The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Mandragora (Mandragora officinarum)



A cura di Lyrio Baelfire

MANDRAGORA

Nome scientifico: Mandragora officinarum L. (syn Mandragora vernalis Bertol.); Mandragora autumnalis Bertol.
Nome comune: Mandragora, Mandragola, Mano di Gloria, Radice del Diavolo.
Famiglia: Solanaceae.
Descrizione botanica: Pianta perenne, acaule (senza fusto), con rosetta di foglie a margine intero o dentato da cui spuntano fiori pentameri, ermafroditi, peduncolati, bianco verdastri nella prima specie, violetto pallido nella seconda. Fornita di un grosso rizoma e di radici che spesso assumono un aspetto antropomorfo, da questo aspetto particolare derivano tutte le leggende, superstizioni e riti folkloristici.
Habitat: La prima specie è presente in Italia settentrionale, la seconda in Italia meridionale.
Fioritura: Estate.
Parte utilizzata: Rizoma.
Raccolta: Autunno.
Principio attivo principale: Atropina (alcaloide tropanico): antagonista dell'acetilcolina (importante neurotrasmettitore) per i recettori muscarinici (recettori che controllano particolari funzioni autonome, come la frequenza cardiaca, la contrazione del muscolo liscio e la secrezione), provoca effetti parasimpaticolitici, descritti in seguito. A basse dosi (1mg) provoca secchezza della bocca a causa della diminuita secrezione delle ghiandole salivari, dilatazione della pupilla, rallentamento della funzione gastroenterica, tachicardia; a dosi medie (2-3mg) i sintomi sopra citati sono accentuati; ad alte dosi (>5mg) spasmolisi della muscolatura liscia, difficoltà di degluttizione, vasodilatazione dovuta all'assenza di sudorazione, blocco dell'attività intestinale, se la dose supera i 10mg è possibile la morte.
Curiosità: Il termine “Mandragora” ha diverse origini. Secondo alcuni deriverebbe dal sanscrito mandros “sonno” e agora “sostanza” oppure mandara, “paradiso”. Altri attribuiscono al nome un'origine tedesca medievale, mann-dragen “figura di uomo”.
Inoltre questa pianta prende moltissimi nomi comuni, a seconda della cultura e del luogo. Ad esempio in Francia è nota con il nome man de gloire “mano di gloria” o mandragloire dall'unione dei nomi mandragora e Magloire, il nome di un'elfo del folklore francese. Il termine mano di gloria si riferisce ad un oggetto magico: la mano mozzata di un condannato a morte, fatta seccare e immersa nella cera con la quale si fabbricava una candela in grado di stupire e paralizzare “come fossero morti” tutti coloro che la guardassero, come descrive Alberto Magno nel suo Libro dei Segreti. Probabilmente l'associazione tra la mandragora e la mano di gloria deriva dai poteri soporiferi del rizoma e dal fatto che Claudio Eliano e successivamente Plinio il Vecchio ritenessero che essa brillasse di notte. Il Catelan riferisce inoltre che il succo fosse bevuto dalle streghe, in quanto rende invisibili, potendo quindi rapire indisturbare i neonati mentre succhiano il latte dal seno materno, “essendo una pratica comune tra le streghe di essere ghiotte della carne del neonato”.
Le altre virtù magiche che vengono spesso riportate riguardano la prosperità e la ricchezza, al pari del vischio la mandragora consentiva di trovare tesori nascosti, e nell'articolo 7 del capo d'accusa di Giovanna d'Arco, si diceva: “La detta Giovanna ebbe costume talvolta di portare una mandragora nel seno, sperando tramite questo mezzo di avere buona sorte e ricchezze e cose temporali; ella affermo che qesta mandragora aveva questa virtù od effetto”.
Curioso è anche il nome che sempre Claudio Eliano attribuisce a questa pianta: cynospastos, “estirpata da un cane”. Teofrasto riferisce infatti alcune precauzioni da prendere nel caso in cui la si voglia eradicare: l'erborista doveva recarsi sul luogo di sera, munito di una corda e un cane nero affamato, doveva tracciare con una spada di ferro mai usata tre cerchi magici attorno alla pianta, volgendo il viso per preservarsi dalle esalazioni, ritenute soporifere e nocive. Nel momento in cui la si sradicava, la pianta lanciava un urlo acuto ritenuto mortale, per questo l'erborista doveva turarsi le orecchie con della cera. Legata un'estremita della corda al colletto della mandragora, legava l'altra al cane e gli gettava un pezzo di carne, la bestia affamata rincorreva il boccone, sradicando la pianta e morendo sul colpo. Le leggende tuttavia non sono uguali in tutto il mondo, in Romania infatti non si conosceva l'usanza del cane nero: l'erba andava colta, all'insaputa di tutti, da due giovani donne accompagnate da una vecchia nel periodo propizio; esse portavano “pane, sale e un soldo”, con il viso rivolto a oriente recitavano formule magiche girando attorno alla pianta, quindi si sradicava con la vanga e la si deponeva al suolo rivolta ad oriente e subito si riempiva il solco con il pane, il sale e il soldo (prezzo della mandragora) per non farle perdere efficacia ma soprattutto per non sentire nottetempo la voce della pianta che chiamava quelle che l'hanno raccolta implorandole di rimetterla al suo posto.
