The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Le Divinità Primeve

 

LE DIVINITÀ PRIMEVE
 

Prima di arrivare a concepire una divinità che fosse mascolina o femminina, il genere umano ha passato varie fasi. Il bisogno che ha portato alla vera e propria creazione delle divinità si è manifestato in forme diverse nel corso del tempo. L'umanizzazione degli spiriti naturali che ora chiameremmo "divinità primigene" ha impiegato molte migliaia di anni per manifestarsi.

Il primo concetto di divinità era ben differente da quella attuale e si trattava esclusivamente di una divinizzazione della natura in quanto tale, nelle forme che svolgevano per l'uomo l'uffizio delle incombenze primarie dei suoi bisogni primari: quelli di sostentamento, salute e riparo. La prima forma di divinità quindi si creava mediante l'osservazione della natura che circondava le popolazioni più antiche. Prima quindi di arrivare a concepire un pensiero di divinità Padre e Madre, esisteva una primitiva forma di sciamanesimo che attualmente sarebbe considerata una via di mezzo tra il panteismo e l'animismo. Queste due forme di spiritualità concepiscono il divino in forme mediamente simili. La prima prende il nome da un termine che deriva dal greco: Pan Theos, dove "Pan" sta per "tutto" e "theos" è il termine che si usa per definire il divino. Quindi "la divinità in ogni cosa", pertanto la natura nella sua interezza è una manifestazione della divinità. Questo stesso termine è quello poi usato per formare la parola "pantheon", ossia l'insieme delle divinità adorate da una data popolazione. La seconda invece prende il termine dalla parola "animus", che significa "spirito", quindi credere che il divino sia uno spirito, pertanto ogni cosa è una manifestazione fisica di uno spirito a sé stante, che sia un essere vivente o meno.

Nella concezione primitiva, quindi precedente all'umanizzazione e al pensiero più complesso, era più utile e di conseguenza facile adorare la terra, il cielo, l'albero, l'acqua, l'animale in quanto tali invece che ritenere che esistesse una forma superiore che gestisse ognuna di queste cose. Non ce n'era bisogno perché i bisogni primari erano differenti.

Ma facciamo più chiarezza, introducendo un concetto attuale. Nel decennio a partire dal 1943, uno psicologo statunitense, Abraham Maslow, pubblicò il libro intitolato Motivation and Personality. In questo testo divulgò un pensiero piramidale su quali fossero i bisogni primari dell'essere umano e che vediamo esposta nell'immagine di cui sotto:

 

 

 


Come vedete alla base della piramide risiedono i cinque bisogni fondamentali: quelli fisiologici, ossia le necessità che se non soddisfatte possono portarci alla morte, più o meno rapidamente, e che fanno parte del naturale vivere del nostro organismo.

Al secondo gradino abbiamo il bisogno di sicurezza, quindi la necessità di un riparo e di vestiti con cui coprirci per proteggerci dalle intemperie.

Al terzo abbiamo la necessità di riprodurci e al quarto quella di non sentirci soli e di avere qualcuno con cui condividere pensieri e opinioni. Solo all'ultimo punto si situa la nostra spiritualità. Insomma, soltanto quando siamo in pace, quando abbiamo sistemato tutte le altre incombenze, allora possiamo filosofeggiare e pensare alla nostra moralità.

Affiancandola al concetto divino vediamo come l'evoluzione delle divinità ha subito una metamorfosi analoga alla piramide di Maslow. Le divinità dei bisogni primari erano spiriti naturali: erano l'animale selvatico, il fiume che dava il pesce, il cielo che faceva piovere, la terra che dava i frutti. Una volta che questa soddisfazione veniva risolta (la pastorizia, l'agricoltura, l'allevamento, la creazione di una società) ecco che le divinità potevano cominciare a rivestire ruoli differenti, più profondi e complessi, e da qui nacquero le divinità dei mestieri, dei sentimenti, dei ruoli umani in genere. Quando un uomo doveva svolgere una certa mansione poteva chiedere l'ausilio di un dio appropriato. Con la crescita dell'adorazione, ad esempio, il dio dei mari diventava quindi anche quello delle navigazioni, delle correnti, dei fiumi, della pesca e dei pozzi d'acqua in genere, espandendo il suo dominio e la sua area di influenza, inglobando anche ruoli prima rivestiti da spiriti diversi che, a volte, rimanevano come servitori del dio più importante.

