The Reef & The Craft

Ero una piccola creatura nel cuore 
Prima di incontrarti, 
Niente entrava e usciva facilmente da me; 
Eppure quando hai pronunciato il mio nome 
Sono stata liberata, come il mondo. 
Non ho mai provato una così grande paura, perché ero senza limiti. 
Quando avevo conosciuto solo mura e sussurri. 
Stupidamente sono scappata da te; 
Ho cercato in ogni angolo un riparo. 
Mi sono nascosta in un bocciolo, ed è fiorito. 
Mi sono nascosta in una nuvola, e ha piovuto. 
Mi sono nascosta in un uomo, ed è morto. 
Restituendomi 
Al tuo abbraccio. 

Mary-Elizabeth Bowen

Quercia (Quercus lobata)



A cura di Lyrio Baelfire

QUERCIA

Nome scientifico: Quercus spp. (circa 600 specie)
Sinonimi:
Nome comune: : (IN VARIE LINGUE E/O DIALETTI): leccio o elce (Q. ilex), rovere (Q. petraea), roverella (Q. pubescens), sughera (Q. suber), farnia (Q. robur), oak (eng), chene (fr), robles (esp), eichen (deu).
Famiglia: Fagaceae
Descrizione Botanica: Genere che comprende approssimativamente 600 specie di alberi (raramente arbusti) decidui o sempreverdi nativi dell'emisfero boreale. Nel nostro territorio sono comuni le specie Q. pubescens, Q. suber, Q. robur, Q. petraea, Q. ilex. La quercia tipo, cioè quella più conosciuta e riconosciuta è la farnia: caratterizzata da notevoli dimensioni, dal portamento maestoso con chioma irregolare, ha corteccia liscia e opaca in esemplari giovani, profondamente fessurata e di colore scuro nelle piante adulte, foglie con margini lobati e due vistose orecchiette alla base della foglia, i frutti (ghiande) sono dotate di un lungo peduncolo.
Simili a Q. rubor troviamo il rovere e la roverella, caratterizzati da portamento più aggraziato, foglie lobate (glabre e decidue nel rovere, pelose e persistenti nella roverella), frutti sessili (senza peduncolo).
La sughera è famosa per la sua corteccia, chiamata sughero, con la quale si fabbricano i tappi delle bottiglie ed altri oggetti dal potere isolante, le foglie sono piccole e coriacee, dal margine dentato e spinoso, facilmente confondibili con le foglie del leccio. Infine il leccio è comune in tutto il territorio mediterraneo, che può assumere andamento cespuglioso se cresciuto in ambienti rupestri, le foglie sono coriacee, con margine intero nei rami più apicali, spinescenti nei rami più bassi o giovani (condizione nota come eterofillia).
In tutte le specie sopracitate i fiori sono insignificanti, di colore verde riuniti in amenti penduli (fiori maschili) o spighe peduncolate (fiori femminili), le quercie sfruttano l'impollinazione anemogama per la riproduzione; i frutti sono ghiande, portate singole o a gruppi, molto spesso non edibili, che maturano in autunno insieme alla fioritura.
Le quercie sono inoltre molto interessanti perchè, se infettate da un particolare parassita, sviluppano un tessuto di difesa chiamato "galla". Solitamente si sviluppa sulle foglie, ma anche sui rami più giovani, ed è ricca di gallotannini, diventando la principale fonte di questo composto chimico per usi erboristici.
Habitat: Genere autoctono in tutto l'emisfero settentrionale, che si estende dalla zona temperata a quella tropicale.
Fioritura: Autunno.
Parte utilizzata: In erboristeria e in magia: corteccia, foglie, galle e frutti.
Raccolta: Settembre-Novembre (frutti).
Principio attivo principale: Gallotannini ed epigallocatechine (tannini), proprietà astringenti, emostatiche, antinfiammatorie, antisudorifere.
Usi Erboristici e/o Culinari: la corteccia e le foglie sono utilizzate come infuso o decotto per arrestare i sintomi diarroici, mentre rimedi popolari vedolo l'uso delle foglie giovani masticate come emostatico. Il decotto della corteccia usato per lavarsi mani, piedi e ascelle diminuisce la sudorazione, rendendolo un ottimo rimedio naturale contro l'iperidrosi.