La somiglianza del rizoma alla figura umana, compresa di genitali, le ha attribuito qualità afrodisiache. Sempre Teofrasto ci dice che un altro nome per chiamare Afrodite era Mandràgoritis. In Egitto si preparavano filtri d'amore per le coppie che desideravano avere molti figli. L'effetto afrodisiaco di questa pianta ha fatto si che venisse associata all'elefante, come equilibrio tra casto e voluttuoso: nei primi bestiari del II-IV secolo si riferiva che l'elefante non avesse brama carnale, quindi nel caso in cui avesse voluto generare sarebbe dovuto andare ad oriente, vicino al paradiso terrestre, dove una femmina gli avrebbe offerto “il frutto dell'albero chiamato Mandragora” e questo, mangiatolo, si sarebbe congiunto ad essa. In questo bestiario, oltre al vago riferimento al mito di Adamo ed Eva, è palese la potente funzione afrodisiaca della mandragora, in grado di accendere il desiderio anche nell'animale ritenuto più casto e puro. Tuttavia le virtù afrdisiache sembrano dubbie. In realtà la mandragora, grazie alla sinergia dei suoi alcaloidi, esercita un'azione antispasmodica e sedativa, ma anche euforia e senso di stordimento (probabilmente è da questa ultima azione che derivano le leggende sulla sua presunta qualità afrodisiaca, rendendo le donne “ebbre” e quindi più disponibili e arrendevoli alle voglie degli uomini).
La mandragora era conosciuta perfettamente in tutta l'area mediterranea già dal I secolo dopo Cristo, come racconta Polieno, come anestetico e soporifero. Questi effetti sono testimoniati anche da Plinio il Vecchio e Dioscoride, i quali elogiano le virtù terapeutiche in caso di morsi di serpente, tagli e bruciature. Pseudo Apuleio nel suo erbario suggerisce l'uso della mandragora come anestetico generale in caso di amputazioni o cauterizzazioni di arti e ferite, sosteneva infatti che facendo bere al paziente del vino in cui sia stata macerata della mandragora, egli si sarebbe addormentato così profondamente da non sentire alcun dolore. Plinio tuttavia metteva in guardia contro l'uso sconsiderato di questa pianta, ritenendola giustamente un potente veleno. Gli alcaloidi infatti aumentano le pulsazioni cardiache e si riscontra eccitazione psicomotoria e psichica, con la comparsa di allucinazioni, riso convulso, vomito e diarrea.
La sua caratteristica di essere psicoattiva e lievemente allucinogena (da la sensazione di volare) la rende un possibile ingrediente dell'unguento che le streghe preparavano e spalmavano sul corpo e sul manico di scopa per “volare” al Sabba.
Ricorrente inoltre è la credenza secondo cui la mandragora nasca dallo sperma caduto sul terreno di un uomo condannato alla forca o addirittura dal seme di Adamo.
Usi Magici: Attenzione! È una pianta tossica e non va MAI ingerita. Gli usi magici si limitano al puro simbolismo durante i rituali, al confezionamento di amuleti, talismani (lasciandola intera tal quale o in associazione con altre erbe), sacchetti magici. Anche se alcune fonti lo riportano, sconsiglio l'uso del rizoma in unguenti, oli, bagni, polveri e incensi.
Le qualità magiche della mandragora riguardano, come in parte già detto, la sessualità, l'amore, la protezione e la difesa attiva, il potere psichico. Si può usare in tutti i rituali d'amore usata intera come simulacro. Come amuleto, appesa ad un filo d'argento dietro la porta di casa, protegge dalle negatività, sull'altare aumenta la potenza degli incantesimi e dei rituali.

Bibliografia:
Hiller K. Melzig M.F. (2003): Lexikon der Arzneipflanzen und Drogen; Spektrum akademischer Verlag.
Maugini E. Maleci Bini L. e Mariotti Lippi M. (2006): Manuale di Botanica Farmaceutica VIII Edizione; Piccin Nuova Libraria S.p.A., Padova.
Rangoni L. (2005): Il Grande Libro delle Piante Magiche; Xenia Edizioni, Milano.
Cattabiani A. (1996): Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Mondadori Editore, Milano.
Eliade M. (1988): “Gayômart, Adamo e la mandragola”, in: Eliade M. (1988): Spezzare il tetto della casa. La creatività e i suoi simboli, Jaca Book, Milano, p. 159-169.
Izzi M. (1987): La radice dell’uomo. Storia e mito della Mandragora, Ianua, Roma.
Samorini G. (1995): Gli allucinogeni nel mito. Racconti sull’origine delle piante psicoattive, Nautilus, Torino.