Nella mitologia, che è poi la cartina di tornasole che possediamo noi ricercatori per cercare di comprendere le divinità nella loro complessità, ad un occhio attento questa metamorfosi non sfugge per nulla e viene interpretata in modi diversi. Proprio in questi giorni, parlando con il Bardo, per mantenere un parallelismo nella sua sezione degli archetipi, ci siamo imbattuti nel concetto proprio dei Titani della mitologia greca, che rivestono un ruolo determinante nella comprensione di una delle manifestazioni di questa metamorfosi. Il mito, a grandi linee, ci parla di divinità più antiche che hanno a loro volta generato divinità più giovani in una genealogia che potrebbe perdersi nell'alba dei tempi. Esiodo, nella sua Teogonia, parla di Caos come di un principio nero e voraginoso che generò Gea, Tartaro, Eros, Erebo e Nyx, e di conseguenza generò la Terra, gli Inferi, la Notte, l'oscurità infera, e l'Amore. "Dunque al principio fu il Caos, e poi la Terra dal grande seno, sede incrollabile di tutti gli immortali che abitano la sommità del nevoso Olimpo, e il Tartaro tenebroso nelle profondità della grande Terra, e poi Amore, il più bello degli immortali, che irrora del suo languore sia gli dei che gli uomini, ammansisce i cuori e trionfa dei più prudenti propositi. Dal Caos nacquero Erebo e la tenebrosa Notte. Dalla Notte Etere e il Giorno nacquero, frutti dell'amore con Erebo. A sua volta Gea partorirà il suo simile in grandezza, il Cielo stellato che dovrà ricoprirla con la sua volta stellata e servire da dimora eterna per gli dei beati. Dopo essa genera le alte montagne, rifugio delle divine ninfe nascoste nelle loro felici valli. Senza l'aiuto di Amore, essa genera il Mare dal seno sterile, dalle agitate onde furiose".

Fu Gea a generare Urano, con la cui unione, dopo i mostruosi Ecatonchiri centimani e i Ciclopi, ebbe i Titani: Rhea, Crono, Tethys, Temi, Dione, Crio, Ceo, Mnemosine, Oceano, Giapeto, Iperione, Febe e Tia. Dal momento che Urano, temendo di essere spodestato, richiuse i Ciclopi e gli Ecatonchiri nel Tartaro, Gea armò Crono con una falce e lo istigò a servirsene per vendicare i fratelli, e questi la usò per evirare il padre e gettarne il fallo negli oceani, dal cui seme nacque Afrodite e dal cui sangue, cadendo sulla terra, nacquero le Erinni, i Giganti e le ninfe Melie. Crono prese quindi il posto del padre e divenne il dio del Tempo, prendendo la sorella Rhea come moglie e avendo da lei tre figli e tre figlie che però divorò, temendo, per via della profezia rivelatagli dai genitori, che un giorno avrebbe subito la medesima sorte del padre. I sei figli che Crono ebbe da Rhea erano infine i primi sei olimpi: Estia, Era, Demetra, Ade, Poseidone e Zeus. Solo l'ultimo si salvò dalle fauci del padre che venne nutrito, per inganno della moglie, con una pietra (secondo un altro mito anche Poseidone sfuggì perché Rhea servì a Crono un puledro e nascose il figlio tra una mandria di cavalli). Il piccolo Zeus fu cresciuto dalle ninfe finché non giunse a prendere il suo posto, avvelenò Crono costringendolo a rimettere tutti i fratelli e liberò i Ciclopi dal Tartaro, che come ricompensa gli forgiarono le saette che utilizzò per combattere la guerra contro i titani, consegnandoli in custodia agli Ecatonchiri per l'eternità.

In questa genealogia spiccia possiamo notare come Urano e Gea rappresentino l'aspetto primordiale degli dei, i generati dal Caos, il dio panteistico che risiede in ogni cosa. Per quanto possiedano anche aspetti umani sono quindi più vicini ad un concetto animistico che ad uno politeistico, come invece si viene a formare con gli dei Olimpi. Crono e Rhea invece sono una via di mezzo tra l'antropomorfizzazione e il concetto animista in quanto la dea riprende l'aspetto "terra" di Gea, ma si riconferma come una divinità madre e signora delle creature selvagge, non per niente viene rappresentata su un carro trainato da leoni; una figurazione questa che la associa molto vividamente con Cibele. Seguendo la genealogia vediamo come gli dei Olimpi siano decisamente più complessi ma che il mito non smette di portare con sé le divinità primigene. Prendiamo Elio e Semele, rispettivamente Sole e Luna. Apollo è un dio solare ma non è il Sole, bensì colui che guida il carro del Sole. E Artemide non è la Luna, è una dea lunare, ma rimane la divinità vergine e indipendente della caccia. Non per niente quando Demetra è alla ricerca di Kore si rivolge proprio ad Elio perché le possa dire che ne è stato della figlia, dal momento che lui di lassù ha visto tutto. Quindi a volte le divinità vengono soppiantate, a volte semplicemente degradate, nascoste, mutilate, trasformate, bandite, smembrate e tutto questo aspetto mitologico, a livello storico, è dovuto alle diverse invasioni e scontri con popolazioni e culture differenti che hanno portato con loro nuovi concetti, sempre più articolati, di divinità.

Se desideriamo quindi distinguere un'evoluzione delle divinità, questa segue uno schema di questo tipo: panteista (ossia un frammento dello stesso divino in ogni cosa), animista (uno spirito divino diverso in ogni cosa), politeista (dei diversi per diversi aspetti che interagiscono tra loro come entità differenti), monoteista (un dio unico creatore e giudice di ogni cosa).

La formazione e la metamorfosi delle divinità avviene quindi secondo uno scopo dettato quasi esclusivamente dal bisogno e dall'incongruenza con una filosofia in evoluzione, in linea e al passo con i tempi, in quanto, essendo eggregori tendono a rimanere allineati con lo scorrere del tempo.