I frutti, molto interessanti sotto il profilo nutrizionale, sarebbero commestibili dall'uomo se non fosse per l'alto contenuto di tannini, che interferiscono con l'assorbimento delle proteine; solo le ghiade del rovere, del leccio e di poche altre specie sono commestibili se opportunamente trattate. Le ghiade comunque ricoprono un ruolo ecologico molto importante come nutrimento per molti uccelli (ghiandaie, piccioni, papere...), piccoli mammiferi (scoiattoli, topi e roditori) e anche grandi mammiferi (maiali, cavalli); sembra che questi animali abbiano meccanismi di detossificazione dei tannini che rende loro possibile cibarsi delle ghiande, tuttavia i mammiferi preferiscono specie di quercia dal basso contenuto tanninico.
Curiosità: la quercia è considerata dal folklore di molti popoli l'albero della sovranità celeste e terrestre. Per gli antichi Greci, la quercia sacra a Zeus era situata a Dodona ed era un oracolo, le cui profetesse erano tutte donne. Chi voleva avvalersi della saggezza dell'oracolo doveva avvicinarsi all'albero, e a seconda del movimento della chioma le profetesse traevano la profezia. Il mito più popolare vuole che due colombe nere partite da Tebe giunsero una il Libia, fondando l'oracolo di Ammone, l'altra a Dodona dove si posò su una quercia affermando con voce umana che in quel luogo c'era un oracolo; le sacerdotesse di Dodona infatti erano chiamate peléiades, cioè colombe, in ricordo di questo mito. La spiegazione più storica data da Erodoto fu che i Fenici rapirono a Tebe due donne consacrate al dio, le quali furono vendute una in Epiro e l'altra in Libia, ed entrambe avrebbero fondato un oracolo; secondo Erodoto i Dodonei chiamavano le donne straniere colombe, poichè barbare e a loro sembrava che emettessero suoni come uccelli, e che quando la colomba nera (e quindi una donna egiziana) parlò con voce umana, cioè apprese la lingua dei padroni, venne fondato l'oracolo. Questa spiegazione razionale, comunque, non convince: in origine le peléiades non erano sacerdotesse di Zeus, ma di Dione, la dea preellenica sposata da Zeou a Dodona, non è quindi escluso che Dione fosse una divinità della quercia, successivamente assimilata dalle civiltà elleniche (tramite matrimonio con la loro divinità reggente, Zeus) per impadronirsi del santuario.
La quercia di Zeus era probabilmante una farnia, la più grande e selvaggia tra le quercie che incute timore e reverenza. I Romani, anche in virtù del suo legno durissimo e resistente, chiamavano robur sia la quercia sia il vigore morale e fisico, da cui l'aggettivo robustus.
Le ghiande ricoprono un ruolo importante nelle leggende e nelle superstizioni: come già scritto solo alcune specie sono commestibili, ed erano conosciute come cibo già da tempi remoti; si diceva che avessero proprietà afrodisiache e fecondatrici, d'altronde lo stesso nome, derivato da gland-glandis latino, indica il glande del pene. Già i greci le consumavano, e con la farina opportunamente trattata preparavano un pane chiamato successivamente dagli storici "pane di Dodona", che si diceva fosse preferito al "pane di Cerere".
Teofrasto elencò le principali virtù della pianta, descrivendola come la più produttiva tra tutti gli alberi: dalla galla di piccole dimensioni alla galla nera e simile alla pece, inoltre può produrre un'escrescenza a forma di mora e difficile da spezzare, un'altra a forma di verga, eretta e forata che contiene all'interno un nocciolo e una lanuggine chiamata "feltro", con la quale ci si serve per le lampade perchè brucia bene come la galla nera. Queste escrescenze erano un'ottima fonte di tannini con i quali si conciavano le pelli, si tingevano tessuti e si producevano inchiostri, oltre che per le proprietà mediciali.
Pochi boschi sono così rigogliosi come i querceti, perchè l'ampia chioma consente alla luce di raggiungere il suolo, inoltre le foglie cadute marciscono in fretta concimando il terreno e permettendo la vita ad altri alberi come i noccioli, i frassini e i cornioli, inoltre favoriscono rifugio a molti animali e insetti. Queste caratteristiche hanno ispirato nell'uomo il simbolo del padre, celeste e terreno e conseguentemente quello della sovranità.
Le quercie avevano un privilegio rispetto agli altri alberi: ospitavano non uno ma due tipi di ninfe, le driadi e le amadriadi. Le prime, da dryás, quercia sacra, potevano abbandonare l'albero, per questo era proibito abbattere una quercia finchè i sacerdoti le avessero ritualmente allontanate. Le seconde, da háma, insieme, erano coniugate indissolubilmente all'albero e morivano con la quercia. Appena la quercia era in pericolo, le amadriadi prorompevano in lamenti minacciosi.
Secondo un mito greco, Erisittone figlio di Tropia, osò invadere alla testa di venti compagni il bosco sacro dedicato a Demetra, e iniziò ad abbattere le quercie per costruirsi una nuova sala per i banchetti. Demetra assunse allora l'aspetto della ninfa Nicippe ed esortò gentilmente Erisittone a desistere, ma quando egli la minacciò con l'ascia, Demetra si rivelò in tutto il suo splendore condannandolo a soffrire per sempre la fame, anche se avesse mangiato. Erisittone si ridusse quindi in miseria spendendo tutto ciò che aveva in cibo.
Per i Romani il reggente del cosmo era Giove, divinità della quercia, della pioggia e del fulmine. Le foglie di quercia venivano usate per creare le cosiddette corone civiche: simili a quelle d'alloro, esse erano emblemi del valore di un cittadino. Il famoso Ramo d'oro, che da il nome alla celebre opera antropologica di Frazer, altro non è che il ramo di una quercia nel bosco di Nemi, sacro a Diana, dove si svolgeva un sanguinoso rituale per meritare il sacerdozio alla dea: l'aspirante sacerdote doveva trovare il sacerdote in carica e ucciderlo, tuttavia prima doveva trovare il ramo d'oro, ovvero la materializzazione del fuoco celeste (folgore) mandata da Giove per consacrare l'albero. Strappare il ramo d'oro dalla quercia significava togliere il radicamento celeste e rendere inerme colui che ne era il sacerdote.
Per i Germani, le quercie erano sacre a Thor, un Asi che in epoca precristiana contendeva la supremazia a Odino. Dio del tuono e della folgore era analogo ad altri della tradizione indoeuropea: Taranis, Indra, Giove, Dagda. Era il protettore dell'ordine stabilito e promotore della fertilità. Così era anche in altre culture non indoeuropee: per gli Estoni (uro-finnici) la quercia era sacra a Taara, do del tuono; per gli slavi, al dio Perun.
Per i Celti la quercia era molto importante, l'axis mundi, nei drynemeton (boschi sacri di querce) veniva amministrata la giustizia; se qualcuno si ammalava, i parenti e gli amici gli regalavano rametti di quercia tagliati dai druidi con il falcetto d'oro, le leggi inoltre consideravano l'offesa a una quercia superiore a quella rivolta a un altro uomo, poichè questa non poteva difendersi. I nati sotto un albero di quercia sarebbero cresciuti forti e sani, e nel calendario arboreo da il nome al mese in cui cadeva il solstizio d'estate.
La lettera Ogham corrispondente è Duir.
Usi Magici: il legno di quercia si presta bene alla fabbricazione delle bacchette magiche usate da uomini, le quali dirigeranno l'energia con forza e vigore. Le ghiande sono amuleti per la fertilità e per la ricerca di un nuovo amore (rivolto verso un uomo). Una ghianda forata e appesa al collo è un amuleto protettivo molto potente ed efficace.
Un ramo di quercia in casa protegge dalle malattie, dalla stanchezza e dai nemici.
Bibliografia:
Fonti cartacee:
Maugini E. Maleci Bini L. e Mariotti Lippi M. (2006): Manuale di Botanica Farmaceutica VIII Edizione; Piccin Nuova Libraria S.p.A., Padova.
Rangoni L. (2005): Il Grande Libro delle Piante Magiche; Xenia Edizioni, Milano.