere e pesanti per ciò che desideriamo dire. Non per niente sul dizionario dei sinonimi e dei contrari troviamo almeno una dozzina di sinonimi della parola "chiaro"... limpido, cristallino, trasparente..., ma nessuno di questi è uguale all'altro. Tutte le volte che leggevo quella frase... sentivo il peso nelle sue parole. E mi ricordo che ci pensavo... e ci penso ancora adesso, senza poi sapere un accidente su quella persona. Magari ora sarа una donna, magari non è nemmeno più in vita... magari è felice o è tornata indietro... chissа. è un po' come quando guardi una foto di una persona che non conosci. E hai solo quella foto... la rimiri al punto da poter disegnare i suoi lineamenti ad occhi chiusi... tracciare una mappa dettagliata delle sue curve, delle pieghe dei suoi vestiti, dei suoi capelli. Arrivi ad un punto di innamorarti di quelle linee, senza capacitartene le osservi senza tregua e scavi nei suoi occhi, nel bagliore del suo sguardo e ti pare di poter cogliere le emozioni che stava provando in quel momento, le ombre dei pensieri che passavano dietro lo specchio dei suoi occhi. Rimugini una vita sul perché sembrava lievemente triste, perché quella luce nei suoi occhi sembrava spenta... ma non saprai mai niente altro e ti rimarrа sempre il dubbio, eterno ed immortale, come un pugnale piantato nella schiena in quel punto esatto che non raggiungi con nessuna delle due mani, come la spina della strega Karabа. Il dubbio del chi e del perché. Un dubbio che solo la persona della foto potrа mai colmare, e che, nel profondo di noi stessi, non desideriamo colmare per nulla al mondo, perché sappiamo tutti che la prosaicitа della vita distruggerа ogni poesia che ci siamo immaginati, che abbiamo sognato, disperatamente desiderato. E talvolta, anche data stupidamente per scontata, a dire il vero. Tanto da rimanerne delusi come la principessa Fiona stesa nella sua torre quando arriva Shrek a liberarla.
Ecco dove va a finire tutto, in questo grande calamaio dove intingo la penna ogni volta che mi accingo a scrivere. Non vi sbircio mai all'interno per paura di veder nuotare sotto la superficie forme oscure prive di volto che l'hanno proclamata loro dimora. So che sono lì, come coccodrilli albini nelle fogne le ho lasciate libere di riprodursi, di adattarsi. Nonostante io non le disconosca, preferisco non guardarle e far finta di ignorarne la presenza, fingo di dimenticarmi la loro funzione non priva di scopo e o fine a se stessa. Tutti fanno così. Solo i bambini possono permettersi di specchiarsi in uno stagno limpido senza paura.
Sai, un giorno, mi ricordo, aiutai un'amica nella trasposizione scritta di un'intervista ad un luminare artista (credo architetto) che, come me, si lasciava andare a parlare. Mi ricordo che in modo pazzesco legava gli argomenti con un sottile filo di ragnatela, lasciando dietro di sé, nel parlare, enormi dubbi di discorsi sospesi che facevano venire il mal di mare. Ad un tratto mi ricordo che si fermò e disse: "Prendi una mia esperienza... vado in banca a ritirare sette milioni (si parlava in lire ancora), torno a casa e me ne trovo sei." Si soffermò qui, ricordo... sul fatto che anche se avesse avuto una macchina del tempo estremamente avanzata tecnologicamente, non sarebbe bastata a fargli trovare il coraggio di tornare indietro a vedere se aveva sbagliato a prelevare o se li aveva perduti per strada. Non è pazzesco quanto sia vero? Non ci pensi mai? Sei qui e ci sei perché sei tu e perché alcune cose dovevano andare così, non necessariamente perché il tuo browser doveva soffermarsi qui inchiodandosi su questo editoriale. Ci sei perché ci sei e basta. Ci sei perché hai capito, forse, come l'ho capito io, che non puoi pensare di avere tutto sotto controllo... perché qualcosa ti sfugge sempre, e alla fine delle strade e dei giorni, quando l'ammontare delle cose fatte/non fatte e delle cose dette/non dette, che nella classfica dei rimpianti fanno sempre il maggior peso, saranno così numerose da aver bisogno di un rimorchio per trainartele, ti renderai conto anche tu che hai solo perso tempo e tutte le cose che pensavi di dover tenere sotto controllo ti sono scivolate via sotto il naso, come uno starnuto. E quello che ti resta è solo la consapevolezza, come il sapore asprigno di un'amarena sotto spirito, del fatto che potevi fare diversamente.
Potevi goderti ciò che avevi senza tentare di controllarlo per forza, tanto per dirne una. Potevi amare le persone che ti sono vicine senza tentare per forza di imporre a loro la tua saggezza (per quanto preziosa). Potevi evitare di fare discussioni per cose inutili e dire più spesso a chi ti ama "ti voglio bene". Potrei continuare per ore... e sono sicuro che anche tu ti ci ritroverai... magari non con te stesso, ma con qualcuno che conosci. Perché le nostre vite sono così tanto diverse l'una dall'altra... ma da un capo all'altro di questo mondo, in maniere diverse, con punti di vista diversi, tutti sappiamo e viviamo le stesse, identiche cose.
Perciò grazie di essere passato e grazie di essere passata. Grazie di avermi scritto, di aver speso questi minuti della preziosa vita per leggere e condividere. Il Reef, con le sue due parti... bianca e nera... vive e respira grazie anche a te.